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La mia storia con internet

Mi hanno chiesto di raccontare “la mia storia con internet” in un’intervista video e mi sono resa conto che, per moltissimi anni, è girata tutta intorno a questo blog.

Da quando nel 2003 ho aperto Malafemmena, prima su Splinder e poi su questo dominio, la mia vita è cambiata del tutto. Non è stato rapido, non è stato indolore, ma è stato un percorso emozionante, pieno di persone, di posti visitati, di parole scritte e di parole lette.

La mia storia con internet è una storia di passione e lacrime, come tutte le più grandi storie d’amore, con alti e bassi, fatica, fallimenti e soddisfazioni.

Non è più il mio tempo. Me ne rendo conto sempre più, perché questi sono gli anni degli influencer, degli youtuber, delle star vere con un seguito enorme, che nascono e restano online e non si limitano a trovare, come facevamo noi, una professione, ma diventano loro stessi un lavoro.
Eppure, nonostante sia una cariatide che ha assistito (e contribuito in minuscola parte) alla nascita del web in Italia, sento di avere ancora cose da fare. In piccolo, con il solito entusiasmo di sempre, con i miei tempi dilatati e il mio ristretto pubblico amatissimo.

Abbiamo un futuro pieno di possibilità e io voglio essere ottimista. La rete imparerà ad autoregolarsi e smetterà di essere lo sfogatoio di ogni frustrazione.
Resteremo chiusi nelle nostre bolle, ma riusciremo a renderle più variegate.
Smetteremo di cercare consenso a tutti i costi e torneremo a cercare relazioni.
Daremo un valore diverso al tempo passato a navigare, senza FOMO o dipendenze.
Inventeremo nuovi mestieri che ci daranno il pane.
E soprattutto smetteremo di aggiungere la gente ai gruppi di Facebook, senza chiedere il permesso, perché davvero non se ne può più.

P.S. Lo so, nel video sembro stanca e trascurata. È che in realtà lo sono davvero. Ma sono felice, non vi preoccupate.
P.P.S. potete raccontare anche voi la vostra storia, usando l’hashtag #lamiastoriaconinternet

Centottantuno giorni dall’inizio del mondo

6 mesi di Alessandro Ghigo

Oggi Alessandro Ghigo compie sei mesi. Lunghi e brevissimi, faticosi e bellissimi.
Sono mamma da mezzo anno, ho cambiato ritmi, abitudini, gusti, qualche idea, qualche amico, progetti e sogni, eppure, abbandonato ogni altro impegno, a causa di una (spero) temporanea inoccupazione, ho scoperto di essere piuttosto portata per questa faccenda della maternità.
Sono stati mesi di grande scuola, quella proprio “della vita”, in cui umilmente ho ascoltato, osservato, visto, sentito e annusato per apprendere.

Ho imparato che i figli spaventano appena nati, non comunicano, sono troppo fragili, piangono che ogni volta ti si strappa il cuore e ti chiedi “ma ce la farò mai?”. Poi diventano ogni giorno più facili da capire, e cicciottelli, e forti e sorridono guardandoti e ti sembra di aver trovato la risposta a tutto e capisci che ce la puoi fare, anche se è una fatica.

Ho imparato che, anche se come me sei sempre stata un drago che dà fuoco a tutto e che da sola è riuscita a cavarsela sempre, devi chiedere aiuto. Chiedilo prima di essere troppo stanca, troppo terrorizzata, troppo nervosa. Chiedilo senza sentirti debole. Farà bene a te e soprattutto ai piccoli.

Ho imparato che se è vero che il corpo di una donna non è mai solo suo, è tanto più vero quando la donna diventa madre: tutti si sentono in dovere di dirti come, quanto e cosa mangiare, come, dove e se allattare, come dormire, come vestirti, come parlare, quanti chili perdere, se e quando tornare a lavorare, come curarti e non lasciarti andare che sei comunque una donna, ma allo stesso tempo non pensare all’aspetto fisico perché ormai sei una mamma. Tutti, ma proprio tutti, sapranno perfettamente in cosa sbagli e su cosa hai ragione, mentre tu osserverai lo stravolgersi del tuo mondo e della tua autonomia (non sei più una, ma due) navigando a vista.
I consigli non richiesti sono la vera piaga per le neomamme e il solo modo per evitarli è smettere di frequentare persone. O selezionarle con molta cura. Oppure rispondere: “grazie per i suggerimenti, ma seguirò l’istinto e farò a modo mio”. E sorridere sempre, soprattutto di fronte ai pargoli.

Ho imparato che internet può essere utile quando hai dubbi e paure (meglio, però, se chiedi al pediatra o a un’ostetrica!), ma diventa una gabbia di matti per qualsiasi altro confronto. Sono stata alla larga da forum, gruppi, chat, mailing list di mammine e papini e sono una persona felice.

Ho imparato che il puerperio scatena i più grandi sensi di colpa, soprattutto se hai sempre lavorato e di colpo ti ritrovi a non fatturare, ma solo a cambiare pannolini e usare la tetta come Masterchef. Sei consapevole che questi mesi intimi e belli non torneranno più e che stare con tuo figlio e usare i tuoi risparmi per accudirlo, finché almeno non riesce a stare seduto, è la cosa più giusta per te e per lui, ma ti senti anche sbagliata perché una mamma che non lavora per dedicarsi a un neonato viene spesso considerata una perditempo. E magari, in passato, l’hai pensato anche tu di amiche e colleghe.

Ho imparato che in Italia i figli sono una faccenda privata e che se non ci sono servizi, assistenza, aiuti per tutte le famiglie, fatti tuoi che li hai voluti ‘sti mocciosi. Sono tuoi, ci dovevi pensare prima. Non c’è una cultura evoluta dell’infanzia, della maternità e della paternità e figliare è spesso considerato un vezzo, come prendere un cane. Lo stesso Paese che non vuole dare la cittadinanza ai figli di immigrati, che inneggia all’italianità, che resta immobile in un immaginario anni ’50, mamme sante a casa e papà padroni a faticare, lo stesso paese (ché nemmeno merita la maiuscola) ti dice che mettere al mondo nuovi cittadini è un tuo problema. Un problema privato.

Ho imparato che la vita è piena di nuovi inizi e vale la pena affrontarli tutti di petto e con coraggio, e che noi donne abbiamo davvero risorse inesplorate e una forza che non sapevamo di possedere, e che, sia che tu voglia essere madre o meno, non devi mai lasciare a nessuno il diritto di decidere per te.

Ho imparato davvero tanto in centottantuno giorni, ma la cosa più bella e tenera che mi ha insegnato Alessandro è la gioia incontenibile e profonda di vivere ogni momento come un divertentissimo gioco.
E alla mia età, ve lo garantisco, è un insegnamento davvero importante.

*Ieri questo blog ha compiuto 14 anni. A volte mi dispiace averlo abbandonato, perché racchiude più di un terzo della mia vita. Forse, per tenerlo vivo, avrei dovuto trasformarlo in un lavoro, ma ho iniziato troppo presto e, quando -anni dopo- bloggare è diventata una professione, mi sono accorta di non esserne capace.
Auguri, Malafemmena, ti voglio bene!

Vado a Cuba, fate i bravi

Domani parto per Cuba.
Volevo visitarla da tanti anni, ma poi il lavoro, i traslochi, la vita, le consegne, altri viaggi, compagni d’avventura andati ed altri ritrovati mi hanno distratta. Soltanto la bandiera americana che di nuovo sventola sull’ambasciata all’Avana mi ha fatto tornare in mente che ora o mai più.

Parto dopo aver consegnato il nuovo romanzo e aver dato disposizioni al compagno temerario su come accudire i gatti.

Per quindici giorni mi dimenticherò della rete, dei social, delle email, di whatsapp, del telefono e di questo blog, che ormai trascuro come un figlio troppo adulto.

All’inizio del mese di agosto, Malafemmena ha compiuto dodici anni. Non male, per un diario.

Ci sentiamo a metà settembre, cicloni permettendo.

Fate i bravi.

Non è davvero mai troppo tardi

Ogni età ha i suoi rimpianti.
Quando inizi a camminare, vorresti ancora le braccia di tua madre. Quando inizi a lavorare, ti mancano i pomeriggi di cazzeggio studio con gli amici. Quando convivi, ti manca il bagno che usavi da solo. Quando sei solo, rimpiangi qualcuno che ti porti il caffè a letto la mattina.
Ogni volta che finisce una fase della tua vita, pensi che le cose belle andate non torneranno più, che il tempo stia per finire, che il meglio è già tutto alle spalle.
E mentre cammini distratto, guardando indietro, non ti accorgi che c’è ancora una sacco di strada da fare. Tantissima. Emozionante. Faticosa, ma a volte in discesa. Bella.

Ho sempre vissuto con la sindrome da enfant prodige, soffrendo ogni volta che sentivo di aver superato l’età per alcuni traguardi, di aver perso alcuni di treni, di aver sprecato certe occasioni.
Poi, però, sono passati altri treni, sono arrivate altre possibilità, ho stretto mani diverse, ma altrettanto decisive, ho avuto nuove possibilità di scelta.

Non è davvero mai troppo tardi per vivere la vita che vorresti. Non quella che sogni senza contatto con la realtà (quella possono viverla solo i personaggi dei romanzi), ma quella che sei sicuro di poter affrontare con un po’ di coraggio, entusiasmo e incoscienza.

Dopo 12 anni lunghi di blog, Malafemmena ha cambiato ancora una volta abito, io ho cambiato di nuovo la testa, ho cambiato gusti, ambizioni, passioni, amori. Ho capito che oggi possono iniziare cose nuove. E anche domani. E domani ancora. E ancora e ancora.

Template 2012

(Grazie ai ragazzi di Pholpo, a Barbara e al mitico Andrea per il restyling del sito).

Una nuova copertina

Poco più di un mese fa, la mia dichiarazione di intenti: tornerò a bloggare come se fosse il 2003!
E mi ci sono messa, perché ho davvero voglia di farlo, di scrivere, di raccontare storie senza linea editoriale, senza sponsor, senza conteggio dei click, senza ansie da classifica. Così mi sono fatta una scaletta, ho preso appunti, ho provato.
Ma mi sono accorta che il contenitore non era più adatto al contenuto e non sono riuscita a scrivere tutti i giorni. Mi sono seduta davanti al monitor e no. Perché gli anni mi hanno reso una malafemmena diversa. Sono meno aggressiva (almeno esternamente), meno sarcastica (almeno interiormente), meno seducente a tutti i costi, meno tacco a spillo.
Come dicono i miei amici fumettisti, quando il tipo di carta non ti piace, ti viene meno voglia di disegnare.
Sto cercando una carta migliore per i miei pensieri virtuali.

Ho lanciato un appello per trovare un grafico che si accollasse l’onore di rifare il mio sito, che negli anni è passato dal naïf splideriano alla complessità wordpressiana, e credo di averlo trovato. Spero di poter avere a breve una copertina che mi somigli di più. Non più vecchia, eh, solo più “matura”.

Nell’attesa, aggiorno quando posso e lavoro al (ai) nuovo (nuovi) libro (libri).

Il resto sono solo parole.

 

Giù

Il blog era “andato giù”.
Il server su cui era ospitato è esploso. Allora prendi i dati, spostali su un altro server e controlla e non va e recupera e aggiusta.
Sono stata quasi una settimana senza blog.
Non era mai successo, dal 2003, da quando l’ho aperto.
Un giorno, un giornoemmezzo forse sì. Ma una settimana, mai.
All’inizio dicevo adesso torna a posto. Dai, tra un’oretta c’è. Poi ho iniziato ad avere un senso di vertigine. Poi il terrore. Poi la rassegnazione.

Ed eccolo di nuovo qui.

Non è uno spazio di lavoro. Non è uno spazio commerciale. Non ci guadagno soldi, non sono obbligata a usarlo quotidianamente.

Ma è il mio cassetto dei pensieri, il mio salotto, il tavolo della cucina dove ricevo gli ospiti, il bloc notes dei ricordi e dei buoni propositi.

Per un attimo ho temuto di doverne fare a meno. Dopo quasi 10 anni.
Troppe parole a cui rinunciare, troppo lettori, amici, troppi messaggi in troppe bottiglie.

Ho avuto strizza.

È strano pensare che uno spazio virtuale che sembra fluttuare nella mente e nello spazio, dipenda da una macchinetta che può danneggiarsi. La tecnologia è incredibile. E fragile.

Malafemmena è tornato.

Stasera, da bere lo offro io.

(Grazie ad Andrea per avermi tenuto stretta stretta la manina, mentre deliravo per l’assenza).

(E grazie ai piccoli Umpa Lumpa che hanno rimesso tutto a posto).

Nove anni e un giorno

Ieri il mio blog ha compiuto nove anni.

Nove.

Ma ci pensi?
Io mi sento ancora venticinque anni.
Cos’è successo? Cosa abbiamo fatto tutto questo tempo? Quante parole abbiamo scritto? Quante cose ci siamo detti? Quante volte abbiamo riso, litigato, discusso, pianto, riflettuto? Quante volte non abbiamo avuto voglia di dire niente, perché era meglio tenerci tutto nella testa?

Sono passati nove anni.
Un’eternità.

Vado a brindare con il caffè.

Grazie a tutti per esserci stati.

 

Finché dura

Da anni, ogni tanto, qualcuno grida da qualche pagina di blog che i blog sono morti e, all’improvviso, tutti noi sperperatori di tempo e byte ci sentiamo in dovere di pregare per l’anima dei nostri diari virtuali.

I blog che parlano di blog non sono affascinanti come i libri che parlano di libri, come i film che parlano di film.

Questi diari sono solo posti in cui siamo arrivati perché volevamo dire qualcosa.

C’è chi ha detto tutto, chi ha preferito continuare a dire sui social network, chi si è accorto di non avere un cazzo da dire o di non avere più voglia di dirlo.

C’è chi rimane, perché non riesce a farne a meno, perché gli strumenti nuovi, i facebook, i twitter, i friendfeed, sono più conversazione e meno riflessione, perché ha voglia di scrivere senza essere fagocitato dalla serendipity, perché l’archivio dei suoi post gli ricorda dove è stato e dove sta andando.

Un paio di anni fa avevo pensato di uccidere il blog.

E poi non l’ho fatto.

Ho passato quasi otto anni della mia vita tra queste pagine e non saprei come si fa a tornare a vivere senza rielaborare i monologhi interiori in forma di post.

Dopo quasi otto anni il mio blog è cambiato, sono cambiata io, sono cambiati i tempi, le idee, le percezioni, le ambizioni, i ritmi, le persone, gli spazi, i lettori, il personaggio, le parole.

Dopo quasi otto anni il mio blog è diventato il posto delle cose non urlate, il posto dove mi sono accorta che c’è una crasi perfetta tra Dania e Daniela.

Un giorno non avrò più niente da dire e dirmi e spegnerò la luce anch’io e di tutto quello che è stato scritto non saprò cosa fare.

Quel giorno credo che mi sbronzerò.

Tutte uguali

Cose che qualsiasi donna sopra i 30 anni ha fatto almeno una volta nella vita:

– Indossato felpe con le spalline.
– Imitato il make up di Madonna.
– Finto sulla propria età.
– Finto un orgasmo per non mortificare il partner.
– Pianto, di nascosto, al cinema per un film romantico.
– Ascoltato tanta musica orrenda solo perché piaceva a lui.
– Provato una crema anticellulite pur sapendo che non serve a nulla.
– Letto l’oroscopo sperando fosse vero.
– Desiderato un figlio dall’uomo sbagliato.
– Pomiciato con un ragazzo brutto dando la colpa all’alcol.
– Fatto sesso con il marito/compagno di un’amica e sostenuto che lei, in qualche modo, se lo fosse meritato.
– Odiato almeno una delle ragazze di Non è la Rai.
– Passato un’intera serata a criticare l’abbigliamento delle colleghe di lavoro.
– Provato almeno una dieta pubblicata su una rivista.
– Comprato un vestito troppo stretto promettendosi di perdere quel paio di chili di troppo.
– Giurato “come lui nessuno mai” e poi essersi comunque innamorata ancora e ancora.

Le verità taciute

Sono sempre stata sincera.

Ti ho confessato tutto: il mio passato, le mie storie, le mie paure.

Ti parlo apertamente dei miei nuovi amanti, dei miei pensieri, dei miei desideri, delle mie fantasie più ardite e dei miei segreti più nascosti.

Ma mi stai chiedendo una sincerità che va oltre ogni limite concepibile da una donna.

Il mio peso esatto non lo conoscerai mai!