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Non ha nemmeno più importanza

Vivo una situazione di seminomadismo perenne, spostandomi in continuazione da A a B a C a D e poi di nuovo A.
Cambio città all’occorrenza, molto spesso fuggo, a volte mi avvicino, mi cerco, mi aspetto.
Ho comprato casa e poi l’ho abbandonata per andare in affitto in un’altra città e dovrò rimetterla in vendita oppure decidere cosa sarà. Adesso sono lì e riparto da zero e ricomincio e vado avanti.
Sono tornata per qualche giorno a Padova, perché ho ancora il gatto da sistemare e gli scatoloni da riempire e gli armadi da svuotare. Mi sono accorta che non avevamo mai fatto mettere la targhetta con i nostri cognomi sul citofono e l’adesivo che avevamo attaccato sopra il nome della vecchia proprietaria era caduto via, lavato dalla pioggia.
Mi sono accorta che so vivere solo in questa precarietà, in questa perenne imprecisione, senza mai chiudere i cerchi, senza mai lasciare un posto per sempre, seminomade, girando in tondo, allargando il cerchio, aggiungendo oasi in cui ripararmi prima di ripartire.
Ho stampato un pezzo di carta con il mio cognome, l’ho attaccato con lo scotch al citofono. Se qualcuno dovesse suonare, probabilmente non troverà nessuno.
Ho finito tutti i sensi di colpa. Siamo stati bravi a dividere il mio e il tuo.
Ci sono delle crepe nei muri, ma sono strutturali. La struttura regge e il passato non la butta giù.
Non lo so se un giorno sarò capace di fermarmi. Forse succederà senza pensarci. Per il momento ho abbastanza scotch per attaccare il mio nome su tante porte ancora, lontane o vicine, non ha nemmeno più importanza.

Il primo giorno dell’anno

Sono sempre stata di quelle che no, non a settembre, l’anno comincia a gennaio, perché c’è il mio compleanno e ci sono le feste e c’è il freddo cane che non lascia il tempo per andare a spasso, allora rimani a fare le somme, a elencare propositi, a farti promesse solenni che in primavera non manterrai.

Sono sempre stata di quelle che no, l’anno comincia con il calendario, da uno a trecentosessantacinque, con poche eccezioni, dal principio alla fine, inverno, primavera, estate, autunno e poi di nuovo inverno.

Poi, oggi, pioveva e pioveva, dopo tanto, quasi troppo caldo. E non avevo l’ombrello, perché sono nell’ennesima casa non mia, in attesa che comincino le cose belle, che cambino i giorni, che inizino le avventure, che si trasformino le abitudini. Non avevo l’ombrello e sono rimasta chiusa in casa e guardavo fuori dalla finestra chiusa, perché comincia a fare fresco, e pensavo che davvero è tutto nuovo, la città, il lavoro, gli amici, il mio guardaroba, il taglio di capelli. Sono nuovi i sorrisi e i locali in cui bere il vino, sono nuovi i libri, i cibi, i profumi, i desideri, i silenzi, le solitudini con la musica, sempre.

Oggi mi è sembrato il giorno giusto per un inizio, perché è tutto nuovo, l’entusiasmo, la voglia di provare, l’eccitante sensazione di libertà che ti dà solo la consapevolezza di non aver niente da perdere. Oggi era un giorno giusto per un inizio, perché va tutto bene, perché non ci sono più gli occhi lucidi e le gambe che tremano, perché desidero invece di rimpiangere, perché ho più futuro che passato.

Oggi mi è sembrato il giorno giusto per l’inizio di tutto e ho ordinato una pizza e ho ordinato una birra e ho guardato la pioggia che non smette di cadere e ho festeggiato, serena, il mio capodanno.