Nonostante tutto

Mi hanno detto che sono brava nelle intersezioni, nel capire, analizzare, vivisezionare gli incroci.

Sono brava nell’io-e-te, io-e-ilmondo, te-e-ilmondosenzadime, e in tutto quello che c’è in mezzo, che faccia bene o male.

Non riesco però a concentrarmi sull’insieme non intersecato, su me stessa senza mondo, me stessa senza te, me stessa senza gli altri, il mondo senza me.

Parlo sempre di me e qualcosa, parlo con me e qualcosa, mai con me e basta, con qualcosa e basta.

Do molta importanza agli eventi singoli, come se le cose cambiassero davvero perché avevo scelto l’abito giusto, perché ho usato quella parola e non un’altra, perché ho detto no invece di sì. E non mi perdono gli errori, perché ci sono sempre errori quando non sei felice, c’è sempre qualcosa che avresti dovuto fare diversamente, anche se non avrebbe cambiato le cose, per niente, perché non sei solo tu, ma non importa, perché tu pensi che poteva essere tutto diverso e poi aspetti un altro evento, una rivelazione, un sorriso, una telefonata, un’email che non arriva, un incontro casuale, un paio di occhi nuovi, una nuova intersezione.

Sono bravissima nelle intersezioni e poco con me stessa e per questo non passa mai nulla, per questo i mesi non cancellano, ma trascinano.

Sono bravissima nelle intersezioni e a volte provo a pensare che tutto va come deve andare, che posso essere anche senza te e mondo, che da sola, dentro e fuori, ha tutto un senso.

Poi inciampo in tanti mondi-senza-te e mi interseco ancora e provo a immaginare come sarebbe se e inizio a vivisezionare altri incroci e penso, penso e ripenso e poi a volte mi viene fame e mangio in piedi davanti al frigo e mi sorrido perché ho fretta di vivere, nonostante tutto.

Davvero non così

Io davvero non me lo sarei mai immaginato così.

Un anno di sospiri, patimenti, cambiamenti, tantissimi treni, vino e molta birra, molti libri letti e tanti film e lacrime, lacrime e poi la testa che gira, quella stanchezza cronica, i vestiti nuovi e la mozzarella, ho mangiato molta mozzarella, e le valigie sempre pronte e i traslochi e i soldi spesi e i pochi soldi guadagnati.

Ho già scritto tutto, in questo blog che dopo otto anni è diventato un diario, in quei post che erano pieni di Daniela e non di Dania, perché non si può essere sempre la parte migliore di noi stessi, a volte bisogna mostrare quella peggiore, debole, distratta, malinconica, disorientata, arrabbiata.

Un anno di gente che ha riso di me perché stavo male. Gente che sono contenta di aver eliminato dalla mia vita. Un anno di amici che si sono occupati di tutto, che mangiassi, che non restassi sola, che avessi un lavoro, che avessi qualcuno con cui parlare.

È stato l’anno in cui ho fatto il punto, un grande amore finito, un piccolo amore mai iniziato, la gente nuova che mi conosce appena e che sa sempre cosa dire. Un anno in cui mi sono ritrovata più povera, con una casa enorme in una città in cui non vivo più, con i debiti con le banche, gli affitti, i contratti di lavoro non rinnovati.

Un anno in cui ho scritto un libro in cui parlo d’amore e l’amore è stato il centro del mio anno senza amore, un anno in cui sono stata in tv, in cui ho organizzato eventi tutti miei, in cui ho rivisto mio fratello, in cui ho capito chi voglio tenere e chi buttare giù dalla rupe.

È stato un anno difficile, uno dei più difficili. Spesso non avevo voglia di uscire di casa, di mangiare, di leggere, di scrivere, di vedere nessuno, di stare meglio. Un anno in cui sono finita a Milano e tra pochi giorni compirò trentaquattro anni e non mi rimane molto, il mio gatto, le mie scarpe, i ricordi, gli appunti, molti libri ancora da leggere, un altro libro da scrivere, il mio mac, il mio blog, la gente che mi vuole bene, quella a cui voglio bene, pochi lavori, qualche progetto.

Io davvero non me lo sarei immaginato così ed è passato e non credevo che sarei arrivata alla fine e penso che se fossi davvero superstiziosa adesso sarei contenta che l’anno stia per terminare e invece non credo nelle date definitive, non credo nelle feste e nei riti di passaggio e sono qui che penso che fatica!, è stato così faticoso, sono stata così concentrata su di me, sul mondo dentro e non fuori, che la vita mi è successa e io davvero non me la sarei immaginata così.

Quella storia che tutto passa è vera, ma se non arriva il nuovo il vecchio non sparisce, e poi sono fatta così, senza redenzione, senza soluzione, coi sensi di colpa per tutto, anche per la gente che mi ha abbandonata, con il bisogno continuo di dimostrare e dimostrarmi qualcosa, con la paura del tempo, di non avere tempo, con i miei capelli bianchi, nascosti tra i capelli neri e ribelli.

L’anno sta per finire e ci siete stati anche voi. È stato bello parlarvi. Io davvero non me lo sarei immaginato così.

La buona notizia è che possiamo ricominciare ancora e ancora.

 

Gineceo

A volte non vedi delle amiche per anni e poi le ritrovi ed è come se il tempo non fosse passato e ti metti a parlare di tutto e niente, dei ricordi, dei dolori grossi, dei guai, delle cose belle e ridi e bevi vino rosso rosso e poi ridi ancora e poi ti commuovi.

A volte le donne sanno essere cattive e ti fidi di loro e ti accoltellano alle spalle, ti lasciano cadere quando tendi la mano e chiedi aiuto, si infilano nelle tue debolezze per squarciarti e ridere di te.

A volte le donne ti salvano la vita, sanno dire le cose giuste, sanno darti risposte con un solo sguardo, sanno essere presenti, sanno darti tutto con un abbraccio.

A volte vieni in Puglia e ti siedi a un tavolo con quattro generazioni di donne diverse e ridi e scherzi e ti arrabbi e urli e mangi e mangi e mangi per ore. E dopo aver mangiato mangi ancora, e poi finisci a parlar di dieta e, mentre addenti il tiramisù, affermi “non so, non riesco a dimagrire, perché ho il metabolismo lento”.

Cose finite e da finire

Ho finito di imbiancare casa a Milano.

Domani parto per Bari e martedì, 20 dicembre, presenterò il libro qui con una cara amica come relatrice.

Sto lasciando vecchi lavori e cercando lavori nuovi.

Sono ingrassata due chili.

Come un rebus

Sono giunta alla conclusione di non essere facile, ma non come dicevi tu, non così.

Tu dicevi che non ero facile da amare, troppo difficile decifrare i miei segnali, troppo severa con me stessa e gli altri, troppo attenta ai dettagli, dipendente dalle emozioni, schiava della memoria. Tu dicevi che non ero facile da amare e ci amavamo a modo nostro, distratto, doloroso, ironico, inconcludente, carnale, fino a quando hai preferito la fuga, l’altrove, gli altri e poi è passato il tempo e i ritorni erano sempre meno belli, sempre più distanti.

Sono giunta alla conclusione di non essere facile, ma non come dicevi tu. Non escludo, non cancello, non lascio niente alle spalle, trascino tutto dietro. Ho una carovana di emozioni sulle spalle. Sapessi come pesa. E non lo sai. Perché non ritorni più. Il giorno che lo rifarai ci sarà ancora posto, ma forse non il posto che avresti voluto.

Non sono facile, però ho qualcuno che mi chiede come sto quando sono giù, che beve una birra alla mia salute, che mi dice ce la puoi fare. Non sei più tu e chissà dove sei adesso, cosa fai, che libri leggi, che musica ascolti. Non sono facile, ma ho capito che è il mio grande pregio. Sono come un rebus. Torna pure, se vuoi. Magari, stavolta, avrai la soluzione.

Inetta

Ho passato un anno intero a fissare date in cui avrei realizzato cose o finito cose o superato traumi o smesso di essere innamorata o perso chili o iniziato nuovi progetti.

Ho passato un anno intero a fissare le mie date per le mie Ultime Sigarette e non fumo nemmeno.

Ho passato un anno intero ad aspettare rivelazioni, ritorni, colpi di scena, nuovi personaggi, vittorie, buone notizie. Ho passato un anno intero a sperare che qualcuno mi dicesse come si fa a vivere nonostante tutto, nonostante il dolore, i lutti, le malattie croniche, gli acciacchi, gli abbandoni, il desiderio perenne di essere diversa, il terrore della solitudine, l’ansia del tempo che passa.

Ho passato un anno intero a cercare parole giuste e quando le ho trovate era ormai troppo tardi per usarle. Nessuno ha bisogno di parole giuste, la cosa più importante sono i tempi giusti, gli sguardi giusti, i sorrisi giusti.

Ho passato un anno intero a cercare di convincere gli altri che avevo fatto buone scelte e poi aspettavo, ti aspettavo, rimanevo sempre sveglia, per non perdere il momento in cui tutto sarebbe diventato bello.

Poi non è successo molto. Ricordo tutte le date in cui le piccole, piccolissime cose hanno distrutto o ricostruito il mio mondo. Ricordo tutti i giorni, come anniversari di piccoli dolori enormi o di grandi gioie minuscole.

Ricordo i giorni in cui sono stata tristissima e quelli in cui sono stata serena.

Ho passato un anno intero a fare la rivoluzione e non so nemmeno se ho vinto.

Zeno alla fine, però, guarisce. Non fumerò quest’ennesima Ultima Sigaretta e mi farò un caffè.

Sono contraria alle emozioni

Oggi ho fatto un viaggio in treno, lento e sporco, perché a Milano è festa e tutti partivano e non c’era posto sui treni migliori e ho preso un vecchio interregionale, che adesso si chiama regionale veloce, ma è lento e sporco come l’interregionale vecchio.

Oggi ho fatto un viaggio in treno e leggevo questo romanzo di un autore che amo e lui dice proprio le cose che io ho sempre immaginato dicesse o pensasse l’uomo con cui avrei passato tutta la vita e le dice come le avrei dette io e leggevo, nel treno lento e sporco, questa cosa sulle emozioni in cui il personaggio dice che lui subisce le emozioni, non le controlla, non riesce ad attraversare la strada perché travolto dal camion delle emozioni, come in un incrocio senza semafori.

E io annuivo, dicevo sì, sei proprio come me, poi ho ricevuto queste due telefonate con notizie non belle e a un certo punto ero di nuovo al centro dell’incrocio, con tutte queste emozioni che sfrecciavano e c’era la disperazione, la nostalgia, la rabbia, la rassegnazione, la delusione, la fatica. Allora ho pensato che a volte le cose ti succedono mentre le leggi, che le parole sono segnali, ma solo se cerchiamo segnali in ogni cosa. Ho pensato che c’è sempre qualche coincidenza che ti fa credere a un disegno più grande e quella casuale coincidenza è poi la cosa più importante, che ti fa credere che era destino, che non poteva che andare così, che alla fine non dipende tutto da te.

Quindi sono qui, mutuo, affitto, Milano, Padova, lavori finiti, lavori da cercare, debiti, entusiasmo, solitudine, un gatto, amici, ricordi, ricordi e fottuti ricordi, paura, birra in frigo, la tazzina di caffè in mano, il rimmel colato per un pianto consolatorio, il futuro, i progetti e il mio camion di emozioni che mi schiaccia, mi uccide e, mentre mi ammazza, mi fa sentire viva.

Poi qualcosa arriverà

Mia madre mi ha sempre detto che tutto ciò che ci succede possiamo imparare a superarlo e quando pensi non ce la faccio, non ce la faccio, non ce la faccio, se poi resisti, ti accorgi che oh, ce l’ho fatta, è già alle spalle, non mi resta che allontanarmene e riprendere la strada. Mia madre dice che le cose passano e che bisogna pensare sempre a quello che resta, non a quello che è andato.

Allora oggi passeggiavo e pensavo alle cose che mi restano e poi pensavo che stare sola mi piace e non mi piace, che di quella che ero non è rimasto molto, ma è rimasto il giusto, che molte persone sono a disagio con me, che tante altre sono la mia nuova famiglia. Pensavo che fa ancora caldo per essere dicembre e io ho comprato un albero di Natale bianco e non so ancora cosa farò a capodanno, ma so che, a differenza dell’anno scorso, non piangerò, non avrò un mattone all’altezza dello sterno, non avrò sensi di colpa, non avrò rimpianti. Pensavo che il vecchio ti resta addosso solo finché non hai il nuovo a scaldarti e ti trascini dietro ricordi più per abitudine che per compagnia. Pensavo che manca un mese al mio compleanno e per la prima volta in vita mia non ho paura di invecchiare. Pensavo che è tutto perfetto, perché non ho niente da perdere e quando non hai niente da perdere sei davvero libero.

Mia madre mi ha sempre detto che tutto ciò che ci succede possiamo imparare a superarlo e possiamo imparare ad aspettare e poi il bello arriverà.

C’è ancora così tanto tempo che mi siedo qui, bevo un bicchiere di vino e aspetto.

Pagurus

Sono come un paguro, che cambia casa in base alle esigenze, in base alla sua forma nuova, in base alle conchiglie vuote che trova nel mare.

Sono sempre me stessa, ma le pareti a volte mi stanno strette, allora cerco un’altra sistemazione, dove poter allungare le gambe e i pensieri, cerco un posto che mi faccia sentire a casa, anche se poi non trovo più casa e sono tutti posti in cui stare e sono tutti posti da cui fuggire.

Sono come un paguro, che si trascina dietro il tetto e poi lo lascia senza rimpianti, quando è ora di cambiare, quando è ora di ricominciare. Come un paguro cresco e mi sento pronta al nuovo, come un paguro, spesso, cerco solo un posto diverso in cui nascondermi per un po’.

Sono come un paguro e mi porto dietro questa buffa conchiglia della mia vita e a volte è più leggera, a volte è più pesante, a volte è troppo stretta, a volte è così larga che potrebbe contenere anche te, dovunque tu sia.

Napule è

Io li vedo ancora tutti e mille i colori, anche se dimentico i nomi delle strade, se non ricordo più certe parole, se la gelateria dove andavamo da ragazzini ha chiuso, se adesso ci sono più metropolitane, se siamo tutti più adulti e più stanchi.

Io le sento le mille paure e il disagio e vedo ancora il tanto che non va e la fatica e l’arrangiarsi e il pare brutto e la rabbia silenziosa che cola dalle mura di tufo.

Io sento tutti i profumi, tutti i rumori, tutte le risa, tutti i sapori, tutto lo sporco, tutto l’azzurro del cielo, tutti gli sguardi penetranti, tutti i motorini senza casco, tutti i pastori, tutte le salite, tutte le discese. Io sento tutto dentro.

Io cammino e cammino e guardo e respiro e parlo con la gente e bevo caffè e caffè, già zuccherato, grazie, perché ‘o doce nun m’abbasta maje int’a ‘sta città acussì bella e amara.