In questi giorni scrivo così tanto che potrei quasi iniziare a dire a che è un lavoro, mentre il lavoro è un po’ vago, appare, scompare, viene pagato a 90 giorni, non viene pagato nemmeno dopo 120 giorni.
Ho chiuso dei progetti per iniziarne altri e sono stata molto concentrata a modificare la mia vita.
Poi sono successe cose, stragi, terremoti e tutto quello che ho mi è sembrato piccolo, così poco solido, così fragile.
Sono molto stanca, ma è una stanchezza condivisa. Sono gli entusiasmi esauriti di una generazione che ha capito, purtroppo, che il meglio è già alle spalle. Sono stanca e resto a galla e non è facile non affogare. Ma sopravviviamo, ci arrangiamo, teniamo duro. Beviamo caffè, la sera continuiamo con il nostro bicchiere di vino, siamo sempre pronti a trasformarci ancora, a partire, a cambiare vita.
Scrivo così tanto che non ho il tempo per parlare con nessuno. Però mi concedo qualche ora di pausa. Passeggio nell’estate precoce e penso, penso, penso.
Un giorno tutto andrà come deve andare e se non succederà daremo la colpa al destino.
Non ci resta altro da fare che continuare a vivere, bere caffè, fare l’amore, ridere, spendere i soldi che abbiamo, sperare ne arrivino altri, ridere ancora, avere fiducia, non avere paura.