L’Uomo Nero

Quando ero bambina succhiavo due dita alla volta. Sono sempre stata ingorda. Mettevo in bocca anulare e medio e li succhiavo con estrema goduria, carezzandomi l’orecchio.

Mia madre le aveva provate tutte per farmi smettere. Guardare una bambina che ingoia mezza mano non è elegante come guardare un pupo che succhia delicatamente un pollice.

Abitavamo in Olanda e provavamo gli ultimi atti della famiglia unita e mia madre cresceva noi figli in un paese straniero e la sua secondogenita succhiava due dita alla volta.

Abitavamo alla periferia dell’Aia, che loro chiamano Den Haag, e avevamo una casa bella con un giardino che dava sul canale e c’era questa soffitta enorme dove passavamo ore a giocare e poi c’era la scuola materna piena di bambini biondi biondi e noi piccoli italiani neri. Anche i bambini biondi biondi ciucciavano le dita, un dito alla volta, nessuno due e parlavano una lingua strana che noi capivamo appena, ma ci facevamo capire, perché da piccoli non ci sono frontiere, non ci sono lingue diverse,  ci sono solo sfide e novità.

Un giorno, durante la nostra passeggiata a Zoetermeer, sentimmo passare un camioncino rumoroso, pieno di campanelli e io chiesi a mia madre “ma che cos’è quel pullmino così colorato?” e lei mi rispose “è il pullmino dell’Uomo Nero che passa a prendere i bambini che ancora succhiano le dita”.

E poi non dormii per due giorni, terrorizzata all’idea che l’Uomo Nero potesse venire a prendermi nel sonno. E mi dicevo che l’avrei sentito arrivare con tutti quei campanelli, che avrei avuto il tempo di nascondermi in soffitta, ma non potevo sapere quanto fosse scaltro l’Uomo Nero, non ero sicura che non avesse un accordo con i miei genitori, non potevo escludere che passasse attraverso i muri e riuscisse ad arrivare in soffitta anche se bloccavo la scaletta.

Alla fine, stremata, decisi che avrei smesso di succhiarmi le dita, per non correre il rischio di sparire su un camioncino colorato e lasciare i miei fratelli e mia madre soli ad affrontare la vita.

Quell’estate fu l’estate che diventai una bambina grande. Mi dimenticai presto del sapore che avevano le dita. Trovai anche un amica di colore all’asilo. I bambini biondi biondi ci chiamavano “turche”. Non ricordo nemmeno se abbiamo mai comunicato con le parole.

Poi un giorno d’autunno ripassò il camioncino e si fermò vicino il nostro isolato e mia madre ci portò a vederlo ed era – sorpresa e meraviglia! – un negozio ambulante di caramelle in cui entravi dal fondo, uscivi dalla testa e potevi trovare tutti i dolciumi che volevi. Ricordo che comprai delle gelatine alla coca cola e poi dissi a mia madre che mi aveva detto una bugia, che non era il furgone dell’Uomo Nero e allora lei mi chiese “preferisci tornare a succhiarti il dito come i bambini piccoli o farti una scorpacciata di caramelle?”. E perché avrei dovuto preferire un dito cicciotto e zozzo agli orsetti frizzanti e alle girelle di liquirizia?

Dell’Olanda ricordo tante cose, quando ghiacciava il canale e i vicini uscivano coi pattini, quando le papere beccarono mia sorella, quando un gatto randagio ruppe la gabbia e scappò via col nostro coniglietto, quando precipitammo nello stagno, quando, dopo aver visto la Fattoria degli animali, portammo alla capretta dei vicini quintali di carta da mangiare, quando saliva il livello dell’acqua e si allagava il giardino, quando mio padre e mia madre vivevano insieme, quando pensavo che un giorno avrei imparato a volare, quando scoprii che mia madre era più furba, ma molto di più, di qualsiasi Uomo Nero.

15 commenti su “L’Uomo Nero”

  1. Un po’ come scoprire che Babbo Batale non esiste. Comunuqe non temere, io non mi ciucciavo le dita… ma facevo una cosa più fantasiosa per non dire schifosa: facevo le bollicine con la saliva… (tipo i palloncini che si fanno con la gomma da masticare) mentre guardavo Giorgie o Candy Candy.
    “Queste” sono le cose da non rivelare mai nessuno… altro che dire: faccio l’escort!!!

  2. Ho pensato due cose, leggendo questo post:
    la prima è che le mamme ne sanno una più del diavolo; la seconda è “cavolo, avere avuto la possibilità di vivere in un paese normale e ritrovarsi di nuovo in Italia, che sfiga”.

    Tuttavia non è l’Italia che non amo, ma solo certi italiani.

  3. questo post mi è piaciuto molto
    una curiosita’ perche’ oggi non chiamiamo piu’ le cose col loro nome….
    per noi degli anni 70 la escort è un modello della ford:D

  4. @MS Mister Superstarsss!
    hai ragione… correggo:

    ““Queste” sono le cose da non rivelare mai nessuno… altro che dire: faccio la puttana!!!”

    Puttana, prostituta, escort… questioni di semantica! 😉

  5. @bella di giorno….
    puttana è scurrile….diciamo prostituta..che non è un’offesa….
    tutti siamo delle prostitute quando veniamo a lavorare ogni mattina

    bella di giorno mi chiama alla memoria ”bello di notte” ..noto calciatore polacco in forza alla giuventus che segnava solo nelle partite in notturna

  6. La breve storia “L’uomo nero” mi piace molto, è un brano pieno di sensibilità e di stile. Complimenti.

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