La verità sul tempo (e sul vino)

«Tuo nonno diceva che il gusto di questo vino gli ricordava le camere delle donne», disse, chiudendo gli occhi e assaporando il suo bicchiere.
«Come? Cosa voleva dire?»
«Le stanze delle donne sono luoghi pieni di sogni e di segreti, misteriosi, ma accoglienti. Hanno un profumo dominante, ma riesci a cogliere in giro tanti altri piccoli aromi, sulle lenzuola, nell’armadio, nel cassetto dei cosmetici. Appena ci metti piede, ti stordiscono leggermente, ma dopo che vieni catturato dalla loro voluttà, non hai più voglia di andartene».
«Ci sentiva tutto questo, in un bicchiere di vino?»
«C’è così tanto, cara, in questo bicchiere. C’è la terra, che era qui prima di noi e ci sopravvivrà, che dà frutti solo se la curi bene e la rispetti, c’è l’aria, che porta con sé gli odori della valle, del lago, delle montagne in lontananza, ci sono la pioggia e il sole e le mani di chi cura l’uva, c’è l’acciaio, il legno e il vetro, ci sono speranze, paure, traguardi, dubbi. C’è amore, dedizione e attesa. Soprattutto l’attesa, perché il bicchiere di vino perfetto è quello che arriva se hai saputo aspettarlo, senza stancarti, senza lasciar perdere, senza imbrogliare. È tutto lì il segreto di un grande vino: non avere paura del tempo».
«Allora non può diventare il mio lavoro».
«Perché dici così?»
«Perché io ho il terrore del tempo».
«Ragazza mia, ce l’hai perché nessuno ti ha mai detto la
verità».
«E quale sarebbe?»
«Che il meglio non è alle tue spalle, ma deve ancora venire».

(L’amore per il vino e la concezione del tempo. Tratto dal mio romanzo
A noi donne piace il rosso, 2014, ed. Newton Compton)

Le vigne del castello di Nipozzano.
Le vigne del castello di Nipozzano dei Marchesi Frescobaldi.

Il blocco dello scrittore e la fatica dei ricordi

Ogni scrittore ha le sue tecniche per la redazione di un testo e la sua disciplina (o presunta tale).
Alcuni riescono a creare pagine ogni giorno, altri hanno bisogno di un periodo di distacco dal foglio bianco (che è quasi sempre, per tutti, uno schermo bianco), altri ancora – i più invidiati da chi fa questo mestiere – sono organizzati come dei veri ragionieri della letteratura, con scalette, scadenze, numeri di pagina per capitolo e tot parole per paragrafo.

Prima di iniziare un nuovo libro, io devo vedere e vivere tutta la storia nella mia testa, dall’inizio alla fine, perché scrivo sempre come se rielaborassi un ricordo. 
Come se i personaggi li avessi visti e conosciuti e, solo poi, mi fossi decisa a raccontarli, come si racconta un aneddoto durante una cena tra amici.
Per molti mesi studio, leggo tantissimo, guardo numerosi film e tante serie Tv, viaggio, parlo con le persone, osservo come muovono le mani, come camminano, guardo dentro i cortili dei palazzi o attraverso le finestre senza tende, spio tutti, sperando di trovare in un gesto o nell’inflessione della voce uno dei miei protagonisti. Poi la storia cresce, riemerge nella memoria. Sono frasi spezzate, suggestioni, battute, scene osservate in soggettiva o riportate da qualche compagno di avventura.
A volte la memoria del mio libro, quella che rielaboro nella mia mente prima di fissarla con le parole, fa cilecca. Certi libri sono dolorosi, anche se leggeri, altri sono fuggevoli, come ricordi distratti, vita che hai vissuto mentre eri occupato a fare altro. Altri sono troppo intensi e non riesci mai a trovare il tono giusto, l’inflessione giusta, la lingua in grado di rendergli giustizia.
L’ultimo romanzo è nella mia testa da così tanto tempo che a volte penso che non troverà mai la luce. È così mio che non riesco a rivelarlo nel modo in cui vorrei,  come le storie d’amore, che quando le racconti ad alta voce sembrano meno speciali e intense di come sono nella tua testa.

Ogni scrittore ha le sue tecniche e le mie non sono mai state da professionista. Sono umorale, malinconica, timida (estremamente pudica, quando si tratta delle mie parole), spaventata, distratta, sempre e perennemente in lotta con la mia autostima.
Vorrei che questo racconto fosse uguale a quello che ho in testa, fosse simile alla storia che mi ripeto da tempo, fosse potente come le immagini che vedo quando chiudo gli occhi. Lo vorrei e a volte penso di esserne capace. Fino a quando non mi ritrovo davanti alla mia tastiera, senza coraggio e senza forza. Perché scrivere è un mestiere bello, ma crudele e a volte frustrante. Perché ogni persona che vive dentro le pagine potrà confermarlo: i libri più belli sono quelli che abbiamo pensato per tantissimo tempo e non siamo mai stati capaci di scrivere.

Questa primavera voglio innamorarmi dell’uomo sbagliato

Un mese fa ho partecipato come autore a una campagna di native advertising per il brand Yamamay, su VanityFair. Avevo un ruolo a metà tra Don Draper e Barbara Alberti ed è stato uno dei lavori più stimolanti fatti negli ultimi tempi. Oltre alle interviste per la parte video, ho scritto tre pezzi, sul tema primavera, femminilità e percezione del corpo.
 Vi riporto il primo, che amo molto, perché è un vero e proprio manifesto sul mio essere donna (imperfetta).
 Lo dedico a tutte quelle come me. Buona lettura.

Ho iniziato il conto alla rovescia in attesa della primavera.
Dicono che sia la stagione delle donne, perché il sole mette in circolo le endorfine e ci rende più luminose, più allegre, piene di energia e di voglia di fare, pronte, prontissime all’innamoramento. È la nostra stagione perché sbocciano i fiori (e non solo quelli di mimosa), perché i capelli crescono più velocemente, perché la pelle è più liscia e la pancia più piatta (sia benedetta la scarsa ritenzione idrica!), perché puoi lasciare a casa i cappotti e le sciarpe, mostrare il decolté, indossare i sandali, girare in biciletta. Quando arriverà la stagione più bella, quella che lascia alle spalle il gelo e il grigio dell’inverno, con le giornate che si allungano e la luce del sole più brillante, con gli alberi fioriti, le fragole, i vestiti più leggeri e gli aperitivi all’aperto, voglio che nessuno mi dica che tipo di donna devo essere.

Non accetterò consigli su cosa è giusto e cosa, invece, non si dovrebbe fare, non voglio regole da seguire per conquistare, tecniche per far capitolare, stratagemmi per abbindolare. Non ditemi che devo perdere tre chili, che dovrei fare la frangia, che il pizzo non mi dona, che non ho più l’età per portare il rosa.

Non voglio cambiare il mio corpo, voglio assecondarlo.
Questa primavera voglio essere me stessa.

Non fatemi sapere che gli uomini vogliono le donne dolci o che le vogliono aggressive, che devo parlare di più o devo stare zitta, che devo sorridere oppure fare l’imbronciata. Non mi lascerò condizionare da chi pretende che sia meno di quello che sono o chi mi chiede di diventare molto di più, da chi vuole nascondere il mio corpo o da chi vorrebbe esporlo come un vessillo. Sono stanca di essere una bandiera, io voglio solo essere una donna. Una donna che prende decisioni giuste o quelle sbagliate, con l’inviolabile diritto di decidere di testa sua. Voglio che il mio corpo diventi la primavera, che sbocci, che sia luminoso, e che a volte, come capita anche nei mesi belli, sia una nuvola nera, piena di tempesta.

Questa primavera voglio mostrarmi. Indosserò abiti corti, sottovesti leggere, minigonne. Metterò camicie di seta e cotone candido e ricamato. E non mi interessa se non sono formosa, se non sono slanciata, se ho qualche rotolino, se non ho più l’età. Voglio le braccia nude e le gambe libere di portarmi dove desiderano, di correre, di accavallarsi per sedurre.

Questa primavera voglio giocare con i capelli, arrotolarli sulle dita, tenerli davanti agli occhi o raccoglierli. Voglio sentirli scendere sulle spalle, fermarli dietro un orecchio, lasciarli crescere fino a metà schiena o tagliarli. Voglio smetterla di preoccuparmi della piega perfetta e trovarmi bellissima anche appena sveglia, tutta scarmigliata come dopo aver fatto l’amore.
Questa primavera voglio dare il bacio più romantico di sempre.
Cercherò la luce giusta, la perfetta colonna sonora, lascerò che mi infili la mano tra i capelli sulla nuca e che annusi il mio profumo, prima di raggiungere le labbra. Lo darò a occhi chiusi o aperti, non importa, e solo se ne avrò voglia. E anche se non trasformerà il mio ranocchio nel Principe Azzurro, sarà comunque un momento da ricordare per sempre.

Questa primavera voglio guardare il mio uomo come se fosse il più grande amore della mia vita, anche se ci diremo addio con l’inizio dell’estate.
Questa primavera smetterò di credere al vissero felici e contenti e inizierò a credere al vissero ogni minuto intensamente.
Questa primavera non voglio cercare l’uomo giusto, voglio cercare l’emozione giusta.
Questa primavera voglio essere me stessa. Anche se sono imperfetta, anche se faccio degli errori. Perché, nonostante tutto, io lo so che sono la donna migliore che posso essere.

[Gli altri due pezzi li trovate qui: Felicità: tutti i segreti per sorridere in primavera e Primavera: è arrivato il momento di conquistare il tuo lui (e il mondo)]