Oggi questo blog compie undici anni.
Undici.
Buona parte della mia vita, la parte migliore, è tra queste pagine virtuali.
Undici anni.
Non sono tantissimi?
Grazie a tutti per esserci stati.
Tanti auguri.
Oggi questo blog compie undici anni.
Undici.
Buona parte della mia vita, la parte migliore, è tra queste pagine virtuali.
Undici anni.
Non sono tantissimi?
Grazie a tutti per esserci stati.
Tanti auguri.
Due giorni fa, Malafemmena ha compiuto dieci anni.
Dieci.
È uno dei blog più longevi d’Italia e c’è dentro una grossa fetta della mia vita.
In dieci anni si cresce, si cambia, si sbaglia, si impara e a volte si insegna, si perde l’entusiasmo e poi lo si ritrova, si scrivono tante cose e molte altre restano solo bozze.
Grazie a tutti per la buona compagnia.
Ieri il mio blog ha compiuto nove anni.
Nove.
Ma ci pensi?
Io mi sento ancora venticinque anni.
Cos’è successo? Cosa abbiamo fatto tutto questo tempo? Quante parole abbiamo scritto? Quante cose ci siamo detti? Quante volte abbiamo riso, litigato, discusso, pianto, riflettuto? Quante volte non abbiamo avuto voglia di dire niente, perché era meglio tenerci tutto nella testa?
Sono passati nove anni.
Un’eternità.
Vado a brindare con il caffè.
Grazie a tutti per esserci stati.
Il 7 agosto del 2003 mi sono messa a chiacchierare con il mondo.
Non mi sono più fermata.
Sono passati 2922 giorni.
Per tanti anni ho scritto poco e spesso. A volte molto poco e molto spesso. A volte un po’ di più e un po’ meno spesso.
Ho sempre trovato faticoso scrivere.
Prima del blog scrivevo solo lunghissime lettere di carta agli amici più cari e qualche articolo o tesina per l’università. Da ragazzina scrivevo poesie. Poi, per fortuna, ho smesso.
Ho sempre trovato faticoso scrivere, ma il blog era diverso. Scrivevi una battuta, commentavi la politica, postavi una foto.
Dopo qualche anno, sono arrivati twitter e facebook e friendfeed. Le battute, i commenti, le foto ho iniziato a postarle lì. Hanno iniziato a farlo quasi tutti. E il blog è diventato uno spazio che facevo fatica a riempire, ma che era impossibile abbandonare.
Poi quest’anno mi sono succede delle cose, è cambiato tutto, è cambiato il lavoro, la vita, le persone. È finito un amore e ha fatto molto male. Un altro amore non mi è stato corrisposto e – cazzo! – ha fatto male anche lui. Ho dovuto vivere tutta una vita per scoprire che le occasioni che non hai avuto ti massacrano come quelle che hai perduto.
Ho sempre trovato faticoso vivere.
E le parole hanno iniziato a percolarmi e mi scorrevano a fiumi e ne vomitavo valanghe e non sapevo dove metterle, dove conservarle, dove parcheggiarle.
E mi sono ricordata del blog, che era lì tenuto in vita senza troppo entusiasmo e che è diventato una palestra per commentare anche quello dentro, non solo quello fuori.
Scrivere sembra, a volte, meno faticoso.
Non credevo che dopo tanto tempo questo posto potesse diventare ancora più importante per me di quanto non lo sia stato in questi lunghi anni. È una protesi sociale e uno scudo. È me stessa, ma solo la parte migliore, quella che si può raccontare. È un quarto di vita in un archivio ordinato. È il mio posto preferito.
Grazie per averlo frequentato con me in questi quasi tremila giorni.
Di tutti i momenti belli, io ricordo quella sera che ci siamo sentiti in trappola, con i nostri contratti precari, i soldi che non bastano mai, le fughe alle spalle, la stanchezza dei cambiamenti, la fatica degli anni che passano, la routine delle giornate uguali, diverse dai nostri sogni di vite da artisti, di giovani bohémien, e ci siamo guardati e ci siamo sorrisi e abbiamo pensato usciamo, andiamo a mangiare fuori, andiamo a fare un viaggio breve e intenso, lontano dai noi stessi che non riconosciamo, lontano dal grigiore che non ci appartiene, che non può insinuarsi sotto la nostra pelle.
Abbiamo preso la macchina, abbiamo passato il primo dei nostri ristoranti preferiti e siamo andati oltre e poi oltre il secondo e il terzo e il quarto e tu hai preso l’autostrada e ci siamo infilati sulla strada di notte, tra i camion in corsa, e abbiamo viaggiato un po’ e poi ci siamo fermati in quell’autogrill, che non ricordo nemmeno più dov’era, nemmeno dopo quanto strada abbiamo capito fosse lui.
E abbiamo cenato a un tavolo vicino a una grossa vetrata, con quel cibo che non era buono né cattivo, quelle luci al neon, quei vecchietti che grattavano e non vincevano, il rumore delle tazzine del caffè e le macchine fuori, in movimento, con i fari che ci passavano veloci di fianco per poi sparire lungo la via nera.
Siamo stati in viaggio e felici, fermi in quel posto che non ci apparteneva, ma era nostro, era la strada, era il cammino verso il futuro, sempre avanti, sempre avanti.
Abbiamo finito la birra, tu mi hai accarezzato la mano, ci siamo guardati in silenzio, ci siamo sentiti liberi e sereni, abbiamo sorriso di nuovo e, baciandoci, ci siamo detti «è ora di tornare a casa».
Oggi il blog Malafemmena compie sei anni.
Mentre cercavo le parole più profonde ed efficaci per comunicarvelo, mi sono accorta che è forse l’unica passione che io abbia avuto la pazienza di coltivare per così tanto tempo, in tutta la mia vita.
La cosa mi sorprende e rassicura.
Grazie a tutti e buon proseguimento.