Pre scriptum

Oggi avevo preso un giorno di ferie e avevo progettato di passarlo a scrivere.

Dopo aver bevuto il caffè, stamattina, ed essermi lavata i capelli, sono andata in posta e al supermercato.

Poi sono passata a recuperare un pacco a casa di mia madre e il pedale della bici mi sembrava non funzionare benissimo e mi sono fermata dal vecchietto che le aggiusta, le bici, per fargli controllare il pezzo.

Sono rientrata e ho pensato che non sarebbe stata una cattiva idea fare una lavatrice, ma prima c’erano tutti i panni delle precedenti lavatrici da sistemare e dopo bisognava appendere tutto con estrema cura, ché il mio compagno dice che faccio la centrifuga troppo elevata e non appendo bene e allora hai voglia a stirare! non verranno mai perfetti!

E si è fatto tardi e, intanto, avevo già mangiato, lavato i piatti e poi ho perso tempo sui social network per spiegare agli amici che a quella festa di sabato, dove c’erano tutti tutti, non ero sbronza, era solo molto stanca.

Poi ho portato il notebook a letto e ho pensato “adesso mi ci metto davvero” ed è arrivato il gatto e siamo stati lì, a poltrire come due felini, mentre il tempo scorreva sul mio senso di colpa.

Adesso sono seduta al tavolo della cucina, che scrivo per non scrivere quello che avrei dovuto scrivere, mentre preparo la cena e penso che dovrei lavare il bagno prima di andare a dormire.

Credo che le ferie non siano fatte per scrivere.

Le ferie sono fatte per fare quelle cose che non puoi fare mentre lavori e che quasi sempre non puoi fare se non lavori.

Per riempire le pagine bianche non ci vogliono le ferie, non basta una pausa dalla routine del lavoro per riuscire a mettere nero su bianco i monologhi interiori accumulati.

Per scrivere forse avrei bisogno di mettermi in malattia, in aspettativa o di vincere una rendita.

Ma se vincessi una rendita forse non avrei più voglia di scrivere. Passerei tutto il tempo a viaggiare. Mi dimenticherei di non aver abbastanza tempo per fare le cose che mi piacerebbe fare e le farei solo quando ho davvero voglia di farle.

Forse sarei più felice.

E di sicuro ci sarebbe qualcun altro a stirare i miei panni troppo centrifugati per essere perfetti.


Cattive maestre

Tornata a casa, nel pomeriggio, ho incrociato nell’atrio del mio condominio l’insegnante di italiano che ho avuto in seconda superiore, nell’anno in cui mi sono trasferita a Padova.

Lei sosteneva che i voti alti che avevo preso in prima liceo a Napoli non erano meritati, perché quando scrivevo usavo troppo la fantasia.
E la fantasia non fa bene.

L’anno dopo mi cambiarono sezione e insegnante.
Non la vedevo da più di un decennio e mi è apparsa come una vecchia arcigna e infelice.

Deve aver vissuto tutta la vita usando pochissimo la fantasia.
E la vita non le ha fatto per niente bene.

Non so dirlo

Desideravo scrivere un pezzo sul bel fine settimana genovese al ViadelCamp, un post che raccontasse come il mezzo fosse diventato un fine, come sia piacevole andare a un incontro che ha il solo scopo di riunire le persone, senza sponsor, discorsi sul marketing, conferenze non-conferenze, relazioni, lavagne e proiettori.

Poi ieri sera sono rientrata a casa tardi e ho mangiato la focaccia che avevamo preso nel pomeriggio ed ero molto stanca e ho pensato che avrei potuto pensare a cosa scrivere e scriverlo il giorno dopo, perché dovevo provare a dormire almeno sette ore.

Stamattina sono tornata a lavoro e, nei momenti di pausa in cui mi dicevo che avrei dovuto scrivere di quello che avevamo vissuto, sincronicamente eravamo in centinaia a continuare a viverlo, a dirci come stai, hai riposato, com’è andato il viaggio, mi dispiace esserci parlati così poco, avrei voluto esserci, quanta pioggia, non male il pranzo, hai visto le foto, hai sentito, dimmi dimmi. Tutti dal proprio posto, ma tutti nello stesso posto.

E mi sono accorta che io non so raccontare questa sincronia, non so raccontare com’è vivere una cosa che è qui, ma anche altrove, non so dire com’è vivere in un mondo all’ennesima potenza.

Stasera c’erano le formiche in casa. Avevano infestato tutta la scodella della pappa del gatto e il balcone. Quindi ho pensato che sarebbe stato meglio sterminarle invece di continuare a provare a dire una cosa che non so dire.

Allora ho passato la serata a spruzzare veleno per formiche e si è fatta già ora di andare a dormire e mi sono detta che ormai è troppo tardi per scrivere cose difficili da scrivere, come che non potrei più fare a meno di queste relazioni sociali infinite.

Per questo la smetto qui e ringrazio tutte le persone che hanno vissuto con me questi splendidi due giorni e chi ha organizzato il bell’incontro, nella speranza che ce ne siano ancora e ancora.

Prima di pubblicarlo, ho riletto questo post e ho capito che il veleno per formiche può fare davvero molto male.
Me ne scuso.