Io sono una che corre. A dispetto della mia pigrizia, dell’accidia, del terrore di sbagliare, della malinconia sempre infilata tra le ossa. Sono una che corre, perché bisogna andare avanti e arrivare e realizzare, perché bisogna guadagnare il proprio posto al sole, che è sempre un po’ oltre, più avanti, più avanti.
Sono una che corre e inciampa e cade e si sbuccia le ginocchia e si rialza e poi corre ancora. Prima o poi si arriva. Prima o poi.
Mi capita di fermarmi, a volte, per scelta o accidente, per motivi tristi e motivi felici, e metto a posto i tasselli, tutto in fila, tutto in ordine.
Perché le cose non le capisci mentre corri, ma quando ti fermi a riprendere fiato.
E capisci che gli affetti, le risate, le cene insieme, seduti a tavola per ore, il bagno a mare e nei fiumi scuri, le foto con i sorrisi, i regali, soprattutto quelli superflui, i pianti liberatori e gli abbracci, i progetti e i ricordi, raccontati davanti a una birra ghiacciata, valevano tutti gli ostacoli e tutti gli affanni.
La vera fortuna nella vita non è avere tutto con facilità, ma riuscire a capire il valore di quello che hai.
Ieri l’ho capito. E mi sono asciugata di nascosto una lacrima infame.
I colori, i suoni, le parole, le risate, il vento caldo, i silenzi sono tutti dove dovrebbero essere.
Abbiamo fatto proprio bene a fermarci a riposare qui. Domani torneremo a correre, con le gambe leggere e lo zaino sulle spalle.
Parto prima io e prendo il posto per tutti.