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Sono pronta a nuovi ricordi

Ti capita mai, a distanza di anni, di metterti ad analizzare eventi e situazioni e, di colpo, capire, vedere tutto più chiaro di come fosse tempo fa? Scoprire di esserti preoccupato per le cose sbagliate, realizzare che mentre pensavi di essere quello forte, te la stavano invece mettendo nel didietro, o invece renderti conto che una fuga è stata in realtà la migliore scelta della tua vita? Comprendere, finalmente, che chi pensavi di aver fatto soffrire magari – che ne so – ti aveva raccontato un sacco di balle, che chi credevi ti avesse spezzato il cuore in realtà era la persone più sbagliata per te, che i lavori lasciati e quelli tenuti, per fame, per passione o per paura, ti hanno fatto comunque sopravvivere fin qui?

A me capita, negli ultimi tempi, di ripensare spesso al passato e di capirlo, una volta per tutte. Grazie a una canzone, a una chiacchierata, a un’intuizione, a qualche pagina letta per caso, alla fatica mentre sudo in palestra, agli abbracci delle persone vecchie e nuove, ai film.
E quasi sempre è consolatorio capire le cose.
Anche scoprire di essere stata tradita.
Anche accorgermi di aver perso treni che non torneranno più.
Anche accettare di non essere stata all’altezza delle mie occasioni.
Perché, se riesco a guardare il bello e l’orrore con il distacco freddo di uno scienziato, vuol dire che l’ho superato, che almeno quei fantasmi lì sono stati spazzati via dalla soffitta del mio cervello e del mio cuore.

Mi capita di fare pace con il passato e la cosa mi fa stare bene. Sono pronta a nuovi sbagli, a nuove vittorie, a nuovi inizi, a nuove fughe e a tanti nuovi ricordi.

Scalo libri alla libreria Acqua Alta di Venezia.
Scalo libri alla libreria Acqua Alta di Venezia.

Non perdo mai il vizio di tornare

Nel bilancio di questo pezzo di vita, scopro parità di rimpianti e rimorsi. E sono dolorosi entrambi e difficili da mettere da parte, rannicchiati e nascosti tra i ricordi, sempre pronti a saltarti alla gola.

Ho l’età della consapevolezza, delle prime rughe leggere e invisibili ai lati degli occhi, del riscoperto e incredibile amore per il silenzio e il riposo, della tolleranza per i difetti di chi amo e l’odio brutale verso le piccolezze di chi non amo più.

Viaggio molto, alla scoperta del passato lasciato in sospeso e del futuro ancora da iniziare.

Vorrei portarti con me. E tu sei fermo alla tua scrivania, con i tuoi disegni e le tue storie e le parole e l’inchiostro e le matite.

Stasera prendo un volo per l’altro lato del mondo. Vado a circondarmi di famiglia. La mia famiglia autentica, quella che non ho scelto, ma che mi è stata data in dono.

Vado al sole e al caldo, con la valigia piena di regali e di costumi.

Questa volta torno. Come sempre. Non perdo mai il vizio di tornare.

Non si sta così male qui. Il caffè e il vino sono buoni e anche noi, in fondo, non siamo così male.

Domani mattina

Quello che ci frega è che abbiamo tutti e due un passato.

Abbiamo vissuto tanto e visto e viaggiato e provato e assaggiato. Abbiamo pianto tutte le lacrime del mondo e goduto e ferito e siamo fuggiti e siamo tornati. Abbiamo seppellito i nostri padri sbagliati, distratti, crudeli e lontani. Abbiamo pianto amici che non ci sono più. Abbiamo detto mille volte ti amo e mille volte è finita. Abbiamo lavorato e fatto cose che ci hanno resi migliori e cose che ci hanno resi brutti e cinici e meschini e piccoli. Abbiamo detto basta e abbiamo detto ancora.

Sono adulta da una vita. Lo sono diventata troppo presto. Succede. E non mi è piaciuto. Non mi è piaciuto perdermi la spensieratezza e il disimpegno e i capricci e i sogni leggeri e stupidi.

Sono adulta da una vita e ho già imparato tanto e sono caduta tante volte e mi sono rialzata quasi sempre e qualche volta sono rimasta a terra ad aspettare, ad ascoltare le voci distratte intorno a me che si allontanavano, a darmi la spinta per riportare le spalle in alto.

Sono la somma di tutte le cose che ho vissuto, di tutte le cose che ho imparato, di tutte quelle che ho dimenticato. Sono l’insieme del bello che ho incontrato, dei sorrisi, delle carezze rubate, dei baci, delle urla disperate, dei silenzi, degli occhi lucidi, degli schiaffi, del dolore.

Quello che ci frega è che abbiamo tutti e due un passato e fantasmi e scheletri e zaini pesanti sulle spalle e parole lasciate in sospeso e bisogni inconfessabili e paure e desideri.

Quello che ci frega è che il passato non possiamo cambiarlo. Non ce la possiamo fare.

Possiamo cambiare il futuro.

Magari ci proviamo domani mattina.

Le cose piccole

Di un anno intero che è passato ricordo solo le cose piccole, i viaggi in treno sempre da sola, i libri letti, i caffè nelle case in cui ero ospite, quel paio di scarpe bello che mi faceva così male, i camerini troppo bui prima di andare in video, le parole scritte che tu non hai letto, le passeggiate con la musica nelle orecchie, le lacrime che sporcano di rimmel i cuscini, gli abbracci agli amici, il vento sulla spiaggia di Jericoacoara, quel pomeriggio da sola nel Marais.

Ricordo lo stomaco chiuso, l’alcol che cura, le attese che durano e durano e poi finiscono, il ticchettio della sveglia nelle notti insonni, i numerosi tagli di capelli diversi, la paura di fare tardi, la certezza che è ormai troppo tardi, è troppo tardi, è troppo tardi.

Dobbiamo essere pronti per le cose nuove, perché c’è molto, ma molto manca ancora, e tutto arriva quando sei distratto, quando stai guardando altrove e non sei pronto. E mi distraggo spesso e non so se cerco e se non cerco non trovo e quando arrivi non ti vedo e non so se è il tempo che passa senza chiedere il permesso o sono io che non so aspettare, ma ho molta fretta di tutto, di tutto.

Sono stata al mare e c’era il vento forte e il freddo e le onde alte e la sabbia che si alzava e che finiva tra i capelli e ho pensato che è bello quando tutto è agitato e tu speri che finisca, ma non puoi fare a meno di guardare, perché la furia ti attrae e mentre aspetti il sereno guardi l’acqua agitata e te la senti dentro. C’è ancora tanto mare in tempesta qui intorno e io lo osservo e mi si muove dentro e va tutto bene. Ho il frigo pieno e la birra e le cose da finire e quelle da iniziare, le pagine da scrivere, le città da rivedere, gli uomini che rimangono un po’, quelli che si fermano una notte e poi non li vedi più e ti sembrano porti in cui fermarti a fare il marinaio e poi salpare.

Di un anno intero che è passato ricordo solo le cose piccole. L’anno che verrà sarà quello delle grandi cose. Non fare tardi.

 

Una coca cola agitata troppo

Tu li hai mai avuti quei momenti in cui ti mancano tutti, le persone del passato, gli amori mai nati, gli amici scomparsi, quelli che si sono allontanati, quelli che hai allontanato tu, i nonni che hai perso, i genitori, i gatti che non hai più, i compagni di viaggio, quelli di scuola, le colleghe simpatiche, i vicini di ombrellone, gli sconosciuti con cui hai fumato e chiacchierato fuori dai locali, le cugine con cui passavi tutti i giorni dell’infanzia, i professori con cui hai studiato, le bocche che hai baciato?

Tu li hai mai avuti quei momenti in cui ti mancano i posti, quel caffè tutto nostro a Venezia, l’osteria preferita, il bistrot parigino in cui ordinavo sempre bordeaux, la casa col terrazzo a Napoli, la prima stanza in affitto a diciannove anni, il binario del treno in cui mi hai baciato sulla fronte, quel ristorante dentro un mulino, la spiaggia di Jericoacoara, il deserto egiziano, quel piccolo parco a San Pietroburgo in cui mi sono sentita dire “non ti amo”, quel banco in prima fila alle lezioni di arabo?

Tu non li hai mai avuti quei momenti in cui si mescola tutto quello che hai dentro e poi viene su, come una coca cola agitata troppo, che poi esplode e ti bagna e ti lascia tutte le mani appicciccate?

Io ci nuoto spesso in quei momenti lì e forse è la neve, forse è il tramonto grigio, forse è il silenzio o quel libro malinconico, ma oggi mi manca un’intera vita.

Per fortuna, non mi manca una buona bottiglia di Chianti.

Un po’ di fottuta fiducia

Fuori fa freddo, però sul divano ho bevuto una birra ghiacciata, guardando un po’ il soffitto, un po’ la TV, un po’ i palazzi gelidi di Milano al buio.

Mi sono sentita leggera, perché è arrivato il momento, quel momento in cui non mi mancano più, il momento in cui non aspetto ritorni, il momento in cui cerco, in cui non mi guardo più alle spalle, non ritorno sui miei passi a pensare dove potrei aver perso il cuore.

Non è vero che chi va via si porta tutto, chi va via lascia sempre qualcosa. Anche il vuoto è qualcosa. Qualcosa da riempire.

Poi arriva il momento che non ci pensi più e ti senti così serena e fai solo quello che ti va di fare e non vuoi altro che stare bene, da sola, in compagnia di qualcuno di passaggio che ti scaldi un po’ i piedi una serata, degli amici che ti conoscono meglio di te, che sanno capire quando è il momento di presentarsi a casa con del buon vino e con tutto il futuro.

Mi piace stare al caldo a bere birra ghiacciata, mentre fuori Milano gela e inghiotte tutto, tutto il passato, tutte le attese deluse, tutti i sospiri che non tornano più, tutte le coincidenze che ci siamo evitati, tutti gli incontri infelici, tutti i sorrisi abbozzati, quelli sinceri, quelli feriti, tutta la fretta, tutta la distanza che ci ha separati, fino e renderci estranei e nuovi.

Mi piace stare al caldo a bere birra ghiacciata e ci sono tante cose da fare, ma io resto qui a pettinare la noia, carezzando il gatto, canticchiando canzoni imbarazzanti, fantasticando su domani, riempiendo il vuoto di scatole nuove con dentro i nuovi incontri, i nuovi progetti, l’incoscienza e un po’ di fottuta fiducia.

Gli specchi

Oggi è il primo giorno dell’anno e io ho passato il tempo a riempire i vuoti, a pulire casa, a finire avanzi, a leggere un bel libro e a chiedermi perché non l’abbia fatto prima, a carezzare il gatto, a sospirare, a guardare fuori dalla finestra il sole pigro che tramonta su Milano.

Ho passato il tempo a ricordare appena e appena arrivavano i ricordi, insieme alla noia che non fa altro che riportare a galla passati irreparabili, iniziavo a fare qualcosa, qualcosa per riempire vuoti.

Ho guardato un film e tanti telefilm e c’era una scena in una puntata in cui la protagonista faceva una cosa sbagliata, che però la faceva stare bene, tipo farsi un amante, ché gli amanti quando sei trascurata ti fanno sentire viva, ti fanno venire voglia di truccarti e vestirti bene e curarti e sorridere, quei sorrisi idioti per qualsiasi coincidenza, ti fanno venire le farfalle nello stomaco e le ginocchia molli e lei aveva questo amante, però il marito distratto le chiede cosa c’è e lei allora si sente terribilmente in colpa, perché ama quel marito distratto che la trascura, e gli risponde niente niente e poi si guarda allo specchio e rimane lì a fissarsi con quell’espressione che dice oddio, ma cosa sto facendo? sono una brutta persona.

Mentre la guardavo io pensavo che questa cosa di guardarsi allo specchio nei momenti difficili e fondamentali della nostra vita e riconoscersi e capire tutto e dire ma cosa succede, cosa mi succede? io non sono così no no no adesso sistemo tutto, questa cosa di guardarsi allo specchio che piace tanto al cinema e alla tv, nella vita vera non succede mai.

Nei momenti difficili e fondamentali ci guardiamo appena allo specchio e solo per vedere se possiamo sistemare i capelli, se possiamo mascherare le occhiaie. Nei momenti difficili quasi non ci percepiamo, non ci facciamo distrarre dalla nostra immagine, non ci fissiamo mai, fissiamo soprattutto gli altri, pensiamo molto e ci guardiamo poco e se lo facciamo non abbiamo mai rivelazioni.

Questa cosa di guardarsi allo specchio e capire a me non è mai successa, allora mi sono messa davanti allo specchio, per capire se capivo e non ho capito nulla, ho visto questo viso un po’ invecchiato, il mio nuovo taglio di capelli, le occhiaie per il poco sonno, gli occhiali ancora sporchi del colore di quando ho imbiancato casa, mi sono vista con due chili di troppo e le mani con lo smalto rosso e non ho capito, forse perché non c’è più niente da capire, forse perché è finito tutto, è passato un anno intero, sono sopravvissuta, nonostante i vuoti da riempire e l’assenza rumorosa e le parole spedite per ricevere indietro silenzi.

Questa cosa di guardarsi allo specchio non fa capire, però nei film funziona e poi oggi è il primo giorno dell’anno, è il giorno in cui non c’è niente da capire, è il giorno in cui programmare tutto e ho ancora del panettone ai frutti di bosco e per un po’ non mi guarderò allo specchio, aspetterò nuove farfalle nello stomaco, finirò i libri belli, lascerò che arrivi il nuovo, smetterò di vivisezionare il passato e inizierò a bere molto meno caffè.

Il tutto migliore

Ho ripensato a tutto.

A tutti i particolari, a tutti i momenti, a tutte le cose dette e non dette.

Ho immaginato inizi diversi, reazioni giuste, parole perfette, silenzi allegri, decisioni corrette, ritorni improvvisi, colpi di scena. Ho anche già immaginato un futuro ideale, un finale felice, con tutti noi al posto giusto, con la musica giusta, i tempi giusti, gli spazi giusti.

Ho ripensato a tutto, l’ho trasformato, l’ho reso migliore.

Nel tutto che ho ripensato e immaginato ogni cosa ha una soluzione.

Mi fa bene pensarlo così, il tutto che non è stato e non sarà.

Però, finché funzioni e mi consoli il pensiero quando torneranno i tempi bui, dovremmo lasciarlo lì, non toccarlo più, non parlarne più, non vederci, non cercarci, non sentirci, non piangere, non scriverci, non leggerci, non pensarci.

Facciamo che ci inventiamo questo tutto perfetto e lo pensiamo così e lo conserviamo dentro e poi continuiamo a vivere, distanti. Facciamo che, per una volta, invece di essere razionali, siamo matti e ci teniamo dentro la versione migliore di quello che sarebbe potuto essere. Facciamo che l’immaginazione ci aiuta a non perderci anche se non ci rivedremo mai, mai, mai più. Facciamo che la testa aggiusta quello che il cuore distrugge. Facciamo che non ci frega più niente del vero e del falso, ma solo dello stare bene.

La verità, quella vera, la sapremo solo noi, ma non la diremo a nessuno, nemmeno a noi stessi e poi ce ne dimenticheremo e alla fine sarà solo un ricordo confuso e non farà più male, come quei sogni violenti che sembra ci rimangano attaccati per sempre e poi, quando apriamo gli occhi, sono già spariti insieme alla notte.

Il senso

Sono andata a vedere lo spettacolo di un vecchio caro amico che non incontravo da tanti anni.

Lui era quello di noi – sognatori, rivoluzionari pigri, chiacchieroni, brillanti e arrabbiati – che aveva davvero talento.

È diventato famoso, ha vinto tutti i premi possibili, gira il mondo, da Tokyo a New York, e fa quello che ha sempre desiderato fare.

Ci siamo parlati per pochi minuti prima che si alzasse il sipario e vedendolo così realizzato, così adulto, così diverso da quello che era eppure così tanto uguale, così coerente, così illuminato, così deciso, gli ho chiesto:

«Ma, quindi, sei felice?»

e lui mi ha risposto

«In che senso?».

Allora ho sorriso, l’ho salutato, gli ho detto “tanta merda” e sono andata a sedermi al mio posto.