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Il pane come la Francia

Ho mangiato un pezzo di pane che somigliava alla Francia e mi sono ricordata di te.

Chi lo sa se poi ci siamo davvero voluti bene, in quei vent’anni splendidi e problematici, tra quelle pareti piene piene di libri e di ricordi non nostri.

Mi sono ricordata di te e poi di com’ero e cosa pensavo e cosa volevo, quando pensavo che non avrei mai lasciato il teatro e Parigi e gli amici e quella casa così bella e quei capelli corti come adesso che tu mi carezzavi prima di dormire.

Ho mangiato un pezzo di pane che somigliava alla Francia e non ho voglia di cucinare e continuo a bere caffè e a pensare a quello che dovrei fare, scrivere, finire, iniziare.

Sono senza un soldo, come allora, ma non sono più così giovane e non farò la cameriera in un bistrot per riuscire a pagare il nostro vino. Anche Milano a volte sembra essere magica, ma non ci troveresti i tuoi fantasmi. E poi chi lo sa se disegni ancora, se ancora hai la barba lunga, se ancora fotografi tutto quello che ti piace.

Stamattina ho perso tempo invece di lavorare e poi sono inciampata nei ricordi e non c’è sole e il cielo è grigio e non lo so, non ho voglia e sono in ritardo e il mio conto corrente piange e fuori c’è il mercato e forse farò due passi, forse andrò in palestra, forse ti cercherò per sapere come stai. O forse no.

Chez moi

Ci sono città in cui nasci, città in cui finisci senza averle scelte e quelle che scegli ma che non ti calzano mai bene, che sarebbe stato meglio non, che devo ripartire, che non dovrei essere qui, che è ora di fuggire via, lontano.

Ci sono città che ti scelgono, che ti rapiscono, che ti trattengono e non riesci a lasciare, città che porti dentro sempre, città che ti stanno alla perfezione come quel vecchio cappotto caldo, città che ritrovi ovunque, negli angoli più nascosti del mondo, città che hai sempre nella testa, nella borsa, tra le righe dei libri, tra le pieghe polverose dei ricordi.

E poi scendi dall’aereo, prendi il bus, arrivi in centro e inizi a camminare con il tuo passo sicuro, il passo di chi sa dove andare, di chi conosce l’inizio e la fine della strada, riconosce muri e semafori, colori e odori.

Sei esattamente dove dovresti essere, riprendi il tuo monologo interiore interrotto anni fa, ti confondi tra la folla che ti somiglia, non sei straniero, sei parte del tutto, sei un tassello del mosaico, sei un cittadino tra i concittadini.

Continui a camminare, senza chiedere informazioni, raggiungendo le tue mete, senza perderti, senza sorprenderti se non della bellezza dalla quale sei stato così tanto lontano.

Continui a camminare tranquillo, con le membra rilassate, con i pensieri liberi di allontanarsi e poi tornare, con lo sguardo distratto, il sorriso abbozzato, le mani in tasca e quella serenità così facile che hai solo quando sei, finalmente, a casa.