A vent’anni gli altri sono mondi nuovi. Le persone ti sorprendono, ti insegnano, ti mostrano le cose che non avevi mai notato. E se ti deludono, lo fanno in maniera nuova, in modi che non avevi mai visto né provato. A vent’anni le persone sono prime volte, da gustare, da scoprire, anche quando sono orribili e fanno male.
Crescendo impariamo a capire, a proteggerci, a prevedere. Gli altri diventano categorie, li capiamo con un paio di sguardi, soppesiamo la prima impressione, selezioniamo quelli che ci piacciono e ci somigliano.
Da adulti, gli altri sono linguaggi decifrabili, sono libri da leggere, anche quando sono noiosi o faticosi. Alcuni sono repliche di persone già incontrate, già amate, già lasciate.
È sempre più raro che le persone ti sorprendano quando diventi maturo e corri verso gli ‘anta, tuo malgrado. Eppure accade, in circostanze molto fortunate, di inciampare in due occhi che sono pianeti completamente nuovi, mai visti, mai provati. Incontrare una persona che non riesci a decifrare, alla mia età, è un evento che scuote, è un terremoto, è uno tzunami.
E cerchi di capire e di inquadrare e di cogliere somiglianze e trovare una chiave di lettura e non c’è nulla che possa aiutarti a comprendere la persona speciale. Puoi solo viverla per conoscerla.
È bello e spaventoso stupirsi di un altro. Un altro tanto unico che non ne avevi conosciuti mai così. Un altro che ti ha costretta a usare parole nuove. Un altro che non vuoi perdere. Un altro che diventa una prima volta che conserverai per sempre nella memoria, come il biglietto di quel concerto nascosto tra le pagine del vecchio diario, che sbuca fuori all’improvviso e ti ricorda quanto è bello vivere.