Ho passato gran parte della mia vita con un’inspiegabile paura di invecchiare, come se il meglio fosse sempre alle mie spalle e la vita diventasse troppo complicata col crescere dell’età. Eppure, da quando è nato Alessandro, il mio nuovo supereroe è una donna che si avvicina con un’incredibile energia ai settant’anni, nonna Carla, mia madre.
Salta su un treno alla prima richiesta d’aiuto, sempre con il trolley pieno e le scarpe da ginnastica, culla il piccolo (che pesa già 10 kg) per ore, resta sveglia di notte quando i denti non lo fanno dormire, corre al supermercato, sale a piedi le scale di corsa, se l’ascensore è occupato e, mentre cucina/pulisce/parla al telefono/guarda la TV ricuce anche il bottone della camicetta che io ho lasciato sulla sedia nel 2013, pensando “lo faccio dopo”.
Mi chiedo spesso come ho fatto, a diciannove anni, a fare le valigie e ad avere così tanta voglia di andarmene di casa, mentre adesso non vedo l’ora che mamma torni ad accudirmi. Sono convinta che, se avesse abitato nella mia stessa città, i primi mesi della mia maternità sarebbero stati davvero una passeggiata.
In nessun corso preparto e in nessun manuale di puericultura spiegano che per i genitori moderni la vera salvezza sono i nonni. Hanno tempo da dedicare ai bambini, pazienza, esperienza (anche a se a volte tendono a fare di testa loro, con la scusa che “ai miei tempi, si faceva così”) e, cosa che non guasta, hanno spesso l’allegria e la rilassata serenità di chi può godere della pensione, un lusso che a noi, con molta probabilità, non verrà mai concesso.
Inoltre, i nuovi nonni sono lontanissimi dai vecchietti rugosi, canuti e pieni di acciacchi che avevamo in casa già solo due o tre decenni fa. Gli over60 di oggi sono in formissima, tonici, ben vestiti e con la vita mondana così piena da far sentire noi più o meno giovani, tutti divano e Netflix, dei poveri asociali. Li vedi correre al parco, uscire la sera a cena, andare al cinema, a ballare o in viaggio intorno al mondo.
Perché se è vero che i quaranta sono i nuovi trenta, i sessanta sembrano essere i nuovi venti.
La buona notizia è, quindi, che invecchiare non fa più paura.
Secondo una ricerca condotta a settembre da AstraRicerche per conto di Pfizer emerge chiaramente che gli “anziani” (quelli, per intenderci, che hanno diritto alla carta argento e allo sconto nei cinema il pomeriggio) si sentono molto più in forma dei loro coetanei di trent’anni fa e danno priorità assoluta alla salute, prima ancora che all’indipendenza e agli affetti.
Stare bene è la cosa più importante.
Pienz’ a salute è il mantra definitivo.
Eppure, con questo nuovo benessere, il rischio è quello di cominciare a credersi invincibili e sottovalutare l’indebolimento naturale del sistema immunitario, dimenticando che il corpo è purtroppo una macchina delicata. Per esempio, secondo l’Istat, ogni anno in Italia muoiono 9000 persone a causa della polmonite (NOVEMILA, oh! Il triplo della vittime degli incidenti stradali!) e il 96% di queste sono over65. Si sottovaluta il pericolo e si ritiene che mantenersi in buona salute o lavarsi spesso le mani con l’acqua tiepida siano sufficienti a contrastare anche batteri e virus. Si usa il buon senso e si evita di fare prevenzione.
Invecchiare non fa più paura, ma le malattie sì.
Quindi, siccome i nonni sono il nostro vero welfare, facciamo in modo che da veri supereroi non vadano volontariamente incontro alla criptonite. Mandiamoli spesso a fare un controllo dal medico di famiglia. E facciamo tutti più attenzione al nostro prezioso corpo.
Io prometto di salvaguardare la mia schiena, limitando l’uso dei tacchi alti, il piccolo Ale promette di indossare il cappellino quando va a giocare al parco e mia madre, superCarla, promette di informarsi di più e fare prevenzione.
(Vi allego questo video che spiega in maniera simpatica come viene spesso travisato il concetto di prevenzione. Ah, copritevi, che sta iniziando il freddo.)