Eravamo tutti occupati a capire come sarebbe andata a finire. La politica era il primo argomento, al bar, in palestra, a cena, a lavoro, in treno, al telefono, al cesso, a letto.
Un’infinita soap opera, ogni giorno un colpo di scena. Come quando scrivi romanzi rosa, in cui hai bisogno di continui mutamenti e sorprese. Che poi sono sempre amarsi/non amarsi, mettersi/lasciarsi, piangere/stare bene, tradirsi/perdonarsi, allontanarsi/ritrovarsi.
La vita, insomma. E la politica.
A furia di aspettare, abbiamo perso la cognizione del tempo. Che giorno è? Quando abbiamo iniziato ad aspettare? Quando finiremo, decideremo, andremo avanti?
Giorni fa ho finito i maledetti colpi di scena. Fisso la pagina bianca da dodici giorni. Dodici. Non ce la farò mai.
Mi dici che è colpa mia, ho perso tempo. Il tempo non lo perdi, non è un mazzo di chiavi che ti cade dalla tasca. Il tempo lo consumi, a volte lo sprechi, altre volte lo vivi, ma non capita quasi mai quando vorresti.
Dici ti amo, ma non possiamo stare insieme e non possiamo vivere separati. Non possiamo andare avanti, non possiamo tornare indietro. È un gran casino. Tu – mi dici – hai combinato un gran casino. E non chiedermi perché. Non me l’aspettavo che andasse così.
Dodici giorni di pagina bianca, due mesi senza governo, sette anni di nuovo vecchio Presidente.
Siamo fuori tempo massimo. È troppo tardi e quando la scadenza arriva sei fottuto. E se sei Superman, fai girare al contrario il mondo e torni indietro nel tempo. Torni indietro anche se hai una DeLorean. Io non ce l’ho una DeLorean. Ho un Sì Piaggio immatricolato nel 1992. Ancora funzionante. La miscela era al 2%. Adesso devi fartela tu da solo. Non ci torna indietro quel Sì, ci ho provato. Fa al massimo 35 km/h, se lo tiri a manetta e ti metti in posizione aerodinamica.
È meglio se non mi muovo e resto qui. Aspetto il colpo di scena. Tanto oggi a Milano piove e a Roma si dimettono tutti e ho comprato le nespole e, se ho davvero perso tempo, lo vado a cercare in qualche cassetto.