I momenti che preferisco di più nella vita sono quelli in cui inizio a realizzare progetti.
Amo le startup personali, quelle in cui organizzo le mie risorse, azzardo, provo a credere in me stessa, festeggio ogni piccolo traguardo, sbaglio, piango, mi perdono l’errore (a fatica) e vado avanti.
Sono i periodi più felici e quelli più disperati, in cui mi sveglio la mattina in lacrime e vado a dormire sbronza e sorridente.
Sono i periodi di più grande emotività, quelli in cui ho voglia di parlare con le persone, di vederle, di toccarle, di sentirle in continuazione, di spiegarmi e farmi spiegare, di abbracciarle, di capire se posso fidarmi di loro, di capire se ho fatto bene a tenerle distanti, se ho fatto bene a farle entrare così tanto dentro di me.
Sono i periodi in cui sono più molesta, più cacacazzo. Però divertente.
E sono i periodi di cui ho più paura, perché quando il progetto partirà, quando il dado sarà tratto, sarà il momento di capire se sarò all’altezza, se ce la farò davvero, se sarò abbastanza adulta, se potrò sopravvivere a un sì o a un no.
Vorrei potermi fermare al progetto, un attimo prima che sia definitivo, per poter modificare, ripensarci, aggiustare, migliorare, tornare indietro, rifare tutto, riprovare all’infinito.
Vorrei poter essere una startup perenne, nella vita, nel lavoro e in amore. Avere sempre l’entusiasmo dell’inizio, avere sempre la certezza che posso riprovarci, posso ricominciare.
Vorrei essere come Penelope, disfare la mia tela di notte per essere obbligata a ripartire dall’inizio e non finire mai.
Vorrei essere meno pigra e meno spaventata, perché, come dici tu, solo quando avrò smesso di progettare e mi sarò buttata nella mischia potrò abbandonare i miei fantasmi passati e vivere davvero la mia ennesima vita nuova.