Da anni, ogni tanto, qualcuno grida da qualche pagina di blog che i blog sono morti e, all’improvviso, tutti noi sperperatori di tempo e byte ci sentiamo in dovere di pregare per l’anima dei nostri diari virtuali.
I blog che parlano di blog non sono affascinanti come i libri che parlano di libri, come i film che parlano di film.
Questi diari sono solo posti in cui siamo arrivati perché volevamo dire qualcosa.
C’è chi ha detto tutto, chi ha preferito continuare a dire sui social network, chi si è accorto di non avere un cazzo da dire o di non avere più voglia di dirlo.
C’è chi rimane, perché non riesce a farne a meno, perché gli strumenti nuovi, i facebook, i twitter, i friendfeed, sono più conversazione e meno riflessione, perché ha voglia di scrivere senza essere fagocitato dalla serendipity, perché l’archivio dei suoi post gli ricorda dove è stato e dove sta andando.
Un paio di anni fa avevo pensato di uccidere il blog.
E poi non l’ho fatto.
Ho passato quasi otto anni della mia vita tra queste pagine e non saprei come si fa a tornare a vivere senza rielaborare i monologhi interiori in forma di post.
Dopo quasi otto anni il mio blog è cambiato, sono cambiata io, sono cambiati i tempi, le idee, le percezioni, le ambizioni, i ritmi, le persone, gli spazi, i lettori, il personaggio, le parole.
Dopo quasi otto anni il mio blog è diventato il posto delle cose non urlate, il posto dove mi sono accorta che c’è una crasi perfetta tra Dania e Daniela.
Un giorno non avrò più niente da dire e dirmi e spegnerò la luce anch’io e di tutto quello che è stato scritto non saprò cosa fare.
Quel giorno credo che mi sbronzerò.
Ma sbronziamoci già da ora, perdio! Così poi i postumi li elaboriamo sui nostri blog.
Quel giorno potresti anche lasciare la luce accesa per sempre ad imperitura memoria, non si sa mai le generazioni future possano scoprire quanto ci piaceva parlare di noi e delle nostre sensazioni
Ti prego dania non lo fare credo che se di spegni tu ci spegnano tutti ciao un tuo anonimo ammiratore
poi atti un profilo su second life e ricomincia il ciclo.
Sono d’accordo con Encrenoire. Il vino posso portarlo io.
Bruno e Nello da Montalcino brindano “Ah!se durasse!
Ti e’ scappato “da” al posto di “tra” Dania e Daniela, Dania. ciao.kiss
“Questi diari sono solo posti in cui siamo arrivati perché volevamo dire qualcosa.”
Mi ha colpito: voler dire una cosa non è sinonimo di sapere qualcosa. “Non è ciò che sai, ma quando lo sai. Non è quanto sai, ma come puoi usare ciò che sai. Non è ciò che pensi di sapere, ma ciò che sai veramente”.Le parole sono sempre e solo parole, a meno che non trasportino una vibrazione di fondo che appartiene al cuore. Scusa l’intromissione e se posso aver dato l’impressione di un atto presuntuoso.
Nessuno ci obbliga a sapere qualcosa per usare un blog. Lo stesso dicasi per i social network. L’unica linea editoriale che c’è la scegliamo noi. È questo che li rende belli e, a volte, superflui.
Si scrive perché si presume di voler dire qualcosa, altrimenti perché farlo? . L’unica reale differenza è se quel qualcosa è in grado di sollevarci un pochino più in alto rispetto a quello che siamo.In fondo è facile scoprirlo: se quello che scrivo, nel tempo che passa, apre qualche spiraglio in più sul mio mondo interiore, allora ne è valsa la pena. I pensieri tendono a rimanere sempre gli stessi, non così la percezione.
Si scrive perché si ha voglia di dire, ma non si pretende di sapere qualcosa più degli altri.
È una presunzione stupida.
Tra l’altro, scrivere in questi spazi è così gratuito che non fa nemmeno differenza perché inizi.
Si! Mi affascina il mondo delle parole ma soprattutto cosa si cela dietro esse. Guardare oltre le righe o tra gli spazi tra le parole, è questa la differenza. Non è saper dire una cosa ma quanto essa mi appartiene. Il giorno che non si ha più niente da dire è quello in cui di niente si ha più bisogno. Morto prima di morire, vuoto come una brocca senza acqua, ma libero di essere riempito. Lo spazio è il tuo ed io mi sono permesso di occupare alcune righe, ma è perché twitter tra i suggerimenti su chi seguire, mi rimanda di continuo al tuo spazio. Lieto però di aver visitato il tuo blog. Cordialmente
scusa ma stavolta hai scritto un post retorico e scontato .e’ ovvio che quando non avrai piu’ nulla da dire o da voler convividere, sarai oofline.
e allora?
Volevo raccontare solo il mio punto di vista sulla morte del blog. Per me è stupido parlare di fenomeno, perché non siamo mai stati un movimento. Proprio in virtù del fatto che se scrivi, lo fai solo perché ti va di farlo.
Non capisco che retorica ci possa essere in un post personale.
tieni duro