Pedagogia condizionale

Alla mia generazione è stato insegnato che, nella vita, avrebbe potuto essere tutto quello che voleva.

Nessuno si è premurato di dirle, però, che non ci sarebbe riuscita.

28 commenti su “Pedagogia condizionale”

  1. cleverance: uno dei pochi argomenti di discussione con mia madre. Ci hanno permesso di credere troppo nel nostro futuro.

  2. Io credo ancora fermamente che potrò diventare una meravigliosa disoccupata. Devo solo convincermi che è quello che ho sempre voluto diventare.

  3. In verità Gianni Morandi ci aveva avvertito, siamo stati noi troppo supponenti e non lo abbiamo ascoltato.

    “uno su mille ce la fa
    ma quanto è dura la salita
    in gioco c’è la vita
    il passato non potrà
    tornare uguale mai”

  4. Ho trovato il tuo blog in modo del tutto casuale. Ne stavo cercando in realtà un altro – che non ho trovato – di tipo politico di un tipo che fa il ricercatore a Barcellona.
    Sono precario da sempre e la mia è una delle tante vite brillanti piene di spunti eccellenti che è stata macinata dalla decadenza italiana fondamentalmente oltre che da altri fattori ovviamente.
    Che fai in Veneto??? Stai studiando un suicidio finale???
    Io a Padova vengo 2 volte alla settimana …. sono fuggito dal Veneto … lo trovo orrendo.

  5. Caspita, sei pessimista. Suppongo sia inevitabile diventarlo quando si ricevono ripetute delusioni dalla vita (lavorativa). Ciononostante mi sento di augurarti di non abbandonare i tuoi sogni, qualunque essi siano; è ancora presto, e tu sei troppo giovane 😛 Sii realista, senza per questo abbandonarti allo sconforto (se non a intervalli regolari e distanziati nel tempo, e comunque senza mai cadere nella deprescion!).
    Un saluto e un bacio.

  6. La mia affermazione non voleva essere pessimista, ma ironica, perché l’ironia e il sarcasmo sono un valido antidoto alla stanchezza e ai periodi di stress.

    Questo, per me, è un periodo positivo, ma molto faticoso.
    Ho cambiato in fretta città, casa, lavoro, amici e fino a due mesi fa non avrei mai creduto di ritornare in Veneto (che, come Hulk non ho mai amato troppo, se si esclude il mio periodo veneziano – uno dei migliori della mia vita), a fare l’ennesimo lavoro che dovrò lasciare non appena mi ci sarò affezionata.

    Inoltre, il trasloco, visto che non abbiamo molto tempo libero, procede a rilento e viviamo in un eterno campeggio.

    Al di là della stanchezza fisica e del cambiamento perpetuo, il mio post era una presa di coscienza dell’età che avanza, una sorta di confronto con l’essere adulto che non può fare a meno che rendersi conto che quello che pensava di essere, inevitabilmente, non è. O non lo è pienamente (e non solo a livello professionale).

    È giustissimo e salutare, a mio avviso, ridere e sorridere della disillusione.

    In fondo, l’abbiamo letto tutti Voltaire, no?
    😉

  7. evacarriego: ahah.
    Mi ricorda Laura Curino che, durante uno spettacolo, diceva che Proust è uno degli autori più citati, ma meno letti in assoluto.

  8. anche per me era più un
    “tanto in un mondo del genere ma dove credi di arrivare?”
    quindi per ora tutto come da altrui previsto…

    spad: neanche jeeg mi sa
    (una che si è gettata dalla rupe gridando “lanciami i componenti!!”
    fa MALISSIMO)

  9. si sono dimenticati di avvertirci che ciò non riguardava la vita lavorativa.

    Il lavoro è un mezzo per diventare ciò che voglio essere: voglio essere un padre? mi cerco un lavoro qualsiasi purchè mi permetta di mantenere un figlio. Voglio essere un giramondo? mi cerco un lavoro anche di merda ma che mi lasci un po’ di soldi e tempo libero per le vacanze. Voglio essere un volontario? di notte spaccio e di giorno faccio volontariato. Voglio essere un giustiziere? lavoro al McDonald come copertura, mi compro un fucile con mirino di precisione e tengo d’occhio palazzo chigi..

  10. hannibal che differenza c’è tra un lavoro di merda e un lavoro al McDonald?

    P.s. il mio primo lavoro, a Parigi, nel ’98 è stato proprio in un Mc D. Non mangio in un ristorante della catena da allora.

  11. che miseria di post, deprimente! c’è chi vuole troppo nella vita. c’è un detto indiano: la ricchezza di un uomo si misurna non in quello che uno può possedere (e ottenere), ma in quello a cui si può rinunciare. figli del marketing!!!!

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