Dania: Quindi, per mesi sono uscita con un grande bugiardo.
Elena: E perché hai continuato a farlo?
Dania: Perché continuava a dirmi “sei bellissima”.
Dania: Quindi, per mesi sono uscita con un grande bugiardo.
Elena: E perché hai continuato a farlo?
Dania: Perché continuava a dirmi “sei bellissima”.
Quello che ci frega è che abbiamo tutti e due un passato.
Abbiamo vissuto tanto e visto e viaggiato e provato e assaggiato. Abbiamo pianto tutte le lacrime del mondo e goduto e ferito e siamo fuggiti e siamo tornati. Abbiamo seppellito i nostri padri sbagliati, distratti, crudeli e lontani. Abbiamo pianto amici che non ci sono più. Abbiamo detto mille volte ti amo e mille volte è finita. Abbiamo lavorato e fatto cose che ci hanno resi migliori e cose che ci hanno resi brutti e cinici e meschini e piccoli. Abbiamo detto basta e abbiamo detto ancora.
Sono adulta da una vita. Lo sono diventata troppo presto. Succede. E non mi è piaciuto. Non mi è piaciuto perdermi la spensieratezza e il disimpegno e i capricci e i sogni leggeri e stupidi.
Sono adulta da una vita e ho già imparato tanto e sono caduta tante volte e mi sono rialzata quasi sempre e qualche volta sono rimasta a terra ad aspettare, ad ascoltare le voci distratte intorno a me che si allontanavano, a darmi la spinta per riportare le spalle in alto.
Sono la somma di tutte le cose che ho vissuto, di tutte le cose che ho imparato, di tutte quelle che ho dimenticato. Sono l’insieme del bello che ho incontrato, dei sorrisi, delle carezze rubate, dei baci, delle urla disperate, dei silenzi, degli occhi lucidi, degli schiaffi, del dolore.
Quello che ci frega è che abbiamo tutti e due un passato e fantasmi e scheletri e zaini pesanti sulle spalle e parole lasciate in sospeso e bisogni inconfessabili e paure e desideri.
Quello che ci frega è che il passato non possiamo cambiarlo. Non ce la possiamo fare.
Possiamo cambiare il futuro.
Magari ci proviamo domani mattina.
Avevo scritto un pezzo sul lungo inverno e sul mio vizio di parlare con le persone delle sofferenze d’amore, su come ci siano enormi similitudini tra i cuori infranti, su come si diventa tutti uguali con il cuore a pezzi.
Sono originali gli addii, i come, i con, i chi e i quando, ma sono uguali le meschinità, le scuse, le fughe, le lacrime, i ritorni goffi e dolorosi, i silenzi, le scenate, i nodi in gola, i digiuni, i mal di testa, le benzodiazepine.
Stavo per scrivere che non è morto quasi mai nessuno d’amore, ma tutti sono rimasti invalidi e camminano e respirano male, a volte perdono il sonno, si appoggiano ai nuovi amori come bastoni, non sentono più pienamente i sapori, portano dietro pezzi di tutti quelli andati e non li buttano via quando arrivano i successivi.
Poi il sito è andato giù e non ha salvato il lungo pezzo e, mentre aspettavo che tornasse tutto a posto, mi sono messa a leggere, a guardare un film, a cucinare della pasta con un vasetto di ragù preparato da mia sorella, a bere un bicchiere di vino, a guardare la neve dalla finestra, a giocare con il gatto, a ciondolare in questa domenica fredda fredda, di questo lungo inverno che non passa, che non ci ha uccisi, ma ci ha lasciati sentimentalmente invalidi.
E mi è passata la voglia di riscrivere tutto, perché va bene così, quello che manca c’è stato e poi ritornerà, è solo l’inverno che spegne tutto, che copre di ghiaccio, che rallenta il respiro, che toglie la voglia, che annulla l’entusiasmo.
È solo inverno, che poi finisce e poi diventa primavera ed estate. Non possiamo evitarlo. E quello che non possiamo evitare dobbiamo almeno cercare di tollerarlo. Anche quando rompe vorticosamente i coglioni.
Bevo un altro bicchiere di vino, poltrisco un altro po’, provo a postare senza che il sito mi abbandoni, mi vesto e vado ad affrontare la tempesta.
La letteratura e il cinema mi avevano messa in guardia: se superi i trenta e ti ritrovi singol, non farai altro che parlare dei trentenni singol.
Allora mi sono trasferita a Milano, che non ha il fascino di Manhattan, ma vuoi mettere nebbia e Navigli?, e parlo sempre della mia vita da sola, in compagnia del mio gatto e del mio naso che farebbe invidia a una Sarah Jessica Parker pre-chirurgia.
Le donne singol che parlano dei singol hanno tutte storie tormentate e infelici alle spalle, perché lo diceva anche Tom Cruise nei panni del saggio Brian Flanagan, maestro di vita e alcolismo in Cocktail, che “Tutte le storie che finiscono, finiscono male, altrimenti non finirebbero affatto!”, però le donne singol trentenni ridono del loro passato.
Soprattutto ridono degli ex.
Le donne singol trentenni che parlano dei singol si scambiano opinioni sui maschi disponibili e anche su quelli non disponibili, ma facilmente separabili, e sono solidali tra loro, non come le ventenni che si fingono amiche per poi sottrarti l’uomo dalle grinfie, appena possono.
C’è un mondo intero di mele a metà che ignoravo, che mi sembrava così arcano e invece è semplice. E anche divertente. Ci sono le donne singol che cercano gli uomini singol che non vanno mai bene per le donne singol. A Milano ce ne sono molti. Tante fette di mela. Si incastrano a fatica, allora si crea questa rete solidale dove si gioca tutti a incastrarsi tra di noi fino a quando due metà riescono più o meno, spesso meno, a coincidere.
Milano non è Manhattan, c’è molta poco city e anche meno sesso. Se sei selettivo. Altrimenti nessun aperitivo ti lascia potenzialmente a bocca asciutta. Ma noi singol trentenni che parliamo dei singol non ci accontentiamo facilmente. Siamo esigenti. Non la diamo mica al primo che ci offre un bicchiere di vino. No.
Ce ne deve offrire almeno tre.
In questa primavera dovremo sopravvivere al silenzio degli spazi lasciati vuoti, alla stupida malinconia delle occasioni mancate, all’amara dolcezza dei ricordi, alle parole che avremmo dovuto tacere, a quelle che avremmo dovuto dire, alla lunga strada da fare, tenendoci in equilibrio solo sulle nostre due gambe.
In questa primavera siamo pagine bianche che nessuno ha fretta di riempire.
E aspettiamo, bevendo troppi caffè, che il tempo mantenga le sue promesse.
Sono una misantropa che non sa vivere senza le persone, sono una cinica sentimentale, sono una squilibrata perfezionista, sono un’egoista altruista, sono una carnefice buona, sono una pacifista violenta.
Devi avere pazienza con me, lo so.
Però ricordo sempre come bevono il caffè le persone che amo e tu lo prendi macchiato, con il latte freddo.
Te l’ho lasciato sul tavolo, stamattina, insieme alle mie ennesime scuse.
Un amante che, mentre è a letto con te, ti racconta quanto ama sua moglie è gradevole quanto un barista che, mentre ti prepara un panino, ti confessa di avere il catarro.