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Fino a quando sbocceranno le viole

Non mi dispiace l’alternarsi delle stagioni. Primavera-estate-autunno-inverno.

Non riuscirei a tollerare una vita senza imprevisti meteorologici, senza l’attesa che le giornate si allunghino, nel terrore che si accorcino, togliendoti il sole che ti eri guadagnata, senza la fatica del cambio di stagione, che ti convince a spendere i soldi che non hai negli ultimi saldi.

Mio fratello vive da anni in Brasile, con la famiglia, a due passi dall’equatore. Sempre caldo, sempre sole, qualche pioggia tropicale, alba e tramonto sempre alla stessa ora. Sì, puoi andare a mare tutto l’anno e stare in infradito per 12 mesi e tenere l’aria condizionata accesa perennemente e cenare all’aperto ogni sera.
Sempre lo stesso.
Non fa mai freddo, non c’è la neve, non c’è la nebbia, non ci sono i maglioni di lana e i cappotti e i calzettoni e gli UGG e i guanti e le sciarpe e le stufe a fungo fuori dai locali per i fumatori.
Sempre lo stesso.
E chissà come fai ad accorgerti del tempo che passa, forse dalle vetrine dei negozi, dalle commesse in T-shirt e cappellini da Babbo Natale quando c’è da festeggiare.
Non lo so.
Se poi lavori, non ci vai in spiaggia tutti i giorni e anche se fosse, alla fine ti romperesti le scatole anche della sabbia, tutti i giorni.

Ci pensavo guardando fuori dalla finestra. Un sabato lento, di grigio milanese, una pioggia leggera, nemmeno un’ombra della neve che ci hanno promesso.
Mi consola sapere che l’inverno non dura per sempre e che domani, o forse dopodomani, o dopodopodomani, tornerà la primavera.
Perché la primavera torna sempre e io credo che ci sia qualcosa di magico, nel guadagnarsi un po’ di luce in più, nel togliere gli strati, nello scoprire il pallore, nel prepararsi alle prove costume che non superiamo quasi mai.
Non mi dispiace l’alternarsi delle stagioni, il caldo e freddo, e i periodi di mezzo, gli autunni romantici, il maggio tiepido in cui tutto sembra poter essere migliore.
Mi piace l’idea di conquistarci il bello, di non darlo per scontato.

Non è vero che sono giorni brutti brutti. C’è qualcosa di speciale anche in questo pigro inverno.
Tipo restare qui, e non uscire mai mai mai da questo piumone caldo fino a quando sbocceranno le viole.

L’inverno dura un anno e poi arriva primavera

Era inverno da un anno intero. C’erano colori scuri e nuvole e attese e silenzi e pianti disperati e fini senza inizi e alberi senza fiori e freddo e poca voglia di uscire. Era inverno da così tanto tempo e c’erano i treni, sempre di corsa, sempre pieni, c’erano i dubbi, le cose lasciate a metà, le occhiaie, le notti insonni, gli aperitivi da bere per dimenticare, i capelli sempre in disordine, i vestiti nuovi e mai indossati, le scarpe troppo strette, le lettere scritte e mai inviate, le foto da fare a pezzi, i ricordi da cancellare.

C’erano cose tristi e tanto inverno. Da un anno intero.

Poi è passato. Sono arrivati il sole, le giacche leggere, l’ombretto nero nero sugli occhi, le mani degli amici, i sorrisi dei nuovi sconosciuti, i ritorni, gli inizi, i progetti, le speranze, le parrucche colorate, i vestiti a fiori, i baci, le verità raccontate a occhi chiusi, gli abbracci.

È passato. L’inverno dura un anno e poi arriva primavera.

È solo inverno

Avevo scritto un pezzo sul lungo inverno e sul mio vizio di parlare con le persone delle sofferenze d’amore, su come ci siano enormi similitudini tra i cuori infranti, su come si diventa tutti uguali con il cuore a pezzi.

Sono originali gli addii, i come, i con, i chi e i quando, ma sono uguali le meschinità, le scuse, le fughe, le lacrime, i ritorni goffi e dolorosi, i silenzi, le scenate, i nodi in gola, i digiuni, i mal di testa, le benzodiazepine.

Stavo per scrivere che non è morto quasi mai nessuno d’amore, ma tutti sono rimasti invalidi e camminano e respirano male, a volte perdono il sonno, si appoggiano ai nuovi amori come bastoni, non sentono più pienamente i sapori, portano dietro pezzi di tutti quelli andati e non li buttano via quando arrivano i successivi.

Poi il sito è andato giù e non ha salvato il lungo pezzo e, mentre aspettavo che tornasse tutto a posto, mi sono messa a leggere, a guardare un film, a cucinare della pasta con un vasetto di ragù preparato da mia sorella, a bere un bicchiere di vino, a guardare la neve dalla finestra, a giocare con il gatto, a ciondolare in questa domenica fredda fredda, di questo lungo inverno che non passa, che non ci ha uccisi, ma ci ha lasciati sentimentalmente invalidi.

E  mi è passata la voglia di riscrivere tutto, perché va bene così, quello che manca c’è stato e poi ritornerà, è solo l’inverno che spegne tutto, che copre di ghiaccio, che rallenta il respiro, che toglie la voglia, che annulla l’entusiasmo.

È solo inverno, che poi finisce e poi diventa primavera ed estate. Non possiamo evitarlo. E quello che non possiamo evitare dobbiamo almeno cercare di tollerarlo. Anche quando rompe vorticosamente i coglioni.

Bevo un altro bicchiere di vino, poltrisco un altro po’, provo a postare senza che il sito mi abbandoni, mi vesto e vado ad affrontare la tempesta.