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E se non ci vediamo, buona fine e buon inizio

Finisce un anno lungo, lunghissimo, eterno, eppure veloce, breve, corso via troppo in fretta.
È stato l’anno in cui sono diventata diversa, improvvisamente troppo adulta, piena di responsabilità, occupata senza sosta a prendermi cura di un altro essere umano, piccolo, indifeso, eppure potente e grandissimo, che un tempo era dentro di me. Mentre diventavo grande, sono tornata anche bambina, con la voglia di scoprire il mondo, sempre a canticchiare filastrocche, a inventare parole nuove, a giocare, a sporcarmi i vestiti di moccio e pappa, a ridere per le cose semplici.

La maternità, l’essere una persona mamma, ha occupato gran parte  delle mie giornate, riempiendole di tenerezza, amore e sorrisi, ma anche di fatica, di sonno arretrato, di apprensione e di solitudine profonda.
Diventare mamma ha cambiato la percezione che gli altri hanno di me, rendendoli in alcuni casi più indulgenti e in altri fastidiosamente più intransigenti. Per alcuni mesi, in cui cercavo di conoscere e capire la donna nuova che abita il mio corpo, sono stata circondata da persone che hanno cercato di insegnarmi come vivere, hanno provato a farmi sentire sbagliata e hanno tenacemente tentato di fiaccare il mio entusiasmo.
Ci sono poi stati altri, inaspettati e belli, che hanno teso una mano, hanno sdrammatizzato, hanno chiamato solo per sapere se stavo bene, si sono fatti chilometri in macchina per venire a cucinarmi un piatto caldo e poi ripartire, mi hanno detto che ci so fare e che sarà sempre tutto più facile. Di questa umanità piena di vita, entusiasta e affettuosa che mi circonda sono e sarò sempre felice e grata.

Questo è stato l’anno di una grande delusione professionale e umana, del fallimento di due progetti su cui avevo lavorato molto, per lungo tempo, e che avevano prosciugato idee e fiducia; l’anno delle promesse disattese, del senno di poi. È stato l’anno della fatica lavorativa, della presa di coscienza di dover cambiare qualcosa, osare, trasformarmi ancora, rispolverare vecchi sogni chiusi in qualche scatola persa in uno dei tanti traslochi della vita.
È stato anche l’anno delle collaborazioni inaspettate, dei lavori belli, delle soddisfazioni dell’ultima ora, delle nuove sfide, dei contratti che aprono orizzonti emozionanti e impegnativi.
Uno speriamo che me la cavo continuo.

È stato l’anno dei traslochi, fisici ed emotivi. Ho venduto una casa perfetta, in cui non avevo mai abitato e che mi aveva resa molto infelice. Ci ho perso così tanti soldi che non credo riuscirò mai a metterli nuovamente da parte, eppure era ormai l’ora di dirle addio, di chiudere quella porta e di aprirne una, due, cento nuove. È stato l’anno in cui ho provato a comprare casa a Milano e non ci sono riuscita, l’anno della frustrazione di non avere “abbastanza budget” per i miei desideri, l’anno in cui sono tornata in banca a chiedere se potrò mai accendere un altro mutuo, l’anno dell’odio per le agenzie immobiliari milanesi. Un anno che termina in affitto in un appartamento vecchio e scomodo, che amo tantissimo, in un quartiere bello e comodo che non posso più permettermi, ma che è e resterà per sempre casa.

È stato l’anno in cui ho viaggiato poco, mangiato troppo, letto meno, scritto quasi mai, rinunciato a tante cose e desiderato tantissimo.

Nel 2017 ho imparato l’importanza di chiedere aiuto, di non provare sempre a fare l’eroe, di accettare di essere umana e fallibile, di dormire quando posso, di sorridere più spesso, di dire grazie, di farmi viva con le persone care, di smettere di usare gli altri come metro dei miei successi e dei miei fallimenti. Ho imparato a spegnere il telefono, a guardare mio figlio negli occhi, a perdonare e perdonarmi, a darmi tempo, tempo, tempo, per guarire, per capire, per decidere. Ho imparato a essere onesta con me stessa, a sognare cose piccole senza sentirmi sbagliata, a sperare in cose grandi, enormi, senza sentirmi illusa.

Il prossimo anno voglio diventare forte (più forte), allegra (più allegra), determinata (più determinata). Voglio tenere le amicizie belle, salvare i rapporti che valgono ed eliminare tutte le persone tossiche che non mi fanno bene. Voglio riscoprire tutta la bellezza che mi circonda con gli occhi di mio figlio, insegnargli che la vita vale sempre la pena, che il mondo è pieno di sorprese, che non bisogna averne paura.
Il prossimo anno voglio fare le cose per bene nonostante, nonostante i sogni infranti, nonostante i guadagni scarsi, nonostante la stanchezza, nonostante i cattivi consigli.

L’anno prossimo, che arriva tra poche ore, ma che mi sento addosso da tutta una vita, sarà l’anno dell’essere fortissimi.

Io sono pronta.

Spero anche tu.

This is us

La pausa dalla competizione

Ieri mi hanno fatto notare quanto sia positivo passare del tempo a guardarci da fuori. Vivere un periodo in cui le cose diventano oggettive ci aiuta a ridare il giusto peso a ogni problema, a trovare soluzioni, a rivalutarci o a imparare quali sono i nostri limiti.

Prenderci una pausa da noi è l’unico modo per sopportare la convivenza perenne con le nostre paure, i fantasmi, le ansie, le ambizioni, gli obiettivi.

Staccare. Girarci a guardare come siamo fatti davvero e poi rientrare.

È quello che forse dovremmo fare durante le vacanze.  Fare una pausa dalla competizione, dalla socialità virtuale a tutti i costi, dall’ansia di non farcela, dalla dieta perenne, dal pettegolezzo, dall’invidia, dalla paura dell’abbandono, dal chiodo fisso del denaro che non basta mai, dal terrore di invecchiare.
Uscire, guardarci e capirci.
Mentre stiamo digerendo un’intera colomba.

Buona Pasqua a tutti.

Il prossimo anno ci salveremo da soli

Gli ultimi giorni dell’anno a letto con l’influenza mi hanno obbligata alla solita resa dei conti, che – per una volta -avrei voluto evitare. Nei deliri da febbre alta, cocktail di paracetamolo e brodo fatto con il dado, sudore, gatto che mi rubava il letto e telefilm in streaming, ho rivisto il film dei sensi di colpa, delle scelte sbagliate e quelle prese in graziadiddio che mi hanno (forse) cambiato la vita, degli errori, dei traguardi, dei sorrisi e delle lacrime.
Quello appena trascorso è stato, tutto sommato, un buon anno.
Non un anno ricco, non un anno molto produttivo. Un anno buono.
Dodici mesi in cui ho fatto tutte le cose per bene, nel lavoro, in amore, con la scrittura, con la famiglia, con le amicizie. E quando fai le cose per bene, e ti impegni, e sei onesta, soprattutto con te stessa, non puoi avere rimpianti.

Poi, certo, c’è il porcomondoboia che funziona a scatti, che ti mette i bastoni tra le ruote e non dipende da te. Non può sempre dipendere da te. E questo rallenta la crescita, smorza gli entusiasmi, produce fastidio e bestemmie, sconsola, deprime.

La crisi economica ormai è una balla. Non c’è un complotto mondiale per farci diventare dei poveracci. Non c’è più un buco nero in cui sono trascinati tutti e, quindi, anche noi. No. Il problema è che noi sguazziamo in un mare di fango che ci siamo creati da soli. Il problema è che l’Italia è un Paese schifoso e meschino.
Punto.
Corruzione, mafia, sprechi, evasione fiscale, classe politica completamente ignara di come viva davvero la popolazione, tassazione delirante sui meno abbienti, nessuna meritocrazia, nessun rispetto per la cultura, disprezzo per l’onestà e stima per l’ignoranza truffaldina, pressapochismo premiato come intraprendenza, massoneria, demagogia, populismo, razzismo così radicato e così malcelato da essere endemico, omertà, connivenza.
Non credo esistano altri casi al mondo di potenze industriali ridotte a teatrino dei pupi nel giro di qualche decennio.
È sempre più faticoso amare la nostra terra. Come un marito che ti prende a pugni. Come una madre che ti abbandona in un cassonetto.

L’unico grande rimpianto del 2014 è quello di aver capito di non essere in grado di migliorare il Paese e di essermi rassegnata all’idea che non cambierà. La perdita della speranza è il primo segno della fine e non so se è generazionale, se dato dalla stanchezza o da un eccesso di informazione, ma non credo più che ci siano possibilità di redenzione.

Così, il prossimo sarà l’anno in cui a tutti toccherà salvarci da soli.

Sono ottimista per me, perché sono convinta di avere margini di miglioramento: nei prossimi dodici mesi voglio viaggiare a est e a ovest, scrivere finalmente il mio primo romanzo non rosa, voglio bere il vino più buono, voglio guardarmi allo specchio e piacermi sempre e comunque, voglio frequentare persone belle e lasciare andare gli opportunisti, i falsi amici, i passivi aggressivi, i cattivi consiglieri, gli invidiosi, i rancorosi, gli “amici” per cui lavori e non ti pagano. Voglio leggere e guardare mille film e ascoltare musica e ammirare i tramonti. Voglio baciare di più, fare di più l’amore, abbracciare di più, ridere di più, parlare di più e ascoltare di più.
Voglio continuare a essere onesta, a credere che il merito paghi, a investire nel talento e non nei pompini, a fare il mio lavoro al meglio, a studiare, a capire le cose.
Voglio salvarmi.

Ed è il mio augurio per tutti voi.
Fate le cose per bene, salvatevi, non lasciatevi tentare da tutto il marcio che ormai ci circonda. Siate belli e senza rimpianti. Siate coraggiosi. Siate il Paese che amerei alla follia.
Magari tra un anno saremo qui a dirci: hai visto? Avevamo sbagliato! C’era ancora qualcosa per cui valeva la pena lottare: noi.

 

I nostri berretti verdi

Da ragazzini, mio fratello aveva questa cosa che, quando era sbronzo, faceva Rambo.
Lo faceva uguale, proprio con la voce, con la faccia di Stallone.
Allora io gli chiedevo, come nel mitico numero due, con la voce seria «Tu che cosa vuoi, Rambo?» e lui rispondeva «Vincere… e sopravvivere!»

Oggi mio fratello compie 31 anni. Vive in Brasile e non lo vedo da un anno e mezzo. Ho bevuto una bottiglia di Moretti alla sua salute. Se fosse stato qui, ci saremmo sbronzati insieme e ci saremmo fatti un sacco di risate.

E poi gli avrei confessato, tra una risata e l’altra, che ho finalmente deciso.
Voglio anch’io vincere. E sopravvivere.

(Auguri)

Come il vino migliore

Sembra che, nonostante le ripetute proteste, anche quest’anno io sia costretta a festeggiare il compleanno.
L’età, per contratto, rimane la stessa degli ultimi cinque anni.
Grazie per gli auguri fatti in anticipo, in tempo e anche per quelli che arriveranno in ritardo.

Se aveste voglia di partecipare ai festeggiamenti e guadagnare gloria eterna, sulla colonna alla destra del blog trovate il bottone paypal per le donazioni (email: malafemmena@gmail.com).

I vostri omaggi saranno utilizzati per le spese fondamentali della dottoressa: creazione del fondo “tette nuove” o acquisto di Louboutin in saldo o bollette enel e gas per i prossimi mesi da libera professionista.

Alla mia salute!

Assestamenti

Ci sono parole che non so scrivere, macerie che non so ricostruire, faglie che non so chiudere, ricordi che non so raccontare, lamenti che non so ascoltare.
Ci sono scienze che non fermano le polemiche, fatalismi che non mascherano lo sdegno, solidarietà che non placano la rabbia.
Ci sono silenzi che non aiutano, grida che non si sentono, pianti che non purificano, sorrisi che non rassicurano. Ci sono famiglie che non proteggono, giustizie che non puniscono, amori che non bastano.
Ci sono retoriche che non so abbandonare, cinismi che non so abbracciare, limiti che non so superare, virtù che non so possedere.
Ci sono morti che domani non resusciteranno, ci sono nati che domani non ricorderanno.

Ci sono post che non so finire.

Auguri.