In treno, gli avvocati parlano di lavoro, i commerciali di soldi, gli impiegati di politica, gli studenti di telefonini, i professori di cinema, gli operai di automobili, i pensionati di calcio.
La figa è un argomento decisamente fuori moda.
In treno, gli avvocati parlano di lavoro, i commerciali di soldi, gli impiegati di politica, gli studenti di telefonini, i professori di cinema, gli operai di automobili, i pensionati di calcio.
La figa è un argomento decisamente fuori moda.
“A causa dell’agitazione sindacale del personale della società incaricata, oggi il servizio di pulizia a bordo dei treni potrebbe non essere garantito.”
Non vedo l’ora di ascoltare le altre 364 scuse.
Vorrei che i responsabili della gestione delle Ferrovie dello Stato fossero colti da un malore, fulmineo e insopportabile, la mattina appena svegli; che l’ambulanza arrivasse in ritardo, già strapiena e sporca; che fossero caricati in piedi, aggrappati ai finestrini e viaggiassero, in direzione dell’ospedale, a passo d’uomo, nonostante la strada libera. Vorrei che l’ambulanza si fermasse a 500 metri dall’ospedale, inspiegabilmente, per lunghi quarti d’ora, e che fossero costretti a rimanere a bordo fino all’apertura delle porte, esattamente davanti al portone d’ingresso. Vorrei che fossero caricati su un barella rivestita di tessuto impregnato di unto decennale; che fossero messi in fila, dietro decine di barelle, in un corridoio puzzolente con luci al neon e polvere; che, quasi vicini alla porta del medico, un inserviente chiedesse loro di pagare un biglietto e di tornare indietro, a piedi, all’ingresso, per farsi apporre un timbro e poi rifare tutta la fila. Vorrei che giunto, finalmente, il loro turno, sudati, con una temperatura tropicale e senza aria condizionata, perdessero la coincidenza col medico per soli tre minuti e che, accasciati ormai sul pavimento lurido, schivando sacchi e scatoloni, senza più speranza, un’infermiera dalla voce metallica sussurrasse placidamente loro: Ci scusiamo per il disagio.