Vivo una situazione di seminomadismo perenne, spostandomi in continuazione da A a B a C a D e poi di nuovo A.
Cambio città all’occorrenza, molto spesso fuggo, a volte mi avvicino, mi cerco, mi aspetto.
Ho comprato casa e poi l’ho abbandonata per andare in affitto in un’altra città e dovrò rimetterla in vendita oppure decidere cosa sarà. Adesso sono lì e riparto da zero e ricomincio e vado avanti.
Sono tornata per qualche giorno a Padova, perché ho ancora il gatto da sistemare e gli scatoloni da riempire e gli armadi da svuotare. Mi sono accorta che non avevamo mai fatto mettere la targhetta con i nostri cognomi sul citofono e l’adesivo che avevamo attaccato sopra il nome della vecchia proprietaria era caduto via, lavato dalla pioggia.
Mi sono accorta che so vivere solo in questa precarietà, in questa perenne imprecisione, senza mai chiudere i cerchi, senza mai lasciare un posto per sempre, seminomade, girando in tondo, allargando il cerchio, aggiungendo oasi in cui ripararmi prima di ripartire.
Ho stampato un pezzo di carta con il mio cognome, l’ho attaccato con lo scotch al citofono. Se qualcuno dovesse suonare, probabilmente non troverà nessuno.
Ho finito tutti i sensi di colpa. Siamo stati bravi a dividere il mio e il tuo.
Ci sono delle crepe nei muri, ma sono strutturali. La struttura regge e il passato non la butta giù.
Non lo so se un giorno sarò capace di fermarmi. Forse succederà senza pensarci. Per il momento ho abbastanza scotch per attaccare il mio nome su tante porte ancora, lontane o vicine, non ha nemmeno più importanza.