INGRESSO 15 EURO

Dubbi dei non addetti ai lavori

Se il 70 % delle opere esposte alla Biennale d’Arte di Venezia sono video, perché distinguerla dalla Biennale Cinema?
E, soprattutto, ha ancora senso un catalogo cartaceo?

42 commenti su “INGRESSO 15 EURO”

  1. con l’aggravante che chi s’arroga il diritto di fare video arrivando dall’arte e’ sempre indietro una ventina d’anni. un po’ come quei panettieri che producono anche pasticcini.

  2. “Il fotografo statunitense Sante D’Orazio ha dedicato una mostra fotografica all’attrice Pamela Anderson, definita “un’icona americana”. Le foto sono alla Haus del Kultur di Monaco; la mostra fa parte del Festival delle Arti “Open Art”, che dura fino al 15 settembre.”

    Il catalogo cartaceo e’ assolutamente ancora necessario.

  3. soprattutto, ha ancora senso un catalogo cartaceo?

    Risposta: si! 😀

    Se vogliamo metterla sul piano serio (che non mi si addice :P), aggiungo che un catalogo di una mostra offre anche la possibilita’ di dimostrare la paternita’ di un’opera – cosa non disprezzabile nell’epoca del copyright e del copyleft selvaggio. 😉

  4. Per un’arte che si smaterializza sempre più i cataloghi diventano romantici tentativi di razionalizzare ciò che la ragione non ha partorito.

  5. #1

    indietro rispetto a che cosa ?

    se i pasticcini del panettiere sono ottimi che differenza fa ?

    qual’è il punto rispetto al quale si è avanti o indietro ?

    Non conosco una definizione che riesca a spiegare con certezza il concetto di arte, ma sono sicuro che possieda, tra le altre, la qualità dell’ “immortalità”, di potere spaziare in tutte le dimensioni fuorchè quella del tempo, che le è del tutto estranea.

    Il vero punto è che di vera arte ne esiste molto, molto poca. Sono quelle finestre attraverso le quali in ogni circostanza la mente di chiunque si perde annichilita e impotente di fronte alla forza di una “visione” che sconfina dal proprio piccolo, misero immaginario.

    Il resto, cioè moltissimo, è paccottaglia confezionata e servita al ritmo di un “fast-food” che entra nell’oblio alla velocità dell’afflosciamento delle patatine del mcdonald. l’orinatoio esposto nella sala, che è “avanti”, ma che ci costringe a trattenere la pipì fino a casa perchè abbiamo paura, entrando nel bagno del museo, di

    fare la figura degli ignoranti di fronte ad un “opera d’arte”.(forse ho scambiato il bagno con un magazzino ?).

    Continuiamo a stampare i cataloghi, ma compriamo solo quelli che ci toccano dentro , quelli che ci convincono, chiusi nella scatola del tempo, di avere conquistato un piccolo pezzo di immortalità.

  6. Commento toccante, ma fuori luogo. Alla Biennale, tra le molte opere video, ci sono veri e propri cortometraggi, non proprio brevi, che obbligano il fruitore a sedersi e a fissare lo schermo (magari restando anche dopo la fine per vederlo ripartire, non avendo un orario di programmazione). Cosa distingue questi (non parlo di tutte le opere multimediali, ma dei corti) dalla cinematografia?

    Il costoso catalogo pieno di fotogrammi è poi la sciccheria :)

  7. Che sublime poesia, l’arte immortale in cui annichilirsi impotenti di fronte al suo cospetto.

    Devo ammettere che neppure Baudelaire sotto gli effetti dell’oppio potrebbe tanto.

    L’arte che puo’ “spaziare in tutte le dimensioni fuorchè quella del tempo, che le è del tutto estranea” è davvero l’apice orgasmico di un eunuco.

    Mi scuso con la tenutaria del Blog, ma non resisto alla tentazione di chiedere al simpatico Anonimo qualche esempio.

  8. A prescindere dal fatto che uno possa gradire o meno l’opera di qualche sedicente creativo artistoide di Poggibonsi, chi si puo’ arrogare il diritto di stabilire che cosa sia e cosa non sia arte? Di certo la crosta che teniamo attaccata in soggiorno non sara’ un Caravaggio, ma ci offre cmq una visione soggettiva di un creativo (seppur di scarsi mezzi). Diffido sempre da chi banalizza la definizione di arte.

    Anche la nostra blogger-biancaneve, che dimentica che l’arte si avvale sempre degli strumenti del proprio tempo: oggi abbiamo le videocamere digitali ad alta definizione, Gauguin c’aveva pennello, tele, tempere e tahitiane…

    A mio avviso, la distinzione dalla cinematografia e’ banalmente riducibile alle intenzioni di chi crea: non un cortometraggio, ma una installazione animata – la cui asincronicita’ con l’arrivo del visitatore mi sembra una delle cose piu’ stimolanti dal punto di vista concettuale. Esiste, si muove, va avanti anche senza che lo spettatore sia presente: in un certo senso, e’ come se fosse *realmente* animata.

    My 2 €cent. 😛

  9. L’arredamento dei tinelli lo lascio molto volentieri ai leggittimi proprietari.

    L’uso dei nuovi mezzi quali: videoarte, arte programmata, arte povera e processuale, body art, performances, arte “fotografica”, videoarte … rende quanto meno anacronistico la produzione di un catalogo cartaceo.

    Considerare l’arte senza i suoi fruitori è come fare sesso senza organi genitali; non c’e’ rapporto, altro che stimolo concettuale!

  10. un antico proverbio indiano recita : “se qualcuno vi indica con il dito la luna, osservate la luna e non il dito”

    buone riflessioni a tutti

  11. Perche’ rende anacronistico ogni stimolo cartaceo? Paradossalmente si potrebbe anche dire che rende anacronistica la produzione artistica precedente? Non vedo perche’ un mezzo moderno debba mandare in pensione un mezzo piu’ antico.

    Mi torna in mente le storie che si facevano agli inizi degli anni ’90, quando gli analisti predicavano che negli uffici sarebbero spariti i documenti cartacei in favore di piu’ moderne tecniche di archiviazione digitale. Dopo 10 anni, la carta continua ad essere onnipresente e non ha nessuna voglia di sloggiare…

    Io non ho detto che l’installazione animata non debba tener conto dei suoi fruitori, dico invece che il suo continuo divenire rende possibile la trasmissione del concetto di “vita”.

    Penso alla prima opera famosa che mi viene in mente. Cappella Sistina, la Creazione: Michelangelo rende in modo mirabile la tensione del movimento di Adamo che avvicina la sua mano a quella di Dio. Lo strumento video permette di semplificare il passaggio interpretativo indiretto, e di mostrare letteralmente il movimento. Lo scopo dell’installazione non e’ quello di raccontare una storia (almeno non necessariamente), ma di trasmettere una sensazione.

    Facciamo solo attenzione a non infiammare di polemica questo blog! 😉

  12. Non è anacronistico ogni stimolo cartaceo, ma solo il catalogo cartaceo (che non è un’opera d’arte).

    Se, per assurdo, michelangelo avesse rappresentato la “Crazione di Adamo” con un video, chissà quale fotogramma sarebbe stato scelto per rappresentarlo sui cataloghi, in un pavido tentativo di evidenziare quella distanza critica tra le loro dita che rappresenta la sensazione della tensione vitale divina.

    Facciamo attenzione a leggere correttamente i commenti di questo blog per non infiammarlo di polemiche 😉

  13. Hai ragione, ho scritto “stimolo cartaceo” perche’ pensavo alla tua ultima frase – e non c’entra nulla! 😛 😀

    Ripeto: per me il catalogo ha sempre avuto la funzione di “guida”, di archivio. Percio’ non vedo che problema ci sia ad utilizzarlo ancora, anche per installazioni animate. :)

  14. Suggerisco a Dania un’ulteriore banalità (il commento più frequente alla biennale) così poi siamo a posto: “Ma questa è arte? Ma questa cosa sono capace di farla anch’io”

    Povero Beyus e poveri noi..

  15. Caro anonimo con difficoltà di comprensione del testo,

    non ho mai azzardato nessuna critica alla qualità delle opere esposte.

    Solo qualche dubbio sulla tecnica e sulla sua classificazione.

    Quanto al commento più frequente alla Biennale (che forse non frequenti da qualche paio di anni) è “Cazzo, 15 euro!! Non era meglio andare al Lido?”

  16. Difficoltà di comprensione del testo? Mah! Mi riferivo all’interrogativo del post iniziale (lo riporto, così ti è più chiaro) “Se il 70 % delle opere esposte alla Biennale d’Arte di Venezia sono video, perché distinguerla dalla Biennale Cinema?”

    Non commento ulteriormente che è meglio. D’altro canto se la Parietti commentava di politica è ggiusto che Dania commenti di cinema, d’arte, di quello che vuole lei. Un culo da diritto a tutto, oggigiorno.

  17. Perché è come spiegare un orgasmo con un disegno :)

    Mi riesce benissimo. 😀

    Forse devo propormi per il catalogo della prossima biennale! 😛

  18. Sostenere che la definizione di arte sia una banalità significherebbe disprezzare il lavoro di Joseph Bauys, uno dei primi a dire che “Il silenzio di Marcel Duchamp è sopravalutato”. Lo stesso dadaista si prese gioco della commissione esaminatrice inviando un orinatoio con uno pseudonimo.

    Alcuni artisti della biennale pongono una domanda molto semplice:

    Se questo lo sai fare anche tu perchè non esponi in un museo ?

    Meglio dirottare la gente verso altri Lidi ed arroccarsi in aristocratiche posizioni?

  19. Tanto per dire, “dadevoti”, io adoro Beyus. Se non fosse stramorto direi che lo amo di un’amore quasi carnale, beh forse lo posso dire lo stesso, tanto che mi frega di passare per necrofilo. In ogni caso, riguardo al mio commento che tirava in ballo Beyus, intendevo sottolineare il valore della dimensione concettuale del fare arte. E dunque del video come “traccia” dell’opera d’arte e non come “prodotto d’arte”. A questo aggiungo che anche sul piano linguistico non è che si possa assimilare il video al cinema per il solo fatto che “si vede”. Il cinema funziona attraverso codici comunicativi piuttosto standardizzati che raramente (per fortuna) si ritrovano nel video. Ok, finito il trattatelo. Chiedo pardon a Dania, ma che cosa vuoi farci, quando mi viene mi viene.

  20. Approfitto pure io dell’ospitalità della tenutaria, non per polemica ma per puro piacere dialettico.

    Scopro che, grazie ad una “banale” provocazione del post, la videoarte non è un prodotto d’arte, ma una traccia dell’opera d’arte.

    Qualcun’altro a detto che l’ambiente in cui viene posta l’opera ne condiziona il significato, che succede se prendo un corto della biennale cinema e all’insaputa di tutti lo espongo alla biennale arte tra altri 200 video ?

    A me viene di rado e quando viene perchè fermarsi ?

  21. Caro anonimo,

    commento di arte, cinema e altro solo perché ne sono una grande friutrice, senza mai nascondere di essere un non adetta ai lavori (tu del resto, che fai?).

    Quanto al culo, suppongo lo abbiano tutti gli esseri umani, cosa che non si può dire del cervello.

    La Biennale è aperta a tutti, anche a chi non si è diplomato all’accademia (e per fortuna). Il tuo discorso da aristocrazia artistica mi ricorda il recente Battiato che, fischiato alla mostra del cinema, commenta inacidito che il suo film è solo per veri cinefili.

    Allora, perché presentarlo al vasto pubblico della Biennale cinema, tra cui spiccano casalinghe e odontotecnici?

  22. Rieccomi, Dadevoti, sempre approfittando dell’ospitalità di Dania, per riprendere le divagazioni sulla videoarte. Riguardo alla questione della “traccia” in effetti hai ragione a polemizzare con me. Sarebbe stato più corretto dire che storicamente la videoarte è nata nel quadro del performativo e del concettuale ma che poi ha acquisito una sua autonomia formale che ne fa oggi qualcosa di più e di diverso da una mera “traccia”, ma che cosa vuoi farci, ieri mi giravano un pochino le palle e così scorcia che ti scorcia è finita che ho un po’ semplificato. Riguardo poi alla tua domanda (collocare un corto alla biennale arte) ribadisco che in generale, a parte alcune eccezioni (for example, tanto per stare nel tuo mondo, “smoking-no smoking” di Alain Resnais), la struttura di un lavoro cinematografico, che sia lungo o corto, è codificata in modo piuttosto preciso (turning point, mid point, ecc.) al contrario di quanto avviene nella videoarte dove sia i codici che le strutture sono molti diversi tra loro. Ecco, io penso che alla fine sia questa differenza linguistica a pesare, non tanto il contesto nel quale il lavoro si colloca. (hai visto che serio, stamattina? Ok, vado a fumarmi una paglia. Saluti)

  23. Per Dania:

    mica detto che non devi commentare, ci mancherebbe, questa è casa tua e fai quello che vuoi (anche se fosse casa mia sarebbe giusto tu facessi quello che vuoi, ovvio anche questo) Commenta, commenta.

  24. Mi piace questa sicurezza nel credere che siano solo i codici linguistici a definire un’opera d’arte, ma gli stessi concettuali hanno dimostrato che il luogo, con il suo “genius loci”, definisce in parte e a volte totalmente l’opera d’arte.

    Antesignani sono gli object trouvé di dadaista memoria, per arrivare al più contemporaneo Vezzoli che utilizza proprio i canoni linguistici tipici dei film hollywoodiani per presentare la sua opera alla Biennale Arte, se fosse stata presentata alla Biennale Cinema il suo significato sarebbe stato assai diverso.

    In sostanza penso che il luogo in cui si palesa un’opera ha un’influenza spesso determinante sul suo significato.

    P.S.

    Ora che siamo amiconi potresti palesarti?

  25. Se è per questo ci sono anche luoghi che non sono separabili dall’opera, che sono essi stessi opera. radice dell’opera, natura dell’opera (mi viene in mente olivestone di beuys ma si potrebbe dire di moltissimi altri lavori). Comunque sia mi chiamo Luca e, tanto per dire, sono un fumatore accanito.

    p.s. a chi interessano queste storie, ed a Dadevoti in particolare, segnalo che sabato e domenica ci sono alcuni interventi di land art sul tagliamento nell’ambito di “trame”, un’iniziativa promossa dal wwf friuli venezia giulia(tra parentesi, detesto ambientalisti e wwf, sono un fan invece degli inquinatori, lo so che non vi cambia la vita saperlo). Forse alcune cose non sono male, non garantisco, non ci sono mai stato, ho solo visto l’invito e mi ha fatto un po’ voglia, si sa mai che ci vada (se Lacan, il cane di mia figlia, non fa troppo casino).

  26. Sabato e domenica sono a Mantova per il festival di letteratura, sempre che lei, caro Luca, ritenga plausibile che una donna dal bel culo sia autorizzata a presenziarvi.

    P.s. Scusa, ma trovo di un patetico allucinante la tua presa di posizione sulla bella donna che parla d’arte “D’altro canto se la Parietti commentava di politica è ggiusto che Dania commenti di cinema, d’arte, di quello che vuole lei. Un culo da diritto a tutto, oggigiorno”. Sei di quelli che sostengono che la politica ideale sia Rosy Bindi ?

    P.p.s non da :)

    :-)

  27. Permesso accordato, vai a Mantova e facci fare bella figura, sempre che sia vero che sei una bella donna e che hai un bel culo (la biancaneve qui a fianco non è male, ad esempio, anche se è un po’ in carne per i miei gusti), non ne sono mica sicuro. In ogni caso, al di la del mio sarcasmo e del tuo sarcasmo, l’obiezione si riferiva all’assimilazione video-cinema che, perdonami se lo ripeto, ho trovato un po’ una cazzata, detta da rosi bindi o dalla parietti o da te è uguale.

    p.s. che cosa vai cercando a mantova?

  28. Un suggerimento, Dania. Togli “allucinante” dal vocabolario, non credo sia ancora vintage, è un termine che usava la generazione precedente alla mia, roba da cinquantenni, per intenderci. Ti da un’aria blasè che non ti si addice.

  29. Un ulteriore suggerimento potrebbe essere mettere qualche accento quando occorre “In ogni caso, al di là del mio sarcasmo e del tuo sarcasmo…” :-)

    La perplessità su video-cinema nasce dal fatto che, come ho già detto, alla Biennale, che non hai visto, molti videomakers hanno utillizzato lo stesso codice linguistico del cinema.

    Dura fino a Novembre, facci un salto.

    P.s. costa 15 euro!

  30. Oh, vivadio, finalmente si è capito il motivo della tua critica. Brava, stavolta ti sei spiegata bene.

  31. Sei venale, Dania? Lo avevi già detto che costa 15 euro…

    Luca

    p.s. pardon per aver dimenticato di firmare i post sopra, ma quando non mi viene non mi viene

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