Sono andata a vedere lo spettacolo di un vecchio caro amico che non incontravo da tanti anni.
Lui era quello di noi – sognatori, rivoluzionari pigri, chiacchieroni, brillanti e arrabbiati – che aveva davvero talento.
È diventato famoso, ha vinto tutti i premi possibili, gira il mondo, da Tokyo a New York, e fa quello che ha sempre desiderato fare.
Ci siamo parlati per pochi minuti prima che si alzasse il sipario e vedendolo così realizzato, così adulto, così diverso da quello che era eppure così tanto uguale, così coerente, così illuminato, così deciso, gli ho chiesto:
«Ma, quindi, sei felice?»
e lui mi ha risposto
«In che senso?».
Allora ho sorriso, l’ho salutato, gli ho detto “tanta merda” e sono andata a sedermi al mio posto.