Ho deciso che entro la fine dell’anno rinuncerò al posto fisso per realizzare alcune idee.
Copiate.
Così risparmio il costo della progettazione.
Ho deciso che entro la fine dell’anno rinuncerò al posto fisso per realizzare alcune idee.
Copiate.
Così risparmio il costo della progettazione.
Oggi hanno rinnovato il mio contratto a tempo indeterminato.
Non pensavo sarebbe successo prima della pensione.
Durante gli anni della mia vita parigina ho vissuto qualche mese nell’enorme appartamento che il mio eccentrico ex aveva ereditato dal padre saggista.
Un giorno, per pagare le bollette dell’elettricità arretrate e smettere di vivere a lume di candela, si è messo sottobraccio un pacchetto contenente un lungo scambio epistolare tra suo padre e Jean Cocteau ed è andato a venderlo a un gallerista.
Quella sera abbiamo mangiato foie gras.
Sono sicura che, un domani, se un mio eventuale figlio si trovasse con l’acqua alla gola e provasse a vendere uno scambio di e-mail tra la sottoscritta e qualche blogstar riuscirebbe a stento a pagarsi un sacchetto d’olive.
E un po’ mi dispiace per lui.
Cassazione: i clandestini devono essere espulsi anche se hanno figli a scuola.
E ognuno di loro dovrà portarsi via un insegnante precario in esubero.
Attenzione: la puntata di stasera di A letto con Dania non andrà in onda per più di un legittimo impedimento.
Non sono mai stata molto brava a scrivere resoconti della mia vita, a redigere diari dettagliati del mio vissuto.
Mi nascondo dietro al prezioso dono della sintesi -che, senza il rischio di peccare di modestia, ritengo il mio unico talento- e riesco da sempre a divincolarmi dalla cronaca dal mio presente.
Sono autobiograficamente poco obiettiva e dannatamente troppo severa. Mi allontano dai fatti nudi e crudi, mi lascio distrarre dalle sfumature, mi attacco a qualche pensiero ossessivo e ricorrente e perdo il filo delle cause e degli effetti.
Odio, inoltre, le scadenze che spingono all’analisi, i momenti che inducono tradizionalmente al bilancio, le feste che segnano il passare del tempo, i riti che scandiscono pragmaticamente i passaggi, gli inizi e la fine.
Volevo però provare a scrivere qualche riga che esorcizzasse l’annus terribilis che sta per terminare, pensando che, dopo mesi così faticosi, irritanti e, spesso, tristi, le parole sarebbero venute da sole, avrebbero inondato il monitor, mi avrebbero mondata dal disagio e avrebbero dato una forma ai miei pensieri stanchi.
Invece sono qui da ore a chiedermi come e cosa valga la pena raccontare, se ha davvero un senso raccontarsi per provare a ripartire da quello che abbiamo sbagliato e da quello che fortunatamente abbiamo imbroccato.
Nel 2009 ho cambiato due lavori, incontrando gente meravigliosa e inciampando in figuri tristemente meschini. Sono tornata a lavorare a Venezia, un ritorno che ha significato un violento confronto con la vecchia me stessa, con le mie scelte passate, i miei numerosi treni persi (metaforicamente e fisicamente), i miei errori, i miei abbandoni e le mie paure.
È stato un anno in cui ho pensato più a sopravvivere che a vivere, scoprendo, con atroce scandalo, di far parte di quella larga fetta del paese che guadagna troppo poco, che non ha una famiglia facoltosa alle spalle e che non conosce le persone giuste; quella fetta che vive il continuo penitenziagite relativo alla crisi come la condanna a morte delle proprie ambizioni.
Un anno di intollerabile disagio per il mio paese e per la sua classe dirigente e anche per quella votante.
Un anno in cui, per trovare una misera stabilità professionale ed economica, ho smesso di cercarmi e, quando ho provato a riprendere il filo dei miei sogni, ho scoperto che era ormai troppo tardi per realizzare molti di loro. Un anno di occasioni mancate, di stanchezza emotiva e di poca autostima.
È stato un anno di addii, di alcuni affetti lontani e di altri partiti per non tornare mai più.
Un anno di eccessiva vita sociale e di solitudine infinita, di tantissime parole (quasi un fiume in piena sui miei social network) e di pochissimo dialogo.
Alla fine di questo infame susseguirsi di mesi, ho provato a decontestualizzarmi, a uscire dalla vischiosa -e stucchevole, lo so!- autocommiserazione in cui rischiavo di fossilizzarmi e a trovare pensieri felici a cui aggrapparmi.
Sono riuscita ad accumulare un quaderno di buoni propositi che riuscirò, come sempre, a procrastinare.
Non mi resta che provare a ricominciare dalla fine, a ricostruire dalle macerie, a fottermene del tempo che passa e vivere per il solo piacere di farlo.
Perché, nonostante tutto, sono ancora convinta che non sia così difficile essere felici.
Buon anno nuovo a tutti.
La svolta di Tremonti: -La mobilità non è un valore. Il posto fisso base della società.
Nelle prossime puntate: guadagnare tanto è meglio di guadagnare poco; essere belli e sani è meglio che essere brutti e malati; meglio un piatto di fave che un calcio in culo.
La settimana scorsa, ho rassegnato le dimissioni dal mio attuale lavoro a tempo determinato.
Tra un mese, finito il periodo di preavviso, lascerò questo impiego per andare presso un’altra azienda.
Ogni volta che cambio lavoro, mi lascio alle spalle qualche collega simpatico, alcune mansioni piacevoli e l’amarezza del precariato.
Porto via con me, però, un ricordo prezioso da ogni ufficio.
Di solito, è la cancelleria.
In Italia, le competenze e le qualità di un lavoratore non incidono, quasi mai, sul suo trattamento economico.
Dania, campionessa nazionale del sottoinquadramento, diventa la nuova testimonial della campagna Qualità al miglior prezzo.
La qualità ce la metto io e il prezzo, come sempre, conviene solo all’ipotetico datore di lavoro.
E devo, anche, montarmi da sola.
Grazie all’architetto per le foto e per avermi salvata dal labirinto Ikea.
Domani sarà l’ultimo giorno di lavoro, prima di due settimane di ferie per chiusura dell’agenzia.
Ferie che non ho maturato e che mi verranno, in parte, trattenute dallo stipendio.
Abituarmi a troppi diritti, da lavoratrice precaria, mi avrebbe dato alla testa.
Alla mia generazione è stato insegnato che, nella vita, avrebbe potuto essere tutto quello che voleva.
Nessuno si è premurato di dirle, però, che non ci sarebbe riuscita.
Quando ho iniziato a scrivere il blog, era da poco in vigore la Legge 30/2003 (Legge Biagi), ero laureata da un anno e collaboravo con l’università di Venezia.
Il mio primo contratto portava la dicitura contratto di prestazione d’opera intellettuale occasionale e la cosa mi lusingava moltissimo.
Me ne vantavo anche con gli amici ancora studenti, in osteria.
Mesi dopo, l’Ateneo ha trasformato la mia preziosa opera intellettuale in una collaborazione coordinata e continuativa.
Poi, sono diventata una collaboratrice a progetto.
Dopo qualche anno ho lasciato i progetti cafoscarini. Ho collaborato con enti culturali, qualche società di promozione e organizzazione di eventi, l’amministrazione dell’università di Padova, un paio di produzioni cinematografiche e teatrali e un call center bancario.
Raramente, intervallavo i co.co.pro con assunzioni a tempo determinato.
Poche volte mi hanno pagato le ferie, una volta soltanto la malattia.
Due volte mi sono licenziata prima della scadenza del contratto.
Sono stata due volte in Sudamerica, per un totale di più di 4 mesi, a cercare fortuna.
Sono stata citata sui giornali, sono stata ospite in qualche radio, sono stata intervistata da alcune testate online.
Mi hanno promesso collaborazioni prestigiose, successo, fama, libri, assunzioni, la luna.
Mi hanno chiesto, spesso, in cambio, prestazioni sessuali.
Ho chiesto sempre, prima di concedere prestazioni sessuali, qualità e durata del contratto.
Attualmente, sostituisco una maternità in una piccola azienda padovana.
Il mio contratto durerà solo fino a quando un piccolo padovano sarà stato svezzato.
L’allegria che avevo nei miei primi post sul mondo bizzarro del precariato è, a distanza di anni, più amara.
Con il tempo precaria è diventata la mia qualifica.
Non avere nulla a tempo indeterminato, però, fa di me, ancora, una giovanissima.
Da ieri, oltre ad essere giovane, sono anche una Donnamoderna.
Le faremo sapere è il mio nuovo blog, in collaborazione con Donnamoderna, inserito all’interno della sezione Il successo nel lavoro, nel nuovo portale.
Il blog parlerà di lavoro, precariato, tacchi a spillo e sopravvivenza professionale.
Ringrazio tutte le ragazze (e i ragazzi) moderni per avermi dato la possibilità di amplificare il mio grido disperato, nel deserto del mondo del lavoro, contro la precarietà della vita moderna.
Per il resto, vi faremo sapere.
Maledetto sia l’uomo che ha oscurato il sole per le luci al neon.
Maledetto sia il legno, che ha troppi colori e troppe imitazioni.
Maledetto sia colui che ha fatto credere al mondo che con pochi soldi si può vivere nel bello.
Maledetto sia chi obbliga il prossimo a seguire un percorso stabilito.
Maledetto sia il folle che ha permesso ai bambini di toccare e urlare e urlare toccando.
Maledetto sia colui che non ha santificato la domenica per agitarsi, spaesato e stordito, in un cubo di cemento.
Maledetti siano Antonius che non era al suo posto e Jorke che era esaurito.
Maledetto sia lo scaffale 8, più profondo dell’inferno.
Maledette siano le aringhe.
Maledette siano le candele, maledette le piante, maledette le tazze, maledetti i cuscini.
La prossima volta che mi servirà un mobile, chiamerò il falegname!
Trovate qui la divertente cronaca della giornata fatta dal mio accompagnatore.
Per riprendermi da una domenica da brividi, passerò qualche giorno a Venezia, per lavoro. Per emergenze e/o spritz, mi trovate al cellulare.
Ho sempre pensato che poter lavorare per vivere e non vivere per lavorare facesse di me una persona illuminata.
Oggi, per l’ennesima volta, ho pensato che poter lavorare continuando a vivere fa di me una persona molto fortunata.
Domani sera, il consueto appuntamento con A letto con Dania. Per seguire la trasmissione, basta collegarsi, dopo le 22, con casse, microfono e webcam (non è necessaria) qui.
L’aspetto positivo di affiancare una collega gravida è che, per quanto tu ti conceda strappi alla dieta, lei ingrasserà sempre più velocemente di te.
Di lavoro, cibo e altre amenità, parleremo domani, giovedì 5, nella nuova puntata di A letto con Dania. Per seguire la trasmissione, basta collegarsi, dopo le 22, con casse, microfono e webcam (non è necessaria) qui.