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Ci puoi scommettere

Tra pochi giorni sarà il mio compleanno.
Non mi è mai piaciuto invecchiare. E non mi piace festeggiare subito dopo il tripudio natalizio, capodannesco e dell’Epifania.
Non amo invecchiare, ma quest’anno mi sembra più accettabile, meno crudele.

Dicono che succede quando diventi adulto.

Ho capito delle cose, ultimamente. Delle cose che erano lì, a ronzarmi nella testa da anni, ma che sembravano distanti, criptiche, complicate, inopportune.

Ho capito che ci sono stagioni della vita e sono tutte belle e impegnative ed emozionanti. Ma bisogna saperle accettare. E a me non andava proprio a genio di lasciare andare i vent’anni, così comodi, così ribelli, così leggeri, così appassionati.

Un giorno ti svegli, ti guardi intorno, e hai costruito delle cose. Non tutte reggono, non tutte funzionano. Il lavoro va e viene e ti angoscia, ti mortifica, ti dispera o ti gratifica sempre di più. I tuoi amici hanno fatto dei figli, hanno comprato automobili grandi, hanno iniziato a fare le ferie in montagna o al lago, passano le sere a guardare reality in TV. I tuoi genitori sono invecchiati, ti chiamano in continuazione per delle sciocchezze, ripetono sempre le stesse cose, diventano meno indipendenti, hanno più bisogno di attenzioni.
Non fa male essere cambiati, essere cresciuti. Infilarsi a letto il sabato sera a mezzanotte sembra quasi una conquista: non devi più dimostrare niente, non devi più aggredire il mondo, non devi più trasgredire.
Anche se poi lo fai quando ne hai voglia e con più stile e con più classe e con più lentezza.

Non so esattamente cosa volessi dire.

Non credevo che la mia vita sarebbe stata questa. Poteva andarmi peggio.
Ho passato tanti anni ad avere fretta. Sempre di corsa. Sempre di corsa.
Avevo fretta di vivere, di provare, di sentire, di fare tutto tutto, di rompere gli schemi, di andare oltre le regole.
Sempre di corsa. Sempre di corsa.
A volte arrivavo prima. E magari il portone era chiuso e dovevo comunque aspettare che qualcuno mi venisse ad aprire.

Per colpa di desideri o di ambizioni sbagliate, ho passato tanto, troppo tempo, circondata da persone che non mi hanno fatto bene. Ho usato parole belle che si sono consumate in fretta e allora mi sono nascosta nelle parole brutte, violente, faticose.

Sono scappata innumerevoli volte e non sono tornata quasi mai, perché ho sempre considerato i ritorni dei fallimenti.

Adesso sono adulta e capisco e non ho fretta e aspetto e scelgo. Soprattutto scelgo. Le persone, i colleghi, i posti, gli affetti, l’amore.

Anche l’amore diventa diverso, quando non hai più vent’anni.

Ho desiderato tutta la vita uomini che non potevo avere o uomini che fuggivano o uomini tormentati, strambi, eccentrici, figlidiputtana.

Ho passato la vita a cercare l’uomo che mi facesse vivere continuamente con le farfalle nello stomaco, che mi dicesse no, no, non posso, non voglio, non voglio stare con te, non posso stare con te. Un passo avanti, due passi indietro. Un passo avanti, due passi indietro.

Non so perché l’ho fatto. Per sfida, per paura, per desiderio. C’è così tanta passione nelle storie difficili! Non sarebbe bello vivere in un romanzo di quelli incasinati, ma che, poi, finisce bene?

Ho passato la vita a cercare la metà della mela. Perfetta. Precisa. Ho fatto un po’ di strada con uomini speciali, ho costruito castelli, case, sogni, desideri. Poi è tutto finito.

Passi tutta la vita a idealizzare l’uomo giusto, il principe azzurro, l’artista bello e dannato, e poi ti innamori di un esattore delle tasse o di un maestro elementare o di un metallaro quarantenne dai capelli lunghi.

L’amore è la cosa più ridicola e bella che ti possa capitare.

Alla mia età lo accetti e impari.

Impari che non è necessario riempire i vuoti e avere fretta e accontentarsi e rinunciare ai propri sogni e mettere le ambizioni e i desideri in un cassetto.
Impari che se non credi in te stesso, nessuno crederà in te, che se non impari a stare da solo, nessuno starà bene con te, che se non impari a godere delle cose che hai, non sarai mai sazio.

Tra pochi giorni è il mio compleanno.
Ho quasi capito cosa voglio fare da grande.
Ho capito che non bisogna dare agli altri illudendosi che un domani diano a te.
Ho capito che c’è ancora tanto lavoro da fare.
Ho capito che l’unico amore per cui vale la pena di lottare è quello che ti dice “voglio stare con te. Anche se fa paura, fa male, è difficile, è complicato, io voglio stare con te”.
Ho capito che tutto passa.
Ho capito che senza di te spariscono i colori.
Ho capito che nei fine settimana Milano si svuota.
Ho capito che sarà un grande anno. Il migliore.
Ci puoi scommettere.

Le piccole pause

Sono sparita per finire di scrivere una cosa lunghissima. Ci sono riuscita.

Ho pagato per la prima volta le tasse come libera professionista e ho visto il deserto nel mio conto corrente.

Sono rimasta senza lavoro (spero temporaneamente), quindi medito di tornare a vivere a Padova. Un mutuo e un affitto sono troppo.

Ho scoperto che l’amore fa ingrassare, ma mai quanto il Negroni.

Scrivo tanto

In questi giorni scrivo così tanto che potrei quasi iniziare a dire a che è un lavoro, mentre il lavoro è un po’ vago, appare, scompare, viene pagato a 90 giorni, non viene pagato nemmeno dopo 120 giorni.

Ho chiuso dei progetti per iniziarne altri e sono stata molto concentrata a modificare la mia vita.

Poi sono successe cose, stragi, terremoti e tutto quello che ho mi è sembrato piccolo, così poco solido, così fragile.

Sono molto stanca, ma è una stanchezza condivisa. Sono gli entusiasmi esauriti di una generazione che ha capito, purtroppo, che il meglio è già alle spalle. Sono stanca e resto a galla e non è facile non affogare. Ma sopravviviamo, ci arrangiamo, teniamo duro. Beviamo caffè, la sera continuiamo con il nostro bicchiere di vino, siamo sempre pronti a trasformarci ancora, a partire, a cambiare vita.

Scrivo così tanto che non ho il tempo per parlare con nessuno. Però mi concedo qualche ora di pausa. Passeggio nell’estate precoce e penso, penso, penso.

Un giorno tutto andrà come deve andare e se non succederà daremo la colpa al destino.

Non ci resta altro da fare che continuare a vivere, bere caffè, fare l’amore, ridere, spendere i soldi che abbiamo, sperare ne arrivino altri, ridere ancora, avere fiducia, non avere paura.

Io voglio essere Peter Pan

Ho smesso di occuparmi dell’amore e mi sto occupando solo del lavoro.

Dicono che, anche se hai un’intesa vita sessuale, se sei donna non sei single. Sei zitella.

Dicono che la fortuna arriva solo a chi crede nelle cose e non è vero. La fortuna arriva quando cazzo vuole lei. Va così.

Dicono che sono pigra, per quello le mie occasioni sono sempre piene di compromessi. Lo dicono le persone che pensano di conoscermi e invece no. Sono pigra, è vero, ma le mie occasioni sono quelle che capitano a tutti. I compromessi fanno parte dell’essere adulti, solo che a me pesano di più. Io voglio essere Peter Pan.

Oggi fa caldo e sono nervosa. Il tempo passa e io non riesco a correre di più. Sapessi quanto mi farebbe bene partire, adesso, lasciando tutte le cose in sospeso. Tu non hai paura che il tempo che non vivi in viaggio sia tempo perso?

Ho ripreso a cucinare, dopo un anno e mezzo. Mangio molto meglio. Non mi peso da un mese e vivo più felice.

Vorrei avere una casa sola e non molti appartamenti e nessun nido. Oppure no, vorrei avere mille vie di fuga e una base in cui tornare.

La prossima volta che mi porterai a cena, sceglierò io il vino. Poi faremo finta di essere ragazzini e spegneremo i telefoni e toglieremo gli orologi e tutto questo tempo non ci farà più paura.

 

Cosa sta succedendo

Due giorni fa ho preso il trenino che porta all’aeroporto grande. Non dovevo prendere nessun volo. Mi sono messa a passeggiare tra la gente in coda ai check-in, ho sfogliato le riviste nell’edicola, ho ordinato un caffè, ho guardato la gente che trascinava bagagli e controllava l’orario dei voli. Mi sono seduta ad aspettare, non sapendo cosa aspettare, un arrivo, un ritorno, una fuga, un’illuminazione. Ho fatto un giro per i negozi ed erano tutti gentili con me. Nessuno immaginava che io non dovessi partire. Però io lo sapevo e mi sentivo in colpa. Perché anche i non luoghi fatti per non farti sentire a disagio ti ricordano che non hai altrove da raggiungere. Poi ho fatto la fila alla toilette, mi sono lavata le mani, ho comprato un dolcetto, ho parlato con un addetto alle pulizie. Ho fissato l’orologio grande e ho deciso di tornare a casa. In treno ho letto un bel libro. Tornare a casa è stato come rientrare da un viaggio. Credo mi abbia fatto bene.

Oggi parto per Alba, dove incontrerò degli amici, berrò, berrò, berrò e poi, domani, insieme alla mia socia, terremo una lezione di piazza di Stiletto Academy (Piazza Falcone, ore 17.30).

Poi ci sarà il primo maggio e recupererò il lavoro arretrato, sempre ringraziando tutte le divinità del mondo di avere ancora un lavoro.

Il 5 e 6 maggio, allo Sheraton Malpensa ci sarà il nostro primo evento per spose, “Sì, mi voglio”.

Subito dopo mi chiuderò in casa a scrivere. Fino al giorno in cui tornerò in aeroporto. Ma stavolta per partire.

Questo è quello che succede. E, adesso, scusatemi, vado a bere il caffè.

Disperati e belli

Oggi piove. Non pioveva così tanto da tempo. Milano con la pioggia è Milano, così umida e grigia, così sporca e lucida, così veloce e piena. La osservo dalla finestra e non ho voglia di uscire e il mio mondo è in uno schermo e non ho bisogno di docciarmitruccarmivestirmi per andare a lavorare.

Sono giorni disperati perché non riesco a fare quello che dovrei, non riesco a finire le cose, a scrivere, a pagare i debiti. Sono giorni disperati e belli, perché sono pieni di ritorni, di incontri, di parole e bicchieri di vino.

Ho camminato per chilometri e chilometri e poi il tempo è passato. Un tempo credevo di poter vivere di arte e talento, adesso inizio a credere che servano disciplina e metodo. E fortuna. Serve tanta fortuna.

Mi sono circondata solo di persone a cui voglio bene e che mi vogliono bene. Cammino ancora a zig zag per evitare gli ostacoli e per evitare te. Oggi piove e mi sento serena. Sono giorni disperati e belli. Meno male che ho l’ombrello.

Ne vale la pena

Mi sono fermata a pensare a quello che resta e quello che passa. Quello che resta riempie a malapena una stanza e poi quasi tutto il cervello e il cuore. Quello che passa è andato, a volte non ci penso nemmeno più.

Dormo molto perché è primavera e poi sogno e a volte ti sogno. Devo iniziare le cose nuove e procrastino, posticipo, trovo scuse, mi mento, mi arrotolo come un gatto sul letto e non ho voglia.

È tutto nuovo e Milano ha altri colori oltre il grigio. Sono senza un soldo e ho una strana fiducia nel futuro. Un anno fa ero morta e adesso cambio vita di continuo.

Tutto sommato, ne vale la pena.

Il pane come la Francia

Ho mangiato un pezzo di pane che somigliava alla Francia e mi sono ricordata di te.

Chi lo sa se poi ci siamo davvero voluti bene, in quei vent’anni splendidi e problematici, tra quelle pareti piene piene di libri e di ricordi non nostri.

Mi sono ricordata di te e poi di com’ero e cosa pensavo e cosa volevo, quando pensavo che non avrei mai lasciato il teatro e Parigi e gli amici e quella casa così bella e quei capelli corti come adesso che tu mi carezzavi prima di dormire.

Ho mangiato un pezzo di pane che somigliava alla Francia e non ho voglia di cucinare e continuo a bere caffè e a pensare a quello che dovrei fare, scrivere, finire, iniziare.

Sono senza un soldo, come allora, ma non sono più così giovane e non farò la cameriera in un bistrot per riuscire a pagare il nostro vino. Anche Milano a volte sembra essere magica, ma non ci troveresti i tuoi fantasmi. E poi chi lo sa se disegni ancora, se ancora hai la barba lunga, se ancora fotografi tutto quello che ti piace.

Stamattina ho perso tempo invece di lavorare e poi sono inciampata nei ricordi e non c’è sole e il cielo è grigio e non lo so, non ho voglia e sono in ritardo e il mio conto corrente piange e fuori c’è il mercato e forse farò due passi, forse andrò in palestra, forse ti cercherò per sapere come stai. O forse no.

Quello che succede

Succede che ho accumulato lavori e non riesco a sbrigarli, perché sono stanca, non sono in forma. Mi faccio un caffè e mi affaccio alla finestra e guardo le terrazze piene di primavera e le macchine in seconda fila e la gente che indossa i colori pastello e mi sento quasi meglio.

Succede che ho mille progetti in testa e ho la testa che gira. Forse è il cambio di stagione, forse sono i pensieri che emigrano, l’insonnia, l’alcol che domani – giuro! – smetto, le cose da scrivere, l’ispirazione che non arriva, i soldi che finiscono.

Dovrei uscire più spesso, esco quasi solo la sera o per andare in palestra o per fare la spesa o per vedere qualche amico. Lavoro da casa e la casa è una tana e non c’è spazio per le fughe, c’è solo spazio per nascondersi.

L’altro giorno mi hanno chiesto: “hai poi trovato l’amore?”.

C’è un sacco di sole oggi e la mia testa gira. Mi doccio, mi vesto, mi trucco ed esco.

Questo è quello che succede.

Io sono molto stanca e poi arriva la primavera

Non si prendono mai decisioni quando si è stanchi.

Da stanchi tutto sembra più faticoso, insormontabile, fastidioso. Da stanchi ci sentiamo soli, brutti, trascurati, nervosi, emotivi, irascibili.

Io sono molto stanca, lavoro molto per mantenermi in questo altrove. Inizia a non piacermi più. Ma è perché sono stanca.

Se fossi meno stanca avrei il tempo per fare le cose belle, per cercare persone belle, per incontrare occhi nuovi, per ridere, per rimettermi in forma.

Invece sono stanca, mi trascino da un impegno all’altro, da un incontro all’altro, da un cliente all’altro.

La sera, davanti al vino, parlo di lavoro. Io non voglio essere una di quelle persone che, davanti al vino, parla di lavoro.

Poi arrivo a casa e mi ricordo di dover finire delle cose, dico di sì a tutti gli ingaggi perché ho bisogno di soldi. Milano diventa il fine e non il mezzo. Riesco a guadagnare per mantenermi, mutuo e affitto insieme, e non a guadagnare per fare quello che mi piace.

Sono diventata un’adulta e gli adulti sono stanchi, hanno problemi schifosi, non parlano quasi mai d’amore, hanno tanti conoscenti e pochi amici, non sognano ad occhi aperti, non scappano per cambiare tutto, restano e resistono, si sacrificano, vanno avanti, crescono e, spesso, invecchiano.

Io sono molto stanca e poi arriva la primavera. Non ricordo già più quanti caffè ho bevuto stamattina.

Vado avanti e vado avanti e vado avanti. Domani, forse, mi riposo un po’.

Tra cinque minuti

Scrivo poco perché non ho più patimenti, non ho messaggi da lanciare, non ho voglia, aspetto la primavera, dovrei pulire casa e perdo tempo, dovrei consegnare quel progetto e guarda, c’è un programma inutile alla TV! Adesso lo guardo e procrastino, non sono più innamorata, non sono ancora innamorata, non so cosa dire, se lo dico non mi viene bene, non ho tempo, perdo un sacco di tempo, devo lavorare, c’è troppo lavoro, c’è poco lavoro allora lo cerco, ho l’ansia per i debiti, mi trascuro, prenoto il parrucchiere, prenoto l’estetista, aspetto la fashion week, leggo, leggo, guardo film, bevo tre moka di caffè al giorno, mi metto a dieta, mi dimentico di essere a dieta, vado in palestra, mi stanco, mi lavo i capelli e perdo tempo a stirarli, non sono felice, non sono triste, non sono molto, aspetto.

Scrivo poco, non è un dramma. È molto peggio non pulire casa. Adesso vado, davvero. Tra cinque minuti vado.

Sono contraria alle emozioni

Oggi ho fatto un viaggio in treno, lento e sporco, perché a Milano è festa e tutti partivano e non c’era posto sui treni migliori e ho preso un vecchio interregionale, che adesso si chiama regionale veloce, ma è lento e sporco come l’interregionale vecchio.

Oggi ho fatto un viaggio in treno e leggevo questo romanzo di un autore che amo e lui dice proprio le cose che io ho sempre immaginato dicesse o pensasse l’uomo con cui avrei passato tutta la vita e le dice come le avrei dette io e leggevo, nel treno lento e sporco, questa cosa sulle emozioni in cui il personaggio dice che lui subisce le emozioni, non le controlla, non riesce ad attraversare la strada perché travolto dal camion delle emozioni, come in un incrocio senza semafori.

E io annuivo, dicevo sì, sei proprio come me, poi ho ricevuto queste due telefonate con notizie non belle e a un certo punto ero di nuovo al centro dell’incrocio, con tutte queste emozioni che sfrecciavano e c’era la disperazione, la nostalgia, la rabbia, la rassegnazione, la delusione, la fatica. Allora ho pensato che a volte le cose ti succedono mentre le leggi, che le parole sono segnali, ma solo se cerchiamo segnali in ogni cosa. Ho pensato che c’è sempre qualche coincidenza che ti fa credere a un disegno più grande e quella casuale coincidenza è poi la cosa più importante, che ti fa credere che era destino, che non poteva che andare così, che alla fine non dipende tutto da te.

Quindi sono qui, mutuo, affitto, Milano, Padova, lavori finiti, lavori da cercare, debiti, entusiasmo, solitudine, un gatto, amici, ricordi, ricordi e fottuti ricordi, paura, birra in frigo, la tazzina di caffè in mano, il rimmel colato per un pianto consolatorio, il futuro, i progetti e il mio camion di emozioni che mi schiaccia, mi uccide e, mentre mi ammazza, mi fa sentire viva.