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Noi resisteremo sempre

Da giorni rimugino sulle parole di Domenico Starnone che, sulle pagine di Internazionale, ricordava che noi italiani abbiamo il triste primato di aver inventato il fascismo.

Sono stati giorni terribili per la nostra umanità, a leggere le bacheche di Facebook e Twitter, improvvisamente invase da orrendi individui senza empatia né compassione, che gioivano, rinunciando anche allo scrupolo dell’anonimato, di tante vittime del mare, che avevano la sola colpa di essere nati nel posto sbagliato.
Molti, come me, in questi tempi sono stati lontani dalle polemiche, delusi, sopraffatti dallo stupore di accorgersi che anche dietro il più assiduo frequentatore dei banchi della chiesa si può nascondere un razzista, magari anche evasore fiscale e un po’ mariuolo, però forcaiolo con chi non è della sua stessa, strettissima, razza.
Gli italiani non sono diventati peggiori, a causa di crisi e televisione e telefonini e cibo spazzatura, sono sempre stati così, come faceva notare Starnone: servili e prepotenti, opportunisti e vigliacchi, intolleranti e campanilisti, ignoranti ed esigenti.
Questo ho pensato in questi giorni grigi, di notizie pubblicate migliaia di volte e poi migliaia di volte ritrattate, commentate, screditate, urlate, taciute.

Quello che, però, avevo dimenticato, così presa dal pessimismo, è che noi italiani siamo anche il paese che ha sconfitto il fascismo, siamo il paese dei partigiani che hanno combattuto e sono morti per regalarci la libertà di poter avere e difendere, oggi, qualsiasi opinione, anche la più spaventosa.
Siamo il Paese della Resistenza, che 70 anni fa ci ha ridato dignità di essere umani.

Tra poco spariranno tutti i testimoni di quell’epoca in cui uomini piccoli resero grande l’Italia e spetterà a noi continuare a mantenere viva la memoria della storia, per salvarci dal revisionismo, dal nuovo fascismo leghista, dalla bruttura della fine della solidarietà, dalla paura costruita a tavolino solo per controllare e dominare il popolino bue.
Saremo noi la memoria e a noi è affidato il compito di coltivarla, tramandarla e proteggerla. Ed è il più grande onore che gli italiani belli potessero concederci.

C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L’altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio, finché dopo altri venti o cento o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi. Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l’operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione. Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo.”

Il sentiero dei nidi di ragno, Italo Calvino.

Non è una questione privata

“I tempi sono maturi perché la festa della liberazione diventi festa di libertà. La resistenza è un valore fondante della Costituzione ma bisogna avere rispetto per tutti i combattenti, fossero essi partigiani o repubblichini, perché questo non vuol dire essere neutrali.”
Silvio Belusconi
– Onna, 25 aprile 2009.

Tarcisio Devoti, il padre di Daniele, nel dicembre del 1945 decise di seppellire il fucile che imbracciava quando aveva liberato Udine, il 1° maggio dello stesso anno, con i suoi compagni partigiani del Battaglione Julio della Brigata Osoppo.
Era partito partigiano a 17 anni, sulle Prealpi Giulie, per fuggire ai rastrellamenti tedeschi e fascisti, sempre più feroci in tutta la zona.
Alla fine del 1945 decise di seppellire il fucile, perché quella guerra terribile era finita, perché avevano vinto, perché lui che era stato costretto a sparare per permettere a noi di essere liberi, di vivere una vita senza terrore, di crescere in un paese antifascista, non avrebbe dovuto più usare un’arma.

Ieri, dopo soli 64 anni, dopo le dichiarazioni aberranti del nostro presidente del Consiglio, ci è venuta voglia, per la prima volta, di andare a scavare, sotto il cespuglio di more, per recuperare il fucile.

Non lasciamo che la memoria della nostra storia sia cancellata. Perché, se lasciamo cambiare la storia, se lasciamo che il revisionismo renda gli ideali osceni e sbagliati simili a quelli giusti, se permettiamo al Paese di lasciarsi togliere, nel torpore anestetizzato che ci pervade, anche l’unico pezzo di riscatto che, nella storia recente, ha ottenuto con tanta fatica, avranno vinto loro, quei fascisti che Tarcisio ha combattuto, con fame e freddo, sui monti.

Il privilegio della memoria

“C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L’altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio, finché dopo altri venti o cento o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi. Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l’operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione. Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo.”

Il sentiero dei nidi di ragno, Italo Calvino.

La storia è già stata scritta. A noi il dovere di conservarne giusta memoria.