Io sono nata fortunata

Io sono nata fortunata.
Sono fortunata perché il mio mondo è grandissimo, pieno di posti che posso visitare, facili da raggiungere e da conquistare.
Sono fortunata perché nel luogo in cui sono nata posso pensare tutto quello che voglio, anche le cose più stupide o atroci, o le cose più brillanti e coraggiose, e dopo aver pensato quello che voglio, posso dire quello che voglio, senza che nessuno mi possa fermare.
Sono fortunata perché mi hanno dato un libretto di carta, che si chiama passaporto, che dice che sono un essere umano per bene. Io non ho fatto niente per meritarlo, questo libretto di carta che dice che sono proprio per bene. Me l’hanno dato perché sono fortunata. Sono nata qui e non altrove, in quegli altrove dove sei scalognato solo a nascerci e se sei nato lì, tuo malgrado, devi essere proprio una brutta persona.
Non ho fatto niente per meritarmi di decidere dove voglio stare e lavorare. Non ho fatto niente, ma proprio niente di niente, per essere libera. Non ho guadagnato il mio posto al sole e , se voglio fare la turista – che bello fare il turista! – e conoscere e parlare con le persone e prendere aerei e poi tornare e, se una volta tornata, voglio rifare le valigie e andare a costruirmi una vita a Parigi, Berlino, Londra e anche più lontano, posso farlo. E magari può andarmi male e niente da fare, devo riprendere un aereo o un treno e tornare a casa mia, ma sono fortunata perché posso fare un viaggio comodo e tornare viva. Che essere vivi è bello.
Sono fortunata perché ho questa bella pelle bianca, che a esporla al sole si scotta facilmente, e ho un codice alfanumerico che si chiama fiscale e che dice che ho dei diritti. Sono fortunata perché qui si sta bene, c’è il sole e il cibo è buono e la gente a volte è bella e a volte no, ma le volte che non lo è, che è cattiva, disumana, violenta, pericolosa, intollerante, quelle volte lì, io credo che lo sia solo perché è distratta e non si è resa conto che la fortuna è solo un caso e non è mai, mai un merito.

Come nascono le storie

Mi hanno chiesto “come nascono le storie?” e mi è tornata in mente quella volta che ho notato una poltrona vuota in quella grande sala d’attesa dell’aeroporto e ho capito che c’era una storia d’amore da raccontare.
Le storie nascono da ricordi, dai lunghi pianti o brevi sorrisi, da viaggi, da aneddoti ascoltati per sbaglio, dalle scadenze sempre troppo ravvicinate delle consegne, dai libri e i film che ho amato e odiato, da brainstorming, da lunghe telefonate, da un’email, da un viaggio in metropolitana, da una canzone ascoltata distrattamente, da un bicchiere di vino, da una notte insonne.
Sono piccoli puntini colorati nascosti da strati di malta bianca e bisogna rimuovere, scavare, togliere, raschiare via e restaurare, per portarli alla luce.
Non bisognerebbe mai scrivere per pubblicare, per diventare qualcuno, per riempire uno scaffale, per annusare della carta. Bisogna scrivere perché la storia diventa incontenibile e non riesci più a tenerla nella testa e spinge e preme ed erutta ed esplode.
I lettori non sono persone che comprano, ma esseri umani che si riempiono della storia che un tempo, per poco o a lungo, era stata tua.
Se non ce l’hai, se non l’hai ancora trovata, non sforzarti, non cercarla ovunque con ansia e frustrazione, non commiserarti, non sentirti orfano. Se la tua storia non arriva, leggi, vai al cinema da solo, mangia quello che ti piace, fai all’amore, piangi, ridi, ascolta musica o stai in silenzio, parla, ascolta, parti per un viaggio, annusa il vino prima di berlo, passeggia, respira. E vivi. Perché la vita è l’unica storia incredibile che puoi raccontarti solo tu.