Ogni tanto, i miei monologhi interiori si trasformano in dialoghi.
Succede mentre cammino ascoltando la musica che mi fa bene e quella che mi fa male, mentre sono seduta sul divano, in silenzio, mentre mi sveglio di notte, all’improvviso, con il respiro affannato, mentre sono distrattamente in compagnia, mentre prendo il treno per farmi dire le faremo sapere, mentre sono seduta sull’erba a un concerto.
I dialoghi interiori hanno parole perfette e se non sono perfette basta solo ripeterli, cambiando un sì in un no, un no in un forse, un forse in un mi manchi, un mi manchi in un sorriso.
Nei miei dialoghi interiori a volte mi dico cose che non vorrei sentirmi dire, ma di cui ho bisogno, per allontanare il dolore atroce dei silenzi, il vuoto degli addii senza sguardi.
Nei miei dialoghi interiori a volte parlo con te e mi accorgo che quasi non ricordo la tua voce e penso che va bene così, perché nei dialoghi interiori non ci sei, ma parlo con me stessa, con l’io che aspetta e non si rassegna, con l’io che non dimentica e non riesce mai a dormire.
E parlo con me stessa, che sei tu e sono tanti altri che non ci sono più, e ogni volta dico quello che avrei voluto dire e non ho potuto, quello che avrei potuto dire e non ho voluto, quello che mi succede e tu non saprai mai e va bene così.
Va bene così.