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L’immensa fortuna di avere una Nonna Natale

Questo sarà il Natale più Natale di sempre.

Dopo dieci lunghi anni passati al caldo in Brasile (ci si stufa anche dell’estate eterna, l’avreste mai detto?), mio fratello Paolo è tornato a vivere in Italia con la famiglia e per la prima volta da un’eternità saremo tutti insieme: il mio piccolo Alessandro, i suoi cuginetti, i miei fratelli, il mio burbero compagno che non ama troppo le festività.
La casa di mia madre, nonna Carla, quella in cui abbiamo tutti vissuto per gli anni che sembravano infiniti del liceo, tornerà a essere affollata e rumorosa.
Lei è indaffaratissima e da giorni organizza i festeggiamenti senza tregua: assegna i posti letto come un direttore d’albergo, pianifica la spesa, immagina varianti esotiche al menu tradizionale per accontentare tutti i palati e invia dozzine di messaggi WhatsApp per accertarsi che tutti abbiano il regalo che desiderano, come la migliore assistente di Babbo Natale.
Tutto questo senza smettere di accudire i nipotini, di nutrire i gatti che ho parcheggiato momentaneamente da lei e di sbrigare tutte le innumerevoli faccende che svolge da quando è in pensione, non rinunciando alle amiche né alla vita mondana.
Non si ferma mai e a volte mi chiedo dove riesca a prendere tutte le sue energie. Perché mia madre c’è sempre per tutti: passa in lavanderia a ritirare il cappotto che hai mandato a smacchiare, ascolta i tuoi sfoghi quando hai problemi sul lavoro, ti porta al ristorante per farti rilassare e ti compila anche la dichiarazione dei redditi (il bello di avere una mamma commercialista!).

Non è un mistero che la generazione over65 sia il vero pilastro del nostro Paese. Senza i nostri nuovi “anziani” saremmo stropicciati, soli, spaventati, senza tempo libero e senza garanti per il mutuo in banca.
I settantenni di oggi riescono a fare praticamente tutto quello che facciamo noi quasi *antenni, con in più la calma e la tranquillità di chi ha tempo ed esperienza.

In missione con Nonna Carla

I miei nonni, poco più di vent’anni fa, erano vecchietti fragili, canuti e pieni di acciacchi, quasi sempre chiusi tra salotto, cucina e chiesa. I nuovi nonni sono tonici, attivi, alla moda e sempre in viaggio. Non si sentono vecchi e non vogliono essere considerati tali, perché sembrano davvero invincibili come supereroi.

Eppure, non più di tre settimane fa, mentre era in visita a Milano per aiutarmi con il bambino, mia madre ha preso uno di quei subdoli malanni da nido che i piccoli portano a casa in quantità, come minuscoli untori. Ci siamo ammalati tutti, ma lei è stata quella che ha patito di più e più a lungo. Perché, per quanto i nostri corpi stiano diventando macchine sempre più efficienti, la malattia ci ricorda che vanno curati con più attenzione quando hanno percorso più chilometri.

Se è vero che i nonni sono i più sintonizzati sui bisogni di tutti i componenti della famiglia, è altrettanto vero che spesso non percepiscono la gravità e i rischi delle malattie che potrebbero colpirli.
Come per esempio la polmonite, di cui ho già scritto (e che non mi stancherò di ripetere), che ogni anno in Italia causa novemila decessi, quasi tutti di persone con più di sessantacinque anni.
NOVEMILA morti.
Il triplo degli incidenti stradali!

Quando si parla di prevenzione, la maggioranza dei coetanei di mia madre è convinta che basti il buon senso per non ammalarsi: lavarsi spesso le mani, indossare la sciarpa sul naso quando fa freddo, mangiare sano, tenersi in forma.
È vero che curare il proprio stile di vita è un ottimo biglietto per guadagnare l’eternità, ma non dobbiamo dimenticare che le malattie non dipendono solo dalla nostra volontà o pigrizia. Parlare con il medico di base, fare controlli periodici, farsi consigliare da lui il miglior metodo di prevenzione è il modo più intelligente (ed efficace) per non avere brutti scherzi.

Falsi miti da combattere

Proprio in questi giorni, Carla (che ha la sfortuna di avere una figlia apprensiva come me) ha prenotato esami e colloqui con il suo dottore.
Diciamo che si è fatta e ci ha fatto un gran regalo.

Noi siamo pronti per il Natale più Natale di sempre.
E ci auguriamo di stare tutti bene, bene, bene.

E voi?

(Vi linko un altro simpatico video che racconta come spesso fraintendiamo il concetto di prevenzione. Mi raccomando, non uscite mai senza guanti!)

La felicità è un esercizio di sottrazione

Ieri era il tuo compleanno, a due giorni dal Natale, e mi è tornata in mente quella sera di cinque anni fa, quando ho deciso di chiudere il capitolo della mia vita che non funzionava più e tu eri lì. Poi ci sono stati terremoti e lacrime, fughe e viaggi in treno, abbracci e sospiri, camere in affitto e tentativi, parole che non hanno funzionato e silenzi troppo efficaci, scelte che hanno fatto male e non scelte che sono state ancora peggio.
Quella sera di cinque anni fa sono corsa via senza una spiegazione ed è uno dei più grandi rimpianti di sempre, perché ora che non ci sei più vorrei tanto ordinare un altro bicchiere di rosso e raccontarti tutto, tutto quello che ti sei persa, tutto quello che ancora resta.
Vorrei dirti che ho imparato a stare a galla, che non sono più in guerra col mondo. Che ho imparato a dire no e a tenere lontane le persone che non vanno, a prendere le decisione giuste, a firmare i contratti senza clausole scritte troppo in piccolo. Ho capito come farla funzionare, la vita che tu amavi più di me, e adesso è tutto chiaro, tutto quasi perfetto. Adesso che ho tolto la rabbia, l’ansia da prestazione, la paura di fallire, la sensazione di non essere all’altezza. Adesso che ho tolto le ipocrisie dalle amicizie, le insoddisfazioni dal lavoro, i tentennamenti dall’amore, adesso è tutto più facile.

La felicità è un esercizio di sottrazione.

E quando tutto diventa più semplice, quando ti spogli dalle corazze, quando ti svuoti da tutti i pensieri che tieni dentro e non vuoi esprimere mai, quando spieghi le tue ragioni fino all’ultima sillaba, quando provi fino all’ultimo alito di fiato, allora tutto va come deve andare. Ed è bello. E si sta bene.

Quella sera del tuo compleanno di cinque anni fa non potevo saperlo, che un giorno sarei stata felice. Vorrei potertelo dire adesso. Vorrei che potessimo riderne insieme. Vorrei poterti abbracciare e confessare “Axi, avevi ragione”.

Tu non ci sei più, ma molto resta ancora ed è stato un anno bello, il primo di sempre senza aver paura, e so che molti altri verranno e io non fuggirò più via e li affronterò ridendo, come avresti fatto tu.

Il rosso in tour

Domani (13 dicembre) alle 18, mi trovate al Fashion Camp – Christmas Edition, in via Asti 17 a Milano, per una bellerrima presentazione di A noi donne piace il rosso, accompagnata dagli smalti rossi rossi di TNS in omaggio per tutte e seguita da allegro brindisi.

A noi donne piace il rosso

Il 19 dicembre sarò alla Mokeria di Porto Sant’Elpidio, per chiacchierare di vino, amore e donne e per firmare copie.
C’è sempre un brindisi.
Che fai, non vieni?

E se non avessi ancora letto il libro, puoi correre in libreria o comprarlo qui (anche in ebook).

Regalalo a tutte le tue amiche a Natale: crea dipendenza, ma di quella buona!

Update del 15 dicembre: l’evento marchigiano è stato annullato. Il 19 mi trovi a Padova, in piazza a bere prosecco.

A Natale voglio fare cose belle

Prima era la riunione di famiglia. Tutti i fratelli di mamma che tornavano a Napoli, i divaniletto sempre aperti, le brandine in salotto, i cugini in pigiama tutto il giorno, l’odore delle arance e dei mandarini, i carciofi fritti nascosti per evitare che fossero spazzolati via prima di pranzo e poi dimenticati in una credenza e tirati fuori solo la sera. C’erano gli struffoli, che ognuna diceva di fare meglio dell’altra, la cassata siciliana gigante che mandava l’amico di zio Guido, c’erano gli zampognari, i lavoretti fatti col DAS a scuola, l’insalata di rinforzo, le telefonate interurbane da pochissimi minuti per fare gli auguri a chi non era potuto venire. C’era la messa di mezzanotte, tutti pigiati a sbadigliare sulle panche, nel freddo della chiesetta di via Fonseca; c’era la carta da regali, i vestiti nuovi che potevi indossare per la prima volta, la tombola con i ceci che segnavano le caselle, il mercante in fiera, noci, nocelle e castagne infornate, Il piccolo Lord, le poesie in piedi sopra la sedia, nonno che ci convocava uno alla volta e ci regala qualche diecimila lire.

Poi è arrivata, violenta e ribelle, l’epoca dei viaggi, dei vent’anni, delle mete lontane, dei sapori esotici, degli amici, del mangiare meno e bere di più, dei pochissimi regali, quasi sempre libri che avresti amato tutta la vita. Il momento in cui non c’è più magia perché non c’è religione e quindi va bene essere ovunque, purché non qui, purché insieme, noi che saremo compagni di avventure per sempre e poi invece ti persi di vista, per un malinteso, per un bacio di troppo o per uno mai dato.

Cambi città, amici, fidanzati, mariti, lavoro, stipendio, gusti, dieta, taglia.
Per tanti anni non fai l’albero, non addobbi, accetti inviti a casa di sconosciuti, perché “da sola pare brutto”, stai bene, non ti interessa, non sopporti l’odore di fritto, vuoi dormire, perché lavori sempre troppo, eviti i cinema affollatissimi il 25 pomeriggio, scambi regalini con le colleghe solo perché se l’aspettano.

All’improvviso ritorna.
La voglia di Natale.

Sarà per colpa dei nipotini, degli anni che ti fanno venire nostalgia di casa, dei tuoi parenti che invecchiano e vorresti vedere di più, degli amici che come te sono stanchi di aperitivi, del desiderio che non avevi mai avuto, e che adesso non riesci ad allontanare, di cucinare biscotti.

Questo Natale voglio fare cose belle.

Voglio confezionare io i pacchetti regalo e non farlo fare alle addette nei negozi.
Voglio comprare la migliore cioccolata da offrire a chiunque passi per casa.
Voglio ascoltare gli aneddoti di mia madre, per la milionesima volta, e ridere ancora insieme a lei.
Voglio mandare gli auguri con i biglietti cartacei, con i francobolli.
Voglio telefonare e non scrivere su WhatsApp.
Voglio preparare i dolci per il pranzo e per tutti i pasti a seguire.
Voglio cucinare le lasagne con mia sorella.
Voglio vestirmi di rosso.
Voglio sorridere e ridere moltissimo.
Voglio fare tante foto con amici e parenti senza postarle sui Social Network.
Voglio iniziare a pranzare senza fotografare il piatto.
Voglio mangiare tutto senza dire mai che sono grassa.
Voglio addormentarmi sul divano dopo i pasti e dormire senza mettere la sveglia.
Voglio aprire le bottiglie di vino migliori e berle con gli amici.
Voglio ascoltare le canzoncine sceme di Natale.
Voglio passare il giorno di Santo Stefano insieme a lui, per una maratona di Twin Peaks.
Voglio rivedere Una poltrona per due.
Voglio mandare dei baci a mio nipote in Brasile via webcam.
Voglio essere felice.

La tecnica EKTORP: fagli montare i tuoi mobili IKEA

Nessun luogo mette più a dura prova una coppia moderna dell’IKEA.

Solo le coppie che sopravvivono indenni a tutto il percorso tra le varie combinazioni di camere, camerette, bagni, tra il ristorante e la zona bambini, tra le scatole, i piatti, i bicchieri, le lampade, le piante, le corsie dei magazzini, le casse automatiche, gli hot dog e il caffè svedese (che paghi con lo sconto e che, altrove, non berresti nemmeno se ti pagassero per farlo), possono sperare di avere davvero un futuro insieme.
Alcune si lasciano subito, nella zona divani, altre non superano gli armadi. Alcuni uomini si nascondono tra le colonne di tappeti per piangere lacrime amare, mentre molte donne vengono abbandonate, ogni giorno, negli enormi parcheggi, con i loro sacchetti blu colmi di cornici e candele profumate.
Ingvar Kamprad, fondatore dell’azienda svedese, non avrebbe mai immaginato, nel suo villaggio nello Småland, che il suo negozio di mobili a basso costo sarebbe diventato il più grande spazio di psicoterapia di coppia del mondo.
Quando decidiamo, di comune accordo o dietro esplicita minaccia, di fare una gita all’IKEA, sappiamo di doverci munire di tanta pazienza, scarpe comode, una lista di quello che ci è davvero indispensabile comprare, lo stomaco pieno per non lasciarci tentare dalle ennesime polpette assassine, e sangue freddo per non cadere in nessuna provocazione fatta da lui.
Essere trascinato controvoglia all’IKEA, soprattutto con la scusa della sua forza fisica, indispensabile per caricare e scaricare l’auto, è già un ottimo motivo di sofferenza per il nostro compagno.
A questo va aggiunto che, quando si è in coppia, il montaggio dei mobili comprati nel grande magazzino svedese spetta, per tradizione, all’uomo.
Con l’alibi della nostra scarsa propensione al bricolage, della manicure che rischia di rovinarsi, della nostra eccessiva magrezza o della nostra avversione per il cacciavite o il trapano, possiamo convincere facilmente un maschio che il mestiere di montare librerie Billy è suo.
Se dovesse opporre resistenza, potremmo provare a convincerlo con qualche smanceria, ricordandogli quanto è stato bravo nel fissare le mensole alla parete (anche se sono tutte storte) o nell’assemblare gli altri mobili a basso costo che abbiamo disseminato per la casa.
Appena cederà al suo ineluttabile destino di montatore, non lo lasceremo da solo a soffrire tra martelli, brugole, viti e tasselli di legno, ma gli faremo compagnia per criticare il suo lavoro e azzardare l’ipotesi che stia eseguendo le operazioni sbagliate.
Gli uomini hanno una profonda avversione per i manuali di istruzioni e, pur di non essere costretti a seguire le regole, cercano sempre di trovare qualche scorciatoia per finire un lavoro “a intuito“. E ogni volta che si affidano al loro intuito, sbagliano.
Il montaggio dei mobili IKEA è un’esperienza faticosa per il maschio, che deve seguire le regole, sottoporsi al nostro controllo serrato e utilizzare tutti i pezzi contenuti nella scatola.
Ogni volta che, a lavoro finito, avanzerà una vite, lui saprà di aver fallito e di meritare, anche se per poco, il nostro sarcasmo ormai allenato.

Quello sopra è il modo 45 dei “101 modi per far soffrire gli uomini“. Volevo condividerlo con voi, prima di passare il pomeriggio del 23 dicembre all’IKEA con l’uomo (trasferta che potrebbe costarmi la vita).
Il libro è un ottimo regalo di Natale, pieno di utili consigli e – oh! – costa solo 5 euro! Lo trovate in tutte le librerie e in ebook.
Fossi in voi, lo prenderei per tutte le vostre amiche (e anche per qualche amico).

BUON NATALE!

101 modi per far soffrire gli uomini

Questo Natale

Non sento più la magia.

L’ho persa negli anni, tra le calorie accumulate, i chilometri, i pacchetti fatti con la carta riciclata da regali precedenti, le telefonate a cui non vorresti rispondere e quelle che desideri e non arrivano mai, i pomeriggi sonnolenti, mentre la digestione fatica, il caldo dei termosifoni accesi che appanna le finestre dall’interno.

Non sento più la magia e se potessi dormire tutto il giorno e restare in pigiama a guardare telefilm e spegnere il cellulare e stare in silenzio e aprire il frigo e poi richiuderlo e mangiare solo dolci e bere caffè e caffè e caffè, se potessi farlo, lo farei.

Invece mi sforzo di uscire e di stare in compagnia. Spendo gli ultimi spiccioli per i regali, solo per vedere sorrisi sulle facce che amo. Mi siedo a tavola e mi riempio di fritti e bolliti e arrosti e panettoni. Accendo skype e saluto mio fratello dall’altro lato del mondo. Rileggo i tuoi vecchi sms, perché non ne arriveranno di nuovi, faccio il conto alla rovescia per il mio compleanno, guardo le rughe sul viso di mia madre e mi sento, per poco e completamente, a casa.

E questo mi basta

Se avessero ragione loro, i Maya, e domani finisse davvero tutto, il mondo e tutta, tutta la vita, non mi dispiacerebbe poi tanto.

Perché sono piena di debiti che non vorrei saldare.

Perché sono senza lavoro e non mi piace lavorare.

Perché devo pulire casa e detesto fare la massaia.

Perché non ho voglia di farmi la ceretta.

Perché odio le feste e non ho comprato i regali di Natale.

Perché non voglio vedere gli italiani votare di nuovo un uomo di merda.

Perché sono stanca di invecchiare.

Perché ti ho detto “sono innamorata di te” e tu hai risposto “anch’io”. E questo mi basta.

Frohe Weihnachten

La dottoressa e l‘architetto sono in partenza per trascorrere il santo Natale a Berlino.

Dal momento che gli inverni tedeschi sembrano essere più rigidi di quelli italiani, seguiremo il consiglio del più brillante amministratore delegato degli ultimi 150 anni e porteremo da casa coperte e panini per tutta la durata del viaggio.

Il rientro è previsto per il 28 dicembre, ma se dovessimo prolungare il nostro soggiorno non veniteci a cercare.

Buone feste a tutti!