Archivi tag: precariatà

Oggi è domani

Fallito anche l’ultimo strategico tentativo di risanamento dell’economia familiare (l’estrazione della Lotteria), l’esordio del 2014 sembrava non promettere nulla di buono.
L’ansia di dover pagare la mini-Imu con le relative mini-bestemmie, il recupero crediti dello già scarso guadagno del 2013, i chili di troppo che, anche in momenti di crisi, ti si azzeccano addosso durante le sante festività, la desolante sensazione di essere completamente senza un lavoro, dal momento che col conto alla rovescia della sera del 31 è terminata anche l’ultima collaborazione in essere.
Respira. Sei ancora viva.
Feste con gli amici, tanto vino recuperato nelle cantine di amici di amici e Dio benedica il Veneto!, panettoni già al 50% da metà dicembre e rendiamo grazie alla crisi. L’importante è comportarsi come se non fosse cambiato nulla. Fingere. Fottere la miseria millantando normalità.
L’abbonamento in palestra pagato in anticipo non permette distrazioni: correre, sudare, chiacchierare negli spogliatoi. Le sciure del pilates non sono andate in montagna quest’anno. Restano a casa a fare le nonne e a concedere una vacanza ai figli più precari.
C’è stato anche il mio compleanno.
Ho vinto il record di ingestione di cannoncini della pasticceria Panarello in un pomeriggio. Mi hanno scritto in tantissimi. Da tutti i lati del mondo. Quelli che guarda, dovevi venire anche tu a vivere qui all’estero, ma anni fa. Oh, adesso cominci a essere vecchia e non sai fare niente di cui ci sia bisogno all’estero. Tu fai cose inutili, scrivi, parli, chiacchieri sui social, recensisci, liveblogghi, presenzi.
Sei un chissene su un curriculum vitae.

Il nuovo libro accumula polvere nel mio cervello. Mica è facile. Prendere storie che ti sei tenuta nel cranio per mesi e poi tirarle fuori. Questa volta è quello che vuoi. Ma se non dovesse andare bene? Se alla fine fossi solo brava a fare quello che non ami?

Se non provi non lo saprai mai, è vero, ma forse a volte è meglio non sapere, non conoscere i propri limiti, vivere nell’illusione di poter essere migliore senza dover dimostrare di esserlo.

Al giorno 10 del mese di gennaio ti sale l’ansia. Il cuore galoppa, non chiudi occhio, non riesci a mangiare. La disoccupazione giovanile è al 41%, ma tu tiri un sospiro di sollievo: non sei più una giovane. La tua generazione, quella dei figli della Legge 30, quella dei precari senza vera flessibilità, quella dei camaleonti contrattuali, quella dei disperati a progetto, ha ormai accettato la realtà. Tireremo a campare per sempre. Continuando a versare contributi a una gestione separata dell’INPS che li usa per pagare le pensioni ai lavoratori più fortunati di noi e che non ci restituirà nulla, se non una serie di affettuosi calcinculo. Tireremo a campare ereditando le proprietà dei nostri genitori, se ci sono, o pagando per trent’anni rate di mutui esageramente ridicole, per appartamenti che si stanno svalutando come le mutande di Intimissimi sui culi cellulitici.
Il premier si dichiara ottimista. Bene. Tutti gli altri no. Tu compresa. Nel 2013 ci sono stati 2 milioni di disoccupati in più e questo – ahinoi – significa concorrenza nella disperazione.

Sono iniziati i saldi e ti sei accorta che non ti serve nulla. Non che non desideri nulla, perché tu vorresti tutto, i leggings leopardati, le scarpe con tacchi grossi, le giacche di pelle e borchie, le finte pellicce di finti animali per finte fescion blogghe. Vorresti tutto, ma non ti serve nulla. E risparmi soldi che comunque non avresti.
E leggi di scandali, di gente che ruba i tuoi soldi, di politici che politicano, di giornalisti che giornalano.
Per la prima volta, in tutta la tua vita, ti chiedi come sarebbe stato essere più furba. Come quelli che te l’hanno messa nel sedere in questi anni. Come sarebbe stato rubare, non pagare le tasse, andare a letto con uomini disgustosi per avere un buon posto e una buona rendita. Saresti stata davvero meno felice, perdendo la tua integrità? Quant’è sottile in Italia il confine tra onestà e coglionaggine?

Lunedì 13 gennaio ti scrivono che stanno per pagarti delle fatture in sospeso. Sorridi e apri il frigo e mangi cose a caso per festeggiare. Poi ti propongono un lavoro per cui non sei qualificata, ma ti dici che puoi sempre millantare. È un inizio. Le cose si mettono in moto, c’è di che essere fiduciosi. Dicono che dipenda anche dal karma. Milioni di italiani disperati a causa del karma di merda. Sarà, vuoi crederci. Volere e potere!
L’unica cosa che avresti dovuto fare nei giorni d’immobilità era scrivere.
Eri troppo disperata. L’unica disperazione che sai scrivere è quella sentimentale. Quella professionale non lo sai fare. L’avessi saputo fare saresti stata un’autrice fantastica. Puoi sempre imparare.
Ti sei detta “domani mi ci metto”.
Oggi è domani.
Doppia caffettiera e relativa tachicardia, veloce rassegna stampa, la consolante disperazione di non aver nulla da perdere.
È una condizione mentale. La disoccupazione ti fa perdere fiducia, che ti fa perdere energia, che ti fa perdere entusiasmo, che ti fa perdere carisma, che ti fa perdere occasioni. È tutto nella tua testa. Dicono.

Tanto. Non. Hai. Nulla. Da. Perdere.

Oggi è domani. E mal che vada, sarà dopodomani.

Inizio.
Metto su un altro caffè.
Non lo bevo, lo annuso soltanto.
Promesso.
Vado.