Circa tre anni fa, quando l’amore sembrava un inevitabile supplizio, e non c’erano più respiri, ma solo sospiri, e le attese non avevano mai fine e non c’erano ritorni, ma solo addii, qualcuno mi disse che un giorno avrei rimpianto la devastante sensazione di sofferenza amorosa. Perché certe emozioni ti riempiono fino all’orlo, ti avvolgono stretto, fino quasi a stritolarti, amplificano ogni tua percezione, ti fanno sentire disgraziatamente così vivo che quasi non riesci a sopportarlo.
In quei momenti sei solo amore, sei solo dolore. Non ci sono bollette da pagare, fatture da incassare, colleghi di lavoro fastidiosi, metropolitane in ritardo, offerte al supermercato, lavatrici da fare, parrucchieri da prenotare. Non c’è piccolezza, pragmatismo, quotidianità. Sei un eroe tragico. Sei puro spirito.
Era un periodo in cui scrivevo tanto. Mandavo segnali. Desideravo buttare fuori tutto il disagio che mi riempiva, tutto il nero, tutto. Era il momento in cui ti trasformi e, se ci riesci, di quel te che eri rimane solo l’ombra, che ti segue o ti precede per la strada.
L’estate è arrivata prima che perdessi quei due chili, prima che progettassi lunghe fughe al mare, prima che iniziassi tutti i progetti che avevo in mente, prima che riprendessi in mano il libro su cui stavo lavorando.
Il tempo è veloce e io sono lucida. C’è tanto lavoro, anche se non quello che avevo immaginato. Ci sono persone nuove, anche se non quelle che avevo cercato. Ci sono le parole da scrivere, anche se non hanno più l’urgenza di una volta.
A ripensarci adesso, mi dico che è stato bello sopravvivere. È stato bello e faticoso ricominciare ancora, e cambiare tutto, e arredare una casa nuova, e cambiare molte volte taglio di capelli, e dimagrire tanto e poi tornare a mangiare di gusto, e conoscere nuove persone, e viaggiare, e cambiare mille lavori, e innamorarmi ancora.
Chissà se la serenità è un traguardo o solo una piazzola di sosta.