La torta salata più veloce del west

Ogni mattina (quasi sempre all’alba) una neomamma si sveglia e sa che deve iniziare a correre per riuscire a fare tutto.
Perché quando inizi a vivere la vita del tuo cucciolo, il tempo sembra scorrere più velocemente.
Molto più velocemente.
Troppo.
E sei in ritardo per il nido, in ritardo per il lavoro, in ritardo per le bollette, in ritardo per qualsiasi appuntamento tu abbia preso con chiunque (il medico, la parrucchiera, la Regina d’Inghilterra) e non riesci a pulire/stirare/fare la spesa e appena credi di avere cinque minuti di tregua, pochi attimi tutti per te, per fare qualcosa che ti piace, anche solo bere un caffè, guardare video di gatti grassi su Instagram o depilarti le sopracciglia perché ormai sembri Frida Kahlo, ecco che arriva la telefonata che rovina i tuoi sogni: “il bambino ha la febbre, puo passare a prenderlo prima?”.
Ogni mattina una neomamma si sveglia e sa che deve iniziare a correre per fare tutto. Quindi ogni azione deve diventare più efficiente, più efficace, più veloce.
In cucina, per esempio, non puoi più dilettarti in piatti laboriosi e complicati che nemmeno nella puntata finale di Masterchef, ma devi riuscire a essere rapida, scaltra e abile.
Il segreto per continuare a nutrirsi in modo sano senza ridursi a mangiare solo insalate in busta è sempre lo stesso: la torta salata.
È un piatto caldo, piace a tutti e puoi guarnirla anche in modo semplice, ottenendo sempre un buon risultato.

La ricetta per la torta salata più veloce del West?

• 1 rotolo di pasta sfoglia tonda (sei sicura che vuoi prepararla in casa? Perché se la prendi al supermercato come faccio io, prometto di mantenere il segreto)
• 8 fette di Tilsiter Bayernland
• 2 zucchine piccole tagliate e rondelle sottili
• Sale e pepe q.b.

Ingredienti torta salata

Stendete la pasta sfoglia in una teglia da forno, bucherellando con la forchetta. Adagiate sul fondo 4 fette di Tilsiter, coprendo tutta la superficie, disponete le rondelle di zucchine, ricoprite il tutto con le fette rimanenti di formaggio e richiudete i bordi con la pasta. È fatta!
Mettete tutto in forno preriscaldato a 180° per circa 25 minuti (durante i quali potreste lavare i piatti, passare l’aspirapolvere, lavarvi finalmente i capelli o magari lasciare perdere tutto e giocare con il vostro piccolo) ed è pronta.

Torta salata velocissima

Vi assicuro che è buonissima. Anzi, di più: è a prova di suocera!

*Post in collaborazione con Bayernland

La mia storia con internet

Mi hanno chiesto di raccontare “la mia storia con internet” in un’intervista video e mi sono resa conto che, per moltissimi anni, è girata tutta intorno a questo blog.

Da quando nel 2003 ho aperto Malafemmena, prima su Splinder e poi su questo dominio, la mia vita è cambiata del tutto. Non è stato rapido, non è stato indolore, ma è stato un percorso emozionante, pieno di persone, di posti visitati, di parole scritte e di parole lette.

La mia storia con internet è una storia di passione e lacrime, come tutte le più grandi storie d’amore, con alti e bassi, fatica, fallimenti e soddisfazioni.

Non è più il mio tempo. Me ne rendo conto sempre più, perché questi sono gli anni degli influencer, degli youtuber, delle star vere con un seguito enorme, che nascono e restano online e non si limitano a trovare, come facevamo noi, una professione, ma diventano loro stessi un lavoro.
Eppure, nonostante sia una cariatide che ha assistito (e contribuito in minuscola parte) alla nascita del web in Italia, sento di avere ancora cose da fare. In piccolo, con il solito entusiasmo di sempre, con i miei tempi dilatati e il mio ristretto pubblico amatissimo.

Abbiamo un futuro pieno di possibilità e io voglio essere ottimista. La rete imparerà ad autoregolarsi e smetterà di essere lo sfogatoio di ogni frustrazione.
Resteremo chiusi nelle nostre bolle, ma riusciremo a renderle più variegate.
Smetteremo di cercare consenso a tutti i costi e torneremo a cercare relazioni.
Daremo un valore diverso al tempo passato a navigare, senza FOMO o dipendenze.
Inventeremo nuovi mestieri che ci daranno il pane.
E soprattutto smetteremo di aggiungere la gente ai gruppi di Facebook, senza chiedere il permesso, perché davvero non se ne può più.

P.S. Lo so, nel video sembro stanca e trascurata. È che in realtà lo sono davvero. Ma sono felice, non vi preoccupate.
P.P.S. potete raccontare anche voi la vostra storia, usando l’hashtag #lamiastoriaconinternet

Vieni a fare merenda da me

Ai tempi del liceo Chiara, la mia compagna di banco, passava spesso i pomeriggi da me per fare i compiti. Erano ore divertentissime, perché piene di chiacchiere su maschi (che non si sarebbero mai fidanzati con noi), pettegolezzi su VIP (che non avremmo incontrato mai di persona) e progetti su viaggi e avventure (che forse non avremmo mai fatto).
Il venerdì era il giorno della settimana che aspettavamo con più trepidazione, e non perché l’indomani ci fossero soltanto quattro ore di lezione, ma perché il giovedì sera, su Italia1 andavano in onda le puntate di Beverly Hills 90210.
Per noi ragazzini degli anni ’90, Beverly Hills era LA SERIE TV (quasi quanto Non è la Rai era LA TRASMISSIONE) e poteva resistere come argomento di conversazione nell’intervallo per giorni e giorni.
A casa di Chiara il giovedì sera la televisione era sintonizzata su un altro canale, quindi io registravo le due puntate su un VHS* per lei e le riguardavamo insieme prima di metterci a lavoro. Magari la mattina a scuola le avevano già raccontato la trama, perché ai quei tempi lì lo spoiler non era ancora reato, ma lei era felice lo stesso di controllare in prima persona se Dylan** sarebbe tornato con Brenda e avrebbe lasciato Kelly o viceversa.
Ce ne restavamo due ore sul divano a guardare gli episodi e a mangiucchiare dolci o snack e poi facevamo i salti mortali per finire i compiti in fretta, prima del tramonto, l’ora in cui lei aveva il coprifuoco.

Quelle merende sono uno dei più bei ricordi che ho del liceo, di quegli anni inquieti e faticosi che chiamano adolescenza, ed è forse per questo motivo che ancora oggi, quando posso, cerco di trovare un momento durante il pomeriggio per rilassarmi mangiando dolci e guardando serie TV (avreste mai immaginato di vivere in un futuro in cui esiste Netflix?), magari insieme a un amico o al mio compagno.

Un’idea per uno spuntino delizioso? Il budino con le lingue di gatto!

Per prepararlo occorrono:

• 2 Budini cacao con panna Bayernland
• 100 Grammi di burro a temperatura ambiente
• 100 Grammi di farina
• 100 Grammi di zucchero a vela vanigliato
• 3 Albumi d’uova grandi
• Zuccherini colorati per guarnire

Budino Bayernland

Tenete i due budini in frigo mentre preparate le lingue di gatto.
Con le fruste amalgamate il burro e lo zucchero fino a ottenere un impasto cremoso, aggiungete un po’ alla volta gli albumi, continuando a frustare, e infine la farina setacciata. La crema ottenuta va lasciata riposare un quarto d’ora in frigo. Una volta raffreddato, infilate l’impasto in un sac à poche con un beccuccio tondo e create delle strisce di crema (larghe almeno 1,5 centimetri e lunghe 6) su una leccarda rivestita di carta da forno, facendo attenzione a distanziarle bene una dall’altra. Durante la cottura, la crema tende ad allargarsi e a prendere la classica forma “a lingua”. Infornate, in un forno preriscaldato a 180°, e i biscotti saranno pronti in circa 8 minuti. Tirateli fuori, staccateli dalla carta e lasciateli raffreddare su un piatto. Una volta freddi e croccanti, inseritene uno o due nel budino, decorando la panna in superficie con gli zuccherini.
Golosi, vero?

Budino goloso

Buona merenda!

*Lo so, sono un dinosauro
**Io sono sempre stata del team Brandon Walsh.

Post in collaborazione con Bayernland.

Le piccole cose piacevoli

Diventa sempre più difficile godere delle piccole cose, un caffè con un amico, l’ultimo capitolo di un libro amato, il ritornello della canzone preferita cantata ad alta voce, un complimento sul lavoro, un chilo perso o preso, il rossetto nuovo dal colore allegro, l’abbraccio di un genitore anziano, i progetti fatti ad alta voce con la persona che ami, un morso al panino più buono dell’anno. Difficile goderle e basta, senza doverle immortalare, raccontare in diretta, condividere. Guardare tuo figlio che sorride e non twittarlo, ricevere un fiore che vuol dire ti amo senza instagrammarlo, avere un’opinione e non postarla, provare un dolore e non farlo sapere a tutti gli estranei con cui sei in contatto.

È bello far sapere che si è felici solo se non si ricerca la felicità nell’approvazione, solo se la gioia resta a prescindere dall’esistenza di un pubblico.

Amo tutto di internet, perché mi ha resa la persona che sono più di tanti altri strumenti usati nella vita e tante altre avventure vissute, eppure sto facendo qualche passo indietro per recuperare il piacere effimero e personale delle piccole cose.

Cerco di liberarmi dall’ansia della cronaca continua della vita. Non è facile. Perché in maniera stupida vivo anch’io la sensazione di perdere delle occasioni, occasioni di popolarità che mi cambieranno la vita. Pur sapendo che non modificheranno davvero nulla. Perché alla fine, la vita è proprio l’insieme delle piccole cose che succedono quando non c’è nessun pubblico a guardarti. E spesso sono cose davvero belle.

La pausa (gustosa) del raccontastorie

Raccontare storie è un mestiere bellissimo, forse uno dei più belli, perché ti permette di inventare mondi, di cambiare i finali, di mettere in bocca ai personaggi le parole sempre giuste.
Per riuscire a raccontare delle belle storie devi aver vissuto tanta vita, tante vite. Non necessariamente in prima persona, ma attraverso i libri letti, i viaggi fatti, i racconti ascoltati, i film visti al cinema.
Uno dei lussi più grandi della professione di scrittore è quello di poter passare pomeriggi interi a leggere o a guardare serie TV con la scusa che lo stai facendo “per lavoro”.
Prima di iniziare a scrivere un libro nuovo, mi chiudevo in casa e mi tuffavo in un episodio dopo l’altro, una stagione dopo l’altra, con così poche tregue che a volte sognavo zombie, draghi, corti di giustizia americane, tutto insieme, tutto vivido come se io fossi stata lì. Poi passavo un mese o due in ritiro, a scrivere scrivere scrivere, quasi sempre di notte, senza mettere piede fuori casa, parlare con essere umano, pettinarmi i capelli.
Da quando c’è il piccolo in casa, i telefilm e i libri rubano preziose ore al sonno e, non potendo più dedicare le ore della notte a produrre, ritaglio momenti preziosi per scribacchiare ovunque, a qualsiasi ora, non appena ne ho la possibilità.
Prendo note e appunti dove posso, per non rischiare di perdere qualche idea preziosa, faccio scalette, griglie, riassunti. Segno sul calendario quante pagine al giorno dovrei riuscire a scrivere per rispettare le scadenze.
E come sempre, ogni volta che sono davanti allo schermo mi viene fame. Sgranocchio, spizzico, sbocconcello, mangiucchio.
I pranzi diventano spuntini e gli spuntini pranzi, con il piatto sempre accanto alla tastiera.
Usare il cervello fa consumare un sacco di energia!
Per questo motivo mi sono specializzata in piatti gustosi e veloci che possono essere preparati in non più di cinque minuti.
Uno dei mie grandi classici da lavoro è l’Omelette dello scrittore.

Per prepararla occorrono:

2 uova medie
2 fette di speck
2 fette sottili Bayernland
Parmigiano q.b.
Un pizzico di sale
Erba cipollina
Olio evo

Ingredienti omelette

Bisogna amalgamare insieme le uova, il parmigiano, il sale e l’erba cipollina sminuzzata. Il tutto va disposto in una padella antiaderente in cui è stato fatto scaldare l’olio. Una volta che la frittata è asciutta da un lato, bisogna girarla e poi disporre su una metà le due fette di speck e una fetta sottile di formaggio. Basta poi chiudere l’omelette a panino e lasciare cuocere ancora un po’, decorando con un’altra fetta sottile lasciata fondere.
In pochi minuti è pronta e si può servire con pomodori, insalata o solo con pane.

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Buon appetito!
Con la pancia piena si producono i più grandi capolavori.

*Post in collaborazione con Bayernland Italia

A tutte le mie donnissime

Sono una donna forte. Non perché porto i capelli corti, ho parecchi tatuaggi, farei a pugni con chiunque non mi vada a genio e bestemmio come se il Padreterno mi avesse fatto qualche torto personale. Non sono forte perché sfrutto la gente, perché mi piace comandare, perché sono capace di arricchirmi, perché sono una lastra di ghiaccio, impenetrabile ai sentimenti, o perché non piango mai. Io piango in continuazione: al cinema, ai matrimoni, quando mi fanno i regali, quando mi sbagliano il taglio di capelli, quando ascolto certe canzoni delle pubblicità in televisione, quando guardo i video su internet con i neonati che ridono o con i gattini che giocano con i neonati che ridono, o quando mi offrono a sorpresa la cena e avevo già mangiato come un esercito.
Piango ogni volta che mi innamoro e ogni volta che mi lascio.
Piango, però sono tosta, tenace, coraggiosa. Sono caduta tantissime volte e mi sono sempre rialzata, con i graffi alle ginocchia, con qualche costola incrinata, ma sempre intera. Ho preso strade sbagliate e ho deciso di ritornare indietro e rifare tutto da capo, senza scorciatoie. Ho imparato a perdonare e a chiedere scusa, ad ammettere gli errori, a sopravvivere alle delusioni. Sono capace di fare da sola, quando non posso essere aiutata, e non mi dispero più, non perdo mai completamente la fiducia negli altri e nel futuro. Perché la vita sa colpire veramente duro e l’importante è come sai resistere ai colpi, come incassi, perché solo così puoi dimostrare di essere un vincente, e so che è la verità, perché lo dice Rocky Balboa a suo figlio in un film, e lui ne aveva prese a centinaia di mazzate.
Sono una donna forte, ma questo non significa che non posso avere i miei periodi di fragilità. Anzi, quando accadono, e non succede tanto spesso, penso sempre che me li sono meritati e me li voglio godere fino in fondo.

Il brano sopra è tratto dal mio romanzo Donnissima, ed. Rizzoli, 2016. Enza Caruso rappresenta un po’ il mio ideale di donna, brillante, modesta, forte, simpatica, decisa, onesta, carnale. Avrei continuato a scrivere libri su di lei per anni. Queste righe sono per ringraziare tutte le donne come lei che ho incontrato nella vita e che hanno contribuito a farmi diventare migliore. Se c’è qualcuno che merita di essere festeggiato l’8 marzo, siete voi.

Grazie.