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Disoccupati jazz

La prima cosa che ho capito nella ricerca di un lavoro è che nessuno deve capire che hai davvero bisogno di un lavoro. Soprattutto se anche tu ti sei ritrovato, come me, a fare il freelance o, meglio, il disoccupato jazz.
Devi dare l’idea di essere uno richiestissimo, che se lo fa è proprio perché vuole farti un favore, che deve controllare la sua agenda fitta di impegni. Ti faccio sapere, non so se riesco, sono pieno di richieste, tutti mi vogliono, tutti mi cercano.

Il fornitore di lavoro è più predisposto a far sgobbare chi ha già una fonte di guadagno che chi non ce l’ha. Perché, se nessuno ti fa lavorare, è quasi sicuramente perché non sei abbastanza bravo. Importa poco se il tuo curriculum è eccellente, se hai dimostrato di essere in gamba, se hai già lavorato con successo in tanti progetti simili. Ce l’hai un lavoro? No? Allora mi dispiace, non posso darti lavoro.

Quello che spesso la gente ignora (o fa finta di ignorare), in un settore come il mio e in moltissimi altri, è che la maggior parte dei lavori si ottengono non per merito, ma per strette di mano, aperitivi tracannati insieme, matrimoni, discendenza, passaparola. Quello che più conta è la tua capacità mondana e diplomatica, chi frequenti, chi sposi, con chi sei andato all’università (e con chi sei andato a letto, anche se il sesso è una moneta di scambio che ha sempre meno valore, a meno che tu non sia un ultrasettantenne Presidente del Consiglio).

Essere bravi è spesso la cosa meno importante. Non sempre, certo, ma con molta frequenza. Perché dovrei affidarti un lavoro in base al tuo curriculum, quando tizio e caio sono amici di mia moglie dai tempi del liceo?

Così, se perdi il lavoro ti ritrovi in un circolo vizioso di non lavoro e l’unico modo per uscirne e trovare di nuovo lavoro è, appunto, trovare un altro lavoro.

Cosa stai facendo al momento? Mah, seguo progetti, do consulenze, collaboro.

La millantata collaborazione è l’unica scappatoia alla fame. Purché sia credibile. Con un po’ di pratica, diventi credibilissimo nella supercazzola del lavoro supposto. In un Paese meraviglioso in cui anche i politici millantano titoli di studio e competenze, perché dovresti privarti del vantaggio di venderti come se fossi stocazzo?

Oltre alla frustrazione e alla disperazione di non poter arrivare a fine mese o, peggio, nemmeno alla metà del mese, devi sorbirti anche la beffa del “preferisco affidare il progetto a qualcuno che è già attivo nel settore”.
Sei un passivo, motivo per cui te lo infilano sempre nel sedere.

Qualche mese fa, all’inizio del mio periodo nero di mancanza di liquidità che ancora persiste, per i pagamenti sempre più dilazionati e per la diminuzione di brand e agenzie alla ricerca di figure come la mia, ho mandato a tutti i conoscenti che potevano darmi una mano questa e-mail.

Ciao,

hai sentito parlare di quella faccenda della crisi?
Ecco, io mi ci sono ritrovata invischiata, senza che nemmeno me ne rendessi conto.
Quindi, adesso, cerco lavoro.
Sono brava a intrattenere, organizzare e scrivere. Ma so fare tantissime altre cose. Tutte quelle che servono.
E non sporco, non alzo la voce, non organizzo ammutinamenti, non rompo le scatole.
Ho una partita IVA e non ho paura di usarla.
Insomma, cerco collaborazioni, anche piccole e non ho bisogno di scrivanie perché lavoro benissimo da remoto.

Se conosci qualcuno che cerca, potresti fare il mio nome? Ti ricorderò per sempre nelle mie preghiere.
Scusa se ti ho messo in ccn, ma era il modo più veloce per implorare più persone allo stesso tempo.

Buona giornata,
Daniela

Tutti mi hanno dimostrato grande solidarietà, anche se la trippa per gatti era pochissima e a spartirci la pagnotta siamo in troppi, tranne un conoscente che mi ha detto, con molta franchezza: “speri davvero di trovare lavoro chiedendo lavoro? Devi tirartela! Te lo puoi permettere. Solo i perdenti elemosinano collaborazioni”.

Così ho provato a tirarmela. Ho chiesto un prestito per pagarmi l’affitto, in attesa che gli ultimi creditori saldino i loro conti, e sono andata avanti. Sono tornata a fare la presenzialista, a infilarmi agli aperitivi, a fare la linea comica, a sorridere, ad andare a cena con beceri figuri che “proponimi un’idea” (salvo poi sparire quando la tua idea non coincide con il loro materasso). Ho iniziato a dire che mamma mia, non ho un momento libero, per tutto questo lavoro!

La stima nei miei confronti è tornata alle stelle. Ah, che sensazione meravigliosa sentirsi vincenti! Anche se la spesa all’Esselunga la paghi in quattrini e non in ammirazione.

Pochi giorni fa, un progetto per cui ero perfetta è stato assegnato a un’altra persona. Secondo un talpa interna, il mio preventivo era troppo basso e non mi dava credibilità.

La seconda cosa che ho imparato sul lavoro è che se costi poco nessuno ti darà un lavoro. Salvo poi perdere lavori perché “non c’è abbastanza budget”.

Il ministro Fornero aveva scatenato un putiferio affermando che i giovani italiani sono troppo choosy.

Be’, io credo che invece… VAFFANCULO!

La terza cosa che ho imparato sul lavoro è che non capirai mai fino in fondo cos’è che fa davvero funzionare le cose.
Improvvisare, bisogna continuare a improvvisare.

“Quando non sai cos’è, allora è Jazz!”
(Alessandro Baricco)