50 sfumature: perché il libro è meglio del film

Ho capito cosa mi ha disturbato.
Nel libro aveva più senso. C’erano almeno 400 pagine in cui si capiva che Mr Grey era nu poc’ spustat’ e che forse non le avrebbe mai dato la relazione romantica che Anastasia desiderava.
E soprattutto si capiva perché.
Nel film manca tutta la parte di durezza, indifferenza, privazione che – seppur lieve – rendeva il romanzo credibile. Lui non voleva farsi toccare il busto. Lui non parlava. Si alzava tutte le notti e suonava come un dannato. Le rompeva in continuazione le palle per farla mangiare. La controllava. La voleva lavare. Aveva la vecchia col fiato sul collo.
E anche se comunque non era BDSM di quello che indossano il latex pure a colazione, almeno era “anomalo”.
Nel film la tensione è sparita.
Cioè, per motivi di tempo, hanno tagliato i punti salienti e lui è diventato un figo ricchissimo, dolcissimo, che la lega come un caciocavallo, ma solo per scoparla meglio e le dà ogni tanto due pacche sul sedere. Che era più sadomaso quella volta che io ho lanciato la pentola con la pasta e piselli addosso al cretino del mio ex.
Poi, Grey, le lascia una camera bellissima dove lei può riposare da sola (e chi di noi non vorrebbe una camera e un bagno personali, invece di avere uno che russa, si agita, ruba la coperta, suda accanto?) e le dice ogni due secondi “sei mia”, “mi appartieni”. Le regala macchine, fanno sesso alla missionaria.
E lei è confusa.
“Perché vuoi questo, Christian?”. Ma questo cosa??!!
È confusa, porcatroglia! Ma che te confondi?
Nel film non ha senso ‘sta perplessità. È ridicola. MA QUALE DONNA DIREBBE DI NO A UNO PERFETTO? Anche mia madre avrebbe già fatto le valigie.
Il regista si è dimenticato la parte credibile.
Quella in cui lui le fa un paio di mosse di Hokuto e la mette a tappeto. Così la finisce di frignare.
Stronza.

Foto di Daniele Devoti
Foto di Daniele Devoti

Dalla mia pagina FB.

Mi sono affacciata alla finestra e ho visto le montagne

Non avevo mai notato che dalla finestra della mia camera da letto si vedessero le montagne.
In lontananza, che spiccano fiere a toccare le nuvole basse.
Mi sono sempre fermata a guardare la strada e i suoi passanti, il campo da tennis che d’estate lasciano scoperto, il giardino con gli alberi già in fiore e poi i palazzi, i tetti di tegole di Milano e le piccole terrazze usate come avamposto da vedette sempre di fretta, sempre in guerra con i ritmi cittadini.
Non avevo mai allungato lo sguardo al di là delle gru, del grattacielo che sale dalle mura spagnole, oltre il rumore delle auto e dei motorini che sfrecciano veloci.
Oggi mi sono fermata a fissare fuori per rimettere a posto le idee, per prendermi una pausa, per sistemare i pensieri che non vogliono prendere forma, e le ho viste.
Sono sempre state lì, in questi intensi anni e dolorosi e belli passati in questa città?

Quante volte limitiamo il nostro sguardo a quello che ci sta intorno e non proviamo a guardare oltre. Quante volte ci sentiamo perduti perché non riusciamo a immaginare che ci sia molto altro oltre il nostro piccolo mondo. Quanto spesso non siamo in grado di cogliere soluzioni e opportunità perché ci dimentichiamo di alzare la testa dalle nostre abitudini rassicuranti.

E basta un solo attimo di felice distrazione per scoprire che all’orizzonte c’è così tanta grandezza ancora da esplorare.

Se ti concentri, li vedi in lontananza anche tu.
Se ti concentri, le vedi in lontananza anche tu.

Io sono Carrie

Sarah Jessica Parker oggi compie 50 anni.
Per quelli di voi che fossero vissuti sulla Luna negli ultimi venti anni, come uno zaino abbandonato della Cristoforetti, Sarah è stata il volto televisivo e cinematografico di Carrie Bradshaw, eroina della celeberrima serie cult Sex and the City.
Come molte ragazze della mia generazione, universitarie alla fine degli anni ’90, a malapena sopravvissute a Non è la Rai e più che determinate a far valere il nostro cervello sulle nostre chiappe, per un lungo periodo non sono stata interessata al mondo di Cosmopolitan, tacchi a spillo e uomini sbagliati che Carrie e le sue amiche raccontavano.
Maffigurati se le femmine vere possono trascorrere così tanto tempo a riempirsi di alcol, spendere interi stipendi in scarpe, cercare di far carriera in mondi (patinati) maschili e parlare di relazioni sentimentali disastrose!
Poi è successo l’inevitabile: ho scavallato i trenta e mi sono avvicinata all’età delle protagoniste, sono tornata single, ho iniziato a comprare scarpe, mi sono trasferita in una città più grande, ho iniziato a bere per passione, ho conosciuto coetanee, nuove inseparabili amiche, con il pallino della carriera, poco propense alla famiglia tradizionale, invischiate in relazioni passionali, quanto fallimentari, sarcastiche e sagaci, e ho cominciato a scrivere per mestiere, anzi, ho iniziato a scrivere chick lit (che, per la mia amica Elena che non ne ricorda mai il significato, è quel genere letterario quasi esclusivamente per ragazze che parte dal Diario di Bridget Jones e naufraga in Via Chanel n.5).
Cinque o sei anni fa, mia sorella mi ha regalato il cofanetto con tutte le stagioni della serie e finalmente ho capito.
Ho capito che non era una storia di essere fighe a Manhattan, ma una metafora sull’essere donne, un manuale di sopravvivenza per fanatiche del principe azzurro (possibilmente meno bolso di Mr Big), un sussidiario sull’amicizia e – tema quanto mai caro alla sottoscritta nell’ultimo periodo – un’esortazione a provarci sempre, perché #NonèMaiTroppoTardi.
Ho iniziato a volere bene a Sarah, e ho continuato a volergliene anche quando ho scoperto che era stata per sette lunghi anni la giovane fidanzata del giovane Robert Downey Jr. Perché lei ha impersonato quel tipo di donna che, nel bene o nel male, abbiamo ritrovato in gran parte dei personaggi femminili delle storie recenti, diventando prototipo, modello, stereotipo o caricatura

Sono stata per tantissimo tempo la ragazza arrabbiata, coi capelli corti tagliati in casa con le forbici, con il maglione grunge, con la laurea in lingue orientali, con il pallino dell’antropologia. Adesso sono una donna che cura il proprio aspetto, con la tessera annuale in palestra, con un armadio pieno, con un sacco di parole in testa, con un bicchiere di rosso in mano, con l’abbonamento a Internazionale, ma anche a Vogue, con un libro sull’IS accanto a un romanzo d’amore sul comodino.
E sebbene non avrò mai più la pancia piatta se continuo a bere vino e non vivrò (forse) mai nel West Village e non comprerò mai un paio di Manolo Blahnik (mooolto meglio il nostro Sergio Rossi) credo di essere diventata un po’ Carrie.
Una Carrie che la domenica frigge le melanzane, certo.
Vuoi mettere quante altre parmigiane cucinerò fino al mio 50simo compleanno?

La casetta di Carrie nel West Village, abitata da un simpatico signore che odia gli intrusi.
La casetta di Carrie Bradshaw, che ho fotografato da vera fan nel West Village, abitata da un simpatico signore che odia gli intrusi.

 

È primavera e ho la valigia pronta

Primavera. È ufficiale.
E io sorrido, perché è la stagione più bella, così piena di speranza, di promesse, di belle illusioni.

E poi è la stagione del Vinitaly, che per i veneti (anche quelli acquisiti come me) è il Natale.

Parto. Da domani a domenica sono a Riva del Garda per #GardaChefParty (leggi mangiare). Da domenica a martedì sarò, appunto, al Vinitaly (leggi bere).

Il 22 marzo pomeriggio, alle 19, presenterò A noi donne piace il rosso alla Feltrinelli di Via Quattro Spade a Verona. Il 23, sempre alle 19, parlerò del libro alle cantine di Rocca Sveva (segue aperitivo a base di Valpolicella Ripasso Soave. Devo aggiungere altro?).

Vi aspetto lì. La vita a volte è bella.

A-noi-donne-piace-il-rosso

A tutti i papà senza bambini

Non ho avuto una famiglia tradizionale, di quelle che madrepadre e divisione dei ruoli e piccoli mulini bianchi e vacanze tutti insieme. Ho avuto però una bella famiglia, di mamma e nonni persi troppo presto e cugini che erano altri fratelli e zie e zii, tanti zii, compresi quelli guadagnati sul campo, perché a Napoli parente lo diventi per presenza, vicinanza, patto di fedeltà e non legame di sangue. Ho avuto poi tante tribù di amici, veri e sinceri, di amiche come sorelle, di confidenti, mentori, compagni di viaggio.

Non credo che serva un’accoppiata di cromosoma XX e XY per creare una famiglia. Non credo che ci sia un solo modo per costruire e far funzionare una casa. Non credo che un uomo e una donna siano a prescindere l’unica combinazione che possa rendere felice un bambino.
Credo che sia importante, decisivo, indispensabile, non solo l’amore, ma il desiderio, la volontà, la maturità, la responsabilità di avere figli, di costruire  una famiglia.
La volontà. Il desiderio. L’amore. La responsabilità. La maturità.

Non sarà il tuo organo riproduttivo o la tua inclinazione sessuale a fare di te un buon genitore. Uno buono. Saranno l’impegno, la costanza, l’attenzione, la pazienza, la sensibilità. L’amore amore amore amore.

Perché siamo stati tutti figli e l’unica cosa che abbiamo sempre desiderato è stato essere amati e desiderati. E basta.

Auguri a tutti i papà, anche quelli senza bambini.

Non è davvero mai troppo tardi

Ogni età ha i suoi rimpianti.
Quando inizi a camminare, vorresti ancora le braccia di tua madre. Quando inizi a lavorare, ti mancano i pomeriggi di cazzeggio studio con gli amici. Quando convivi, ti manca il bagno che usavi da solo. Quando sei solo, rimpiangi qualcuno che ti porti il caffè a letto la mattina.
Ogni volta che finisce una fase della tua vita, pensi che le cose belle andate non torneranno più, che il tempo stia per finire, che il meglio è già tutto alle spalle.
E mentre cammini distratto, guardando indietro, non ti accorgi che c’è ancora una sacco di strada da fare. Tantissima. Emozionante. Faticosa, ma a volte in discesa. Bella.

Ho sempre vissuto con la sindrome da enfant prodige, soffrendo ogni volta che sentivo di aver superato l’età per alcuni traguardi, di aver perso alcuni di treni, di aver sprecato certe occasioni.
Poi, però, sono passati altri treni, sono arrivate altre possibilità, ho stretto mani diverse, ma altrettanto decisive, ho avuto nuove possibilità di scelta.

Non è davvero mai troppo tardi per vivere la vita che vorresti. Non quella che sogni senza contatto con la realtà (quella possono viverla solo i personaggi dei romanzi), ma quella che sei sicuro di poter affrontare con un po’ di coraggio, entusiasmo e incoscienza.

Dopo 12 anni lunghi di blog, Malafemmena ha cambiato ancora una volta abito, io ho cambiato di nuovo la testa, ho cambiato gusti, ambizioni, passioni, amori. Ho capito che oggi possono iniziare cose nuove. E anche domani. E domani ancora. E ancora e ancora.

Template 2012

(Grazie ai ragazzi di Pholpo, a Barbara e al mitico Andrea per il restyling del sito).

Donne che amano il rosso e vanno al Vinitaly

Marzo è uno dei periodi più belli dell’anno. Perché torna la primavera e, soprattutto, perché arriva il Vinitaly.
Se sei astemio, va be’, non abbiamo molto da dirci, ma se anche tu ami i calici magici, soprattutto di nettare italiano, non mancare alla presentazione di A noi donne piace il rosso, il 23 marzo in Borgo Rocca Sveva (Soave, VR), alle 19.

Parleremo, come sempre, di amore, amicizia, libri, viaggi, sorseggiando Valpolicella Ripasso.

E se non hai ancora letto il libro, non disperare, puoi sempre rimediare (e lo accatti anche qui).

A presto e cin cin!

Borgo Rocca Sveva

Libri e social media: la strana coppia

Il tempo che sprechi passi su Facebook, Twitter, Instagram e Pinterest, può aiutarti a stimolare la lettura? E a vendere più libri? E a scriverne?

Ne abbiamo parlato alla Social Media Week, con Barbara Sgarzi, Stefano Izzo, Claudia Consoli ed Edoardo Brugnatelli.
E abbiamo capito che sì, certo, no, boh, c’è molto lavoro da fare.

Vi posto il video dell’intervento completo. Io sono quella vestita da intellettuale con le occhiaie.

Buona visione.