In questi mesi avrei voluto scrivere tante cose, essere l’ennesima voce che commenta e racconta, dire la mia su quello che accadeva (fuori e dentro), ironizzare sulla condizione in cui mi trovo, prendere parte, sentenziare, argomentare. Eppure, di fronte alla pagina bianca, mi sono sempre detta che non era ancora il momento giusto. Ho scritto troppo, negli ultimi anni, di cose personali o meno, per lavoro, per scelta, per soldi, per disperazione, non sempre per necessità, ma molto spesso per obbligo.
Mi sono sentita, negli ultimi mesi, come se dovessi reintegrare i liquidi dopo un’enorme sudata di parole. Avevo bisogno di ricaricarmi, nonostante il riposo mi facesse sentire in colpa (chi di voi corre, lo capisce. Quando non puoi farlo per far riprendere i muscoli, vivi quella strana sensazione di stare facendo un torto a te stesso, anche se, invece, ti stai volendo bene).
Ho pensato moltissimo e letto e parlato e cantato tanto, però. Ho fatto progetti. Ho carezzato la pancia e i gatti. Mi sono guardata da fuori e sono riuscita a intuire i miei confini, gli spazi di manovra, le possibilità di crescita e quello che invece non potrà funzionare, perché è troppo tardi o perché non è mai stato il momento giusto.
Stamattina mi è tornata l’urgenza di tracciare righe, vuoi perché il libro nuovo dovrà essere a un buon punto quando diventerò mamma (e il mio tempo sarà monopolizzato da cacca, nanna, poppate, sorrisini e amore incommensurabile), o perché le dita sono finalmente pronte a percorrere nuovi chilometri.
Mi ha fatto bene non dire per un po’, rende tutto più necessario e ragionato. Ho capito che devo farlo più spesso, un passo indietro dalla valanga di opinioni.
Auguro anche a tutti voi di avere il vostro lungo periodo di silenzio in cui ritornare a essere in forma, mentalmente, spiritualmente.
Non abbiate sempre fretta di esprimervi, risucchiati in una interrotta, travolgente e angosciante conversazione: a volte sono le parole non dette a pesare di più.
E considerati i chili che ho preso negli ultimi sei mesi, non mi sembra nemmeno poi tanto una metafora.