Ricominciare il lunedì è sopravvivere

Ricominciare il lunedì è sopravvivere.

Non sbirci l’iphone appena sveglia in cerca di segnali. Non ci sono più, non ci sono ancora sorrisi nel buongiorno. Arrivi in cucina senza quasi aprire gli occhi e prepari il caffè, annusando il barattolo pieno di polvere, una, due, tre volte e ti entra tutto nel naso, arabica, fino al cervello. Sa di calore, viaggi, casa, ricordi.

Accendi la tv e resti in piedi, con la tua tazza piena, masticando un biscotto, forse l’ultimo e devi fare la spesa e sullo schermo c’è Fini che parla di Renzi o almeno credi. Che anno è? Che giorno è? Chissà perché hai questa canzone in testa.

La doccia è bollente, ti arrossa la pelle, ché il suo odore lo senti comunque, dovunque.

Vorresti vestirti svogliatamente, ma non sei un’albachiara da un pezzo. Sei grande. Adulta da sempre. Più vicina a un’età che ti spaventa che a quella del se fossi e se potessi.

Stamattina, dici, comincio. Riempio questa pagina bianca di un romanzo che ho voluto così dannatamente e che non c’è. Viaggia nella testa. Si scrive da solo nella materia grigia. La scadenza è un groppo alla gola e meno male, ti fa sentire viva.

Ci caschi. Prendi il telefono e cerchi i messaggi scritti. Ma adesso sai come funziona, hai imparato a proteggerti. Rileggi solo i tuoi. Una, cinque, dieci volte. Perché adesso lo sai, lo sai benissimo, che bisogna usare tutte le parole, dirle proprio tutte tutte, senza tenerne nessuna dentro. E quando ti tornano in mente, quelle che avresti voluto dire e invece no, scriverle, inviarle, perché l’unico modo per andare avanti è non avere rimpianti. Nessun rimpianto. Nessun. Rimpianto.

Sei già qui seduta da un po’ e nemmeno una riga. E lo sai che in qualche personaggio metterai un po’ di lui. E un po’ di te. E un po’ del tempo che è stato e ti porti attaccato addosso e allora ha ragione Jane Austen quando dice che bisogna pensare al passato solo quando i ricordi ti possono fare piacere.

E non ascolti musica stamattina e continui a non raccontare niente a nessuno, perché lo sai che questa storia incredibile è solo per due, che hanno capito o capiranno, che inspirano e respirano, inspirano e respirano, seduti alle loro scrivanie piene di storie ingombranti.

Il lunedì è sopravvivenza. È questione di resistenza. Il collo rigido e i pugni stretti e lo stomaco chiuso e i sospiri. Ricominciare. Lo sai fare. Te lo garantisco, lo sai fare. Un po’ alla volta e poi un altro po’ e scivola via.

 

Aspetto che finisca

Sono diverse le fini, una dall’altra, e ti sorprendono, purtroppo, le stronze.
Quando pensi che ci sei già passata, sei già pronta e sai come funziona, cambia tutto.

L’ultima volta ho smesso di mangiare; ho pianto un sacco, ma tantissimo, tantissimissimo, che le borse sotto agli occhi erano valigie; ho parlato molto, con tutti, in continuazione, raccontando la storia, le storie, mille volte, soffermandomi sul finale, chiedendo agli altri e soprattutto a me “poteva andare diversamente? Avrei potuto fare altro? Dove ho sbagliato?”.

Questa volta mangio dolci in continuazione, tanti, a tutte le ore, ci sostituisco i pasti e poi mi chiudo in palestra a sudare e sudare e sudare; piango poco, lentamente, fermando le lacrime ai lati degli occhi prima che cadano giù; non parlo con nessuno, non racconto, non rispondo al telefono, non rispondo alle email. Mi sembra che a raccontarla questa fine sia troppo crudele, troppo personale, troppo intima e preferisco custodirla per me. E non chiedo più niente a nessuno, nemmeno a me e mi ripeto che non avrei potuto fare altro, doveva andare così e non ho sbagliato nulla.

Dopo questa fine non taglierò i capelli, non cambierò casa e città, non chiuderò i ricordi in un cassetto, non proverò a scriverci un libro che non finirò mai, non mi sforzerò di uscire per dimenticare, non ti cercherò in tutte le righe scritte e nelle foto e nel mare fangoso di internet.

Starò qui, in questo silenzio che mi protegge, in questa casa dalle finestre grandi, a bere caffè e ad aspettare che finisca anche questa fine, come finiscono tutte, giusto in tempo per lasciarci sopravvivere.

Fuori sta piovendo di brutto

Scrivo queste righe di notte, quando ormai nessuno legge più, perché impegnato a vivere la sua vita o a immaginarne una.

Scrivo con tre birre medie e un bicchiere di rum in corpo, che ti aprono la mente e ti rimescolano le budella, che ti fanno sentire vivo e disperato, disperato e pronto a tutto, pronto a tutto e coraggioso.

Scrivo per dirti che avevamo una cosa che non si era vista mai e che non è andata, che eravamo due che nemmeno nei romanzi più arditi potevano stare insieme e c’eravamo, che potevamo costruire castelli che le principesse fighe di legno se li sognano, che bastava allungare una mano per toccare il paradiso.

E invece no. Perché i fantasmi degli amori passati non ci lasciano, perché io ho il coraggio che tu non hai e forse è solo incoscienza, perché forse non mi ami abbastanza, perché a volte è più difficile rinunciare che accontentarci.

Fuori sta piovendo di brutto e io non avevo l’ombrello. Sono tornata a casa con gli anfibi e il parka zuppi di pioggia. Ti avrei scritto come mi sentivo, ma tu non eri già più.

Domani è venerdì e devo ricominciare tutto. Da capo. Tutto.

Da capo.

Tutto.

Così sono diventata migliore

Mi piace pensare che tutte le persone possano cambiare.
A me è successo, dopo eventi traumatici, abbandoni, lunghi viaggi; dopo amori che mi hanno rimescolato le budella, mettendo in forse tutto il prima e ipotecando il dopo.

Sono cambiata molto. A fatica, perché trasformarsi è sempre una piccola sconfitta, è accettare di avere dei difetti di fabbricazione, di avere qualcosa di sbagliato, di funzionare male. Quando si cambia in meglio. Perché a cambiare in peggio si fa molto più in fretta, e io lo so perché ho visto tutte le puntate di Breaking Bad.

Ho sempre giustificato le mie mancanze, verso gli altri e verso me stessa, come bisogni. Faccio così perché ho bisogno di, non riesco a darti quello che vuoi perché ho bisogno di, non riesco a esserti fedele perché ho bisogno di, non posso essere più presente perché ho bisogno di. Il mio bisogno di era l’alibi peggiore.
Mi è capitato di ferire le persone per immaturità, egoismo, distrazione, rabbia, invidia, pigrizia e troppe poche volte sono riuscita a chiedere perdono. Ancora meno a ottenerlo.
Così sono diventata migliore. A costo di darmi di meno, di fare un passo indietro, di metterci meno me stessa. Ho imparato che è meglio non fare, se fare può far soffrire le persone che amo. Ho imparato che è meglio fare un passo verso gli altri che aspettare che ti inseguano.
Ho imparato a trasformarmi, con un lungo allenamento, come quello che ho fatto per mantenere i glutei alti e la pancia piatta.

Sono stata ferita spesso, nella vita. Poche volte mi hanno chiesto scusa. Perché quando sei dura e severa e introversa e solitaria, gli altri credono che non ti spezzerai. Non lo fai. Ti crepi dentro, ti si aprono voragini enormi che fai fatica a riempire di cose belle.
Cambiando, imparo a schivare i colpi. Sono troppo vecchia per attaccare, devo solo provare a non farmi troppo male.
Quando qualcuno mi sgretola dentro, mi allontano. Quando chi mi ama non fa nulla per proteggermi, scappo via.

Mi piace pensare che tutte le persone possano cambiare. Mi piace pensare che possano diventare migliori. Mi piace immaginare che non siamo destinati all’infelicità.  E se ci sono riuscita io, puoi farlo anche tu.