Sono cresciuta in una famiglia allargata di zie, zii, cugini, vicini, compagni, amici inseparabili e nonni anziani.
Mio padre è andato via di casa quando ero così piccola che non potevo nemmeno ricordarlo, inadatto o solo disinteressato a essere genitore, eppure mia madre ha riempito ogni spazio vuoto lasciato da lui, ogni assenza. Perché sono convinta che non siano fondamentali, seppur importanti, i ruoli, che non sia necessaria in assoluto la coppia, quanto l’attenzione, la presenza, la pazienza infinita, l’amore amore amore amore amore incondizionato.
Quando abbiamo deciso di avere un figlio, io e lui che non abitavamo nemmeno insieme, che passavamo le giornate concentrati sulle nostre pagine, le mie parole e i suoi disegni, che eravamo abituati a pensare al singolare, a cercare continuamente noi stessi, ad affrontare il mondo con due sole mani, perché abbiamo sempre faticato a chiedere aiuto, ad amarci con passione e paura, con il terrore continuo di perderci e di soffrire ancora come in passato, quando abbiamo deciso di avere un figlio ci siamo chiesti spesso, spessissimo, come avremmo fatto a essere una famiglia.
Quello che abbiamo imparato, umilmente e faticosamente, è che l’amore non basta. Un neonato ha bisogno di tempo (tantissimo), di attenzioni particolari, di spazio, di abitudini, continue abitudini, di ascolto, pazienza, abnegazione, serenità, sorrisi, carezze, forza fisica, resistenza. Ha bisogno di voci allegre, di stimoli, di esempio e di presenza.
Abbiamo dovuto trasformare i nostri due singolari in un nuovo indissolubile plurale.
Prima eravamo 1+1 e adesso siamo 3.
Abbiamo capito che una famiglia non è un incastro di più vite, ma una vita comune completamente nuova, in cui tutti restano individui, sia chiaro, in cui io sono Dania e lui è Maurizio e il piccolo è Alessandro, ma nella quale la gestione del tempo diviene comune, le ore non si sovrappongono più, ma si mescolano, in cui, per un periodo forse più lungo di quello che avremmo immaginato, noi verrà prima di io.
Non è sempre facile.
È facile amare Alessandro, quello sì, commuoversi per i suoi piccoli traguardi, desiderare il suo benessere, giocare con lui, baciarlo, nutrirlo, coccolarlo. È facile volere bene, ma è faticoso cambiare abitudini, soprattutto per due adulti come noi, che hanno lasciato i vent’anni da un pezzo e con loro la capacità di ambientazione.
Non date ascolto a chi dice che viene tutto naturale, a chi vuole farvi credere di non aver fatto fatica, a chi vi giudica perché avete timori o paure, a chi confonde la vostra stanchezza con il poco affetto, a chi vuole farvi sentire incapaci perché affrontate pieni di dubbi la trasformazione in genitori. L’unico modo per essere una buona famiglia è rassegnarsi all’idea che ogni suo componente è un essere umano, il cucciolo che state crescendo e voi due che state imparando, perché solo ammettendo di non essere infallibili sparirà la sensazione errata di non essere bravi papà e brave mamme.
Ogni giorno ci chiediamo se saremo mai all’altezza, se nostro figlio si sentirà amato come avremmo voluto essere amati noi. E ogni giorno non possiamo fare altro che arrivare fino al nostro limite e poi aggiungere un altro piccolo passo in più.
*La bellissima foto è di Nicola Mazzon.
Rileggo il blog dopo tantissimo tempo (innescato dalla foto su Instagram in effetti), e trovo molto interessanti, ma anche coraggiosi, i due ultimi post.
Sensazione agrodolce, perche’ la Dania delle foto aggressive (rosse ecc) , la precaria, insomma la ragazza giovane e divertente, e’ alle noste spalle. E con quella, anche il nostro (..okil mio) tempo – quel tempo, quegli anni – lo é.
E non torna.
Ma dolce, perché’ in qualche modo ci hai accompagnato raccontandoti sempre, senza abbandonare il blog, forse per desiderio di comunicare, forse per rispetto a chi ti leggeva, non so. Dalla precarieta’totale, allo spostamento nella mia ex-citta’, al primo incredibile successo letterario, a questo evento di vita nuova.
Pensa che ricchezza lasci ad Alessandro .se vorrai che un giorno legga tutto questo. Io ad esempio so ben poco dei miei (perche’da giovani non importa molto farsi raccontare, i blog non esistevano e la loro corrispondenza privata (che é nella mia cantina) non mi va di leggerla).
Ah! e i Gatti…che rapporto hanno i Gatti con il nuovo…i nuovi venuti..?
Il blog l’ho tenuto per affetto. Non è mai stato un lavoro per me, ma un diario.
Quanto al resto, per fortuna cambiamo e cresciamo tutti. Sono passati 15 anni, sarebbe terribile pensare di essere rimasti gli stessi di allora
Ciaoooo.
P.s. Ghigo è geloso di Alessandro, Mina si fa sempre i fatti suoi.
Complimenti un bimbo bellissimo. Tanti auguri.